Ornella Spagnulo presenta “Alda Merini. La poetessa di tutti”, un saggio intrattenente e ben argomentato.
Casa Editrice: AUGH! Edizioni
Collana: Due Lune
Genere: Saggistica
Pagine: 282
Prezzo: 16,00 €
“Alda Merini. La poetessa di tutti” di Ornella Spagnulo è un saggio critico sulla poetessa milanese, accompagnato dal racconto della sua vita e dall’analisi di alcune delle sue liriche più rilevanti, tratte dalle sue raccolte più celebri e significative. Una delle fonti a cui la Spagnulo ha fatto ricorso è la biografia scritta dalla figlia della poetessa, Emanuela Carniti, intitolata “Alda Merini, mia madre”. Nel saggio, la cui copertina è tratta da una fotografia di Giuliano Grittini, l’autrice approfondisce le cinque tematiche più ricorrenti nella poetica meriniana: l’identità, l’amore, la poesia, il manicomio e la fede. Alda Merini ha sempre proposto liriche che andavano a scandagliare nel profondo la sua identità; la sua è stata una ricerca incessante, aiutata anche dalla psicoanalisi e dall’illuminato psichiatra di stampo junghiano Enzo Gabrici, per cui provò un amore che lei sapeva essere a senso unico ma che accolse come salvifico. E l’amore è proprio uno dei temi più frequentati dalla poetessa nelle sue composizioni – «Furono tante le figure che Alda Merini nella sua vita amò, perché nonostante i suoi tormenti la poetessa amava molto e amava con gioia, con tutta sé stessa, oltre ogni tipo di difficoltà, di muro e di distanza. Per questo in una poesia scrisse che, a chi le chiedesse quanti amanti avesse avuto, avrebbe risposto di guardare nei boschi per vedere in quante tagliole fosse rimasto il suo pelo». Questo sentimento si estende anche e soprattutto alla poesia, che la Spagnulo definisce senza mezzi termini il più grande amore nella vita della Merini: grazie alla poesia, l’autrice non si è sentita mai sola, ed è stata curata dai versi che scriveva e che sgorgavano da lei istintivamente, come parte fondamentale di un percorso di consapevolezza e di guarigione. La poesia era il suo spazio sacro, come lo è stato in qualche modo anche il manicomio, luogo di disperati ma, nel caso di Alda Merini, anche una sorta di Terra Santa – come raccontò in una sua lirica – in cui trovare redenzione; ciò sarà possibile proprio attraverso la scrittura dei suoi componimenti, in cui con coraggio e senza l’ombra di vergogna o di paura del giudizio altrui, ha parlato del suo disturbo bipolare e di ciò che le ha tolto ma che le ha anche offerto. La poetessa accolse pienamente il suo disturbo, e imparò ad accettare anche la sua parte più oscura trasformando i suoi momenti più difficili in opere d’arte: Alda Merini ebbe fede non solo in Dio ma anche e soprattutto in sé stessa, e nel proprio immenso talento.
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