È senza dubbio studiato per essere notato, questo volumetto. Occhieggerà malizioso dagli scaffali di librerie e ipermercati, carpendo senz’altro l’attenzione di molti. Pure fra i più distratti.
Una veste nera con dettagli rossi, quali varchi verso fughe proibite. Brividi sensuali in confezione doppia, allettante: due racconti rispettivamente scritti da Claudia Salvatori e Sabina Marchesi. Sto parlando di “Sexy thriller”, audace elargitore di fosche promesse. Né troppo snello da risultare impalpabile, né macigno ad intimidire aspiranti lettori sempre più impegnati e frettolosi.
Pare in effetti che la forma racconto si riveli ogni giorno più adatta ad esprimere le esigenze di un mercato progressivamente assillato dal problema del tempo. Veloce, non troppo impegnativa, regala soddisfazioni a rapida fruizione, emozioni pressoché immediate, esaurendole – unica pecca – nel volgere di poche pagine. Un racconto, insomma, si consuma facilmente e senza quasi accorgersene ci si ritrova a chiederne ancora. Si aggiunga poi a tutto questo l’elemento piccante di sicuro richiamo e si otterrà la certezza di un successo quasi scontato
Lo sanno bene le scrittrici di questo libro, abili manipolatrici di trame ad effetto. Ciascuna offrendo la propria interpretazione dei risvolti sexy che il titolo garantisce.
“Fairy” è la prima delle due storie, scritta da Claudia Salvatori. Neanche ottanta pagine ci introducono in modo graduale nella vicenda di un giovane investigatore preso a seguire la pista cruenta lasciata da un feroce serial killer che violenta e deturpa le proprie vittime. Le indagini si svolgono sullo sfondo spettrale e squallido di una periferia suburbana che soffoca inquieta tra snodi stradali ed ipermercati. Proprio questi ultimi, sarebbero il luogo prediletto dall’assassino nella scelta delle ragazze, la fate seviziate per poi essere abbandonate, dopo l’estremo oltraggio, in una discarica, quasi a voler riprodurre il disegno del “produci- consuma- crepa”, esasperazione della società occidentale.
Questo dunque lo scenario su cui vediamo l’anonimo protagonista muovere i passi incerti, aggirandosi quale fantasma. Presenza eterea, sin dall’inizio avvolta da un’aura d’irrealtà, i luoghi dimenticati che frequenta paiono essere più reali di lui, ostentando una vita che egli solo a tratti riflette. Perennemente in bilico tra il presente che pare rifiutarlo ed un immaginario che offre invece generosi anfratti in cui nascondersi.
Leggendo “Fairy” ci si potrà ritrovare disorientati, confusi dalle volute contorte della psicologia schizofrenica del giovane detective, giacchè la narrazione non si lascerà comprendere fino all’ultimo, imperscrutabile e sadicamente compiaciuta da un gioco di ricordi e rimandi onirici che rimescola i fatti, rischiando forse di risultare a tratti eccessivamente criptico per i lettori. Il finale sarà anche per questo una sorpresa, sebbene probabilmente ci si ritroverà a pensare che in questo caso la sensualità promessa dal titolo del libro sia solo un flebile accenno e comunque compromessa e sopraffatta da un’atmosfera morbosa ed insana.
Con “Distrazione fatale” di Sabina Marchesi entriamo, invece, in un ambito più marcatamente erotico, proprio a partire dalla figura della protagonista, Olga, dipendente di una hot line, oggetto delle attenzioni esclusive di un cliente dedito alle SSE, situazioni sesso estremo.
La scrittrice si rivela da subito abile ad impostarsi su un’ambiguità che ci traghetterà fino all’imprevedibile, per una storia che davvero risucchierà il lettore tra le proprie righe. Oltre a questo c’è senz’altro da sottolineare la scelta dell’ambientazione e degli argomenti toccati, in grado di suscitare la debita attenzione, data la loro attualità.
Sesso virtuale, perversioni improvvisate, sollecitazioni pseudosensoriali che creano mondi a parte. Ne sentiamo spesso parlare, ne ha scritto Francesca Mazzucato in “Hot line” ed in molti sanno dentro di sé di aver sperimentato di persona il loro significato almeno una volta nella vita. La potenza creatrice della mente, o meglio ancora dovremmo dire la prepotenza mistificatrice. Quella che, basandosi su un nutrito sostrato di frustrazioni ed insoddisfazioni, si innalza al di sopra della realtà, costruendo un mondo perfetto in cui essere perfetti nonostante i difetti, elevati alla n dal piacere e nel piacere.
È proprio questo lo spunto che fornisce la chiave di volta nello svolgersi della narrazione. Lo scontro tra la realtà imprecisa e le aspirazioni viziate dai voli pindarici del cervello, che diventa in questo caso la zona erogena principale – secondo un punto di vista che definirei spiccatamente femminile.
La scrittrice delinea perfettamente la delusione prodotta dall’impari confronto, mette a nudo una psicologia che vive d’immaginazione, rattrappita nella ricerca estetica e sensista della Relazione indimenticabile ed imperdibile. Bandita la normalità con furore e spavento, non rimane altro che nutrire in sè un Leviatano di aspettative inumane.
Da “Distrazione fatale” emerge la forza del sesso. La valenza che questo può assumere nella vita di tante persone come chiave di volta decisiva, mezzo di riscatto dall’anonimato o semplicemente dal grigiore quotidiano o mera valvola di sfogo. Contro la frustrazione che ci affligge al lavoro o in qualsiasi ambito, il sesso. Contro lo squallore. Contro una vita che si consuma e non lascia traccia.
Il sesso è ancora modulo esperienziale. Uno schema vuoto da riempire dei significati che vorremo via via affidargli. Non più significante in sé, ma contenitore semiotico. Non più meta da raggiungere ma mezzo ordinario per ottenere altro.
Il sesso liberato dalle proibizioni del passato è vissuto ancora con l’eccezionalità del tabù. Ed ancora pare diventare in certi casi, come appunto nel racconto, l’espressione di una geografia emotiva demolita. Una fredda modalità di rapportarsi, proiezione di relazioni umane sempre più rarefatte e lunari, che trovano nel tedio e nell’incomunicabilità il proprio nutrimento e destino.
“Distrazione Fatale” può raccontare tutto questo, senza annoiare bensì intrattenendo i lettori e istigandoli a riflettere. Meglio la morte degli affetti o quella delle nostre aspettative?
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