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Uno spot postmoderno, anzi postcontemporaneo

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E’ visibile dai primi di febbraio 2007, quindi recentissimo. Spero vi capiti, come è capitato a me, di vederlo per la prima volta sul grande schermo, attendendo un film in una multisala. In attesa della prima proiezione di Hannibal, con popcorn, emozione, agitazione. E’ la prima proiezione e ci sono quattro persone. All’ultimo spettacolo faranno la fila. Godo del privilegio. E’ un sottile sadismo del quale spesso le nostre giornate sono cariche. Un sadismo capitalista. Vorace, avido di “territori di privilegio”. E’ un momento che  scuote  e aggancia di suo. Si osserva lo schermo attendendo. E’ il luogo adatto per tante ragioni  Questo spot è un breve, indimenticabile capolavoro. E’ uno specchio della scansione dei nostri tempi, ritmi e luoghi. Un vero e proprio film che potrebbe essere una scena di Cosmopolis di Don DeLillo portata dalle parole in immagini. Perfettamente aderente. Flash che ti alitano con grazia sul volto. Anche in tivù non potrete fare a meno di notarlo. Ci sono anche Wenders e Tarantino shakerati insieme. Un’impressione lisergica. Un “trainspotting” soft che crea il brivido e il riconoscimento nello stesso istante. E’ una “acropoli” del presente. In un ipnotico succedersi di frammenti metropolitani riconoscibili o meno, luoghi e non luoghi di straniamento e di perdita, la nuova BMW serie 3 Berlina ha scelto di coinvolgere lo spettatore offrendo un prodotto di assoluta perfezione dinamica. Oltraggiosamente sensuale e spregiudicato nel messaggio. C’è questa città che richiama una perdizione, che richiama il passaggio di burattini-involucri. Noi. Noi separati in una solitudine illusoriamente connessa. Esseri notturni per sbaglio svegli, esseri fatati per sbaglio terrestri, protagonisti di un’ode profana alle possibilità. C’ è una donna-diva che osserviamo spostarsi. E’ un po’ Madonna, un po’ Sharon Stone, un po’ una Posh girl di quelle che occhieggiano dalle immagini dei giornali in atteggiamenti porno-invitanti. Sembra reduce da una notte alcolica e devastata, ma sta recuperando la percezione delle cose. A tratti. In altri frammenti di fotogrammi torna regina perduta o  fantasma scintillante che per perdersi di nuovo potrebbe fare qualsiasi cosa. La vedi seduta in uno squallido bar con insegne uguali a tutte e simili al niente che certi luoghi scavano dentro. Ed è questo il messaggio che ti arriva ed è per questo che è perfetto lo spot visto in una multisala, elemento cardine di un tempo-non tempo dove gli elementi di scambio, di perdita, di merce, di svago, di interscambio di ruoli, di “morphing” sono palpabili, quasi fisici.  C’è lei e poi c’è una ragazza con le ali d’angelo che attraversa la strada e catalizza magnetica visi, volti e attenzioni. Non è accaduto nulla ma è semplicemente passato. Qualcosa. Con le ali. Come un sogno perduto o caduto. Un particolarissimo tipo di angelo, dura un istante il suo passaggio, l’impressione visiva resta. Tatuata sulla retina. Indelebile. Tre ragazzi che paiono giganti, esseri smisuratamente grandi rispetto al resto, osservano passare la BMW mentre una  voce fuori campo recita, anzi scandisce: “Se avessimo le ali potremmo volare. Se fossimo giganti potremmo oltrepassare le montagne. Se fossimo immortali potremmo vivere per sempre.” A chiusura del film la bambola-diva attraversa la strada deserta avvolta nella luce ovattata del mattino, i suoi occhi si alzano e si vede  rappresentata su un cartellone. Ulteriore straniamento. Famosa, quindi. Immortale per forza. Icona assoluta del nostro contemporaneo? Resta inconsapevole nel suo glamour randagio. Si cerca di immaginare le sue future destinazioni. Gli altri squallidi bar dove si fermerà svagata a guardarsi intorno fra neon e scomodi sgabelli. Le altri stradi enormi da percorrere cercando approdi. Quando appare la macchina la voce scandisce qualcosa sul “superamento dei limiti”. E in questo messaggio grondante eccesso e potenziale pericolo (eccitazione, esagerazione, adrenalina, viaggio, sussulto chimico o ipnotico) la spregiudicata perfezione  del film trova compimento.
Questo spot, di cui ancora si trovano scarse notizie, è stato girato a settembre 2006 a Buenos Aires da Federico Bugia per The Family. Il film porta la firma del direttore creativo Gianpietro Vigorelli  mentre il planning è curato da Carat.

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