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Il Cameraman e l’Assassino

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“Nonostante il successo di pubblico e gli elogi della critica, “Il Cameraman & l’assassino” ha scatenato anche molte polemiche. Il film è carico di una violenza paradossale che indubbiamente procura disagio allo spettatore. Non si consiglia pertanto la visione ad un pubblico particolarmente suggestionabile”. Questo il “monito” allarmante che campeggia sul retro della VHS in mio possesso… questo film è la distruzione del cinema, la smagnetizzazione della pellicola, l’implosione della macchina da presa… destabilizzante, controverso, provocatorio, vero, violento, atroce, sarcastico, dissacrante, drammatico, sovversivo… I tre esordienti registi belgi sono essi stessi attori, mentre il resto della troupe è composta da parenti, amici, conoscenti… “low-budget” quindi, cui fa da contraltare però una “high-fidelty” non intesa questa volta in senso meramente tecnico, bensì di totale “trasparenza”, “coinvolgimento”, “interazione”.
Benoit è il killer-protagonista assoluto: è l’oggetto delle riprese di giovani registi dalle evidenti ristrettezze economiche, è il soggetto principe di tutte le sequenze, è il maestro di vita affabulatore e carismatico, è reale ed ubìquo al tempo stesso… La vita di Benoit è la morte: ogni azione della sua giornata è imprescindibilmente connessa ad essa… “morte nel quotidiano”: provocare volutamente arresti cardiaci agli anziani (causa:avarizia)/brutalizzare e profanare i corpi di giovani di colore (causa:posto di lavoro)/violentare donne uccidendone i mariti (causa:libido),soffocare bambini (anche se a lui in fondo non tanto piace, ne ha fatti fuori solo 3-4).
Benoit finanzia le riprese del film quando servono fondi, Benoit tiene discorsi sul cinema ubriaco in un pub vestito da prete, Benoit suona musica classica al pianoforte, Benoit declama poesie… il tutto al ritmo di un opprimente salmo mortuario, che scandisce i decessi e le ore dei suoi giorni. Non è propriamente un film quello che stiamo osservando, ma una domanda che esige risposta: con lui o contro? Non si può rimanere indifferenti di fronte a cotanta esibizione di pulsioni recondite mai sopite, di fronte ad un istinto così tracotante e prevaricatore, tanto da travalicare i labili ed angusti confini della scatola mediatica per ghermirci, per insidiarci ed insediarsi come un virus nelle nostre menti e nelle nostre iridi… Un interrogativo estremo,secco, ma proprio per questo credibile, tangibile.
Nel climax ascendente de “Il cameraman & l’assassino” (non di rado la traduzione in italiano del titolo ha causato danni così gravi) vi è un coinvolgimento “tout-court”, dagli attori ai loro personaggi, in una vorticosa spirale, con uno stile tentacolare, seducente e repulsivo al contempo; il bianco/nero adoperato dai registi conferisce all’opera un alone altero, austero, atemporale, così come i campi lunghi della telecamera in periferia acutizzano l’asetticità dei contesti urbani, il grigiore dei monoliti in cemento, o il grigiore di chi ci vive dentro, a seconda dei punti di vista.
Vincitore a Cannes ’92 di ben tre premi (“Premio Internazionale della critica”, “Premio settimana della critica”, “Premio speciale della Gioventù”), ritengo che l’odierna reperibilità di questo movie sia merce rara, causa anche il prevedibile disinteresse dei media a causa dei temi trattati. Credo inoltre che Benoit stesso, ipoteticamente intervistato a riguardo di questi 90 minuti, avrebbe citato “Epidemic” di Lars von Trier ed “Arancia Meccanica” (per la psicopatologia) tra le sue pellicole preferite (ed ovviamente ciò andrebbe ritenuto solo un attestato di merito). Agghiacciante.
“Io so affrontare la morte. Ho tutto il tempo per poterlo fare. La prigione è nella vostra mente… Non vedete che io sono libero?” (C. Manson)

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