Come l’uom s’etterna – Giovanni Cittadini
6 min readprefazione di Mirco Manuguerra, con fotografie
MarcoSerraTarantola Editore (Brescia, 2024)
pag. 297
euro 20.00
La dantistica può oggi essere tranquillamente considerata una branchia della saggistica, una sezione a sé; come, ancor meglio, adesso è giusto definire la ricerca specifica sul passaggio di Dante in Lunigiana, “correndo sull’onda della rivoluzione portata intorno al tema da Livio Galanti prima e dal Centro Lunigianese di Studi Danteschi (CLSD) poi”, come precisa appunto Manuguerra in sede di prefazione al libro di cui stiamo per dire, dunque: “i tempi per la creazione di un romanzo sul tema della presenza del Sommo Poeta all’ombra delle Apuane erano ormai pienamente maturi”.
Dunque è doveroso premettere che l’autore di “Come l’uom s’etterna” è anche da annoverare fra i membri più attivi del Comitato “Castello di Giovagallo Luogo Dantesco”, sodalizio creato a Tresana a favore della valorizzazione dell’antico bastione che fu di Moroello II Malaspina, personaggio omaggiato proprio da Dante nel Canto XXIV dell’Inferno della Commedìa.
“Entrando più nel dettaglio – è spiegato ancora nella sezione più utile dell’introduzione di Mirco Manuguerra al romanzo di Cittadini -, il tentativo dichiarato dell’Autore è quello di pervenire ad una sintesi dell’intero vissuto di Dante in Lunigiana attraverso una unificazione temporale di esperienze in realtà vissute dal Poeta nel corso di due, se non tre, soggiorni lunigianesi differenti. Si realizza in tal modo – chiuse il Manuguerra – una narrazione che, come si diceva, salta da una modalità all’altra, dal romanzesco al romanzato, proponendosi altresì, qua e là, il richiamo a celebri passi danteschi (da Francesca da Rimini a Ulisse, da Pur VIII – il Canto lunigianese per eccellenza secondo scuola CLSD – fino alla Preghiera della Vergine) senza darsi la minima preoccupazione della reale sequenza creativa dantesca: importante, per Cittadini, è offrire al lettore la totalità della materia pensata”. E trovandoci a qualche passo da Rimini quanto da Gradara capiamo bene quel che il presidente del Clsd intende.
“Lasciato il paese di Berceto, la via Francigena proseguiva verso il passo della Cisa dove termina l’Emilia con la val di Taro e comincia la Toscana con la sua vallata più settentrionale: la Lunigiana. Dante era quasi arrivato al valico, ma il sole non era ancora sorto a causa della catena di montagne che gli si sparava di fronte e ne impediva ancora la vista (…).” Così comincia l’avventura della trama. Dandoci un’immagine altamente rappresentativa della nostra amata Lunigiana. E modellando un ritratto alla figura umana centrale dell’opera.
Il titolo è sottratto ad un passo del Canto XV dell’Inferno, dove nel terzo girone al settimo cerchio Dante incontra il suo maestro, Brunetto Latini, al quale appunto dedica quelle ammirate, devote e affettuose al tempo stesso parole d’amore: “M’insegnavate come l’uomo s’etterna”.
C’era una volta un castello posseduto da un condottiero invincibile, il Marchese Moroello Malaspina di Giovagallo; la sua buona consorte, Alagia, dei Conti Fieschi di Lavagna; un ospite straordinario: Dante Alighieri; un atto notarile che riporta con assoluta certezza la partecipazione del sommo poeta alla stipula della Pace di Castelnuovo Magra in Lunigiana il 6 ottobre 1306. C’era, poi, un prosatore di grande fama, il certaldese Giovanni Boccaccio, che racconta di come l’intendente Marchese Moroello abbia riconsegnato a Dante i primi canti della Commedia miracolosamente ritrovati a Firenze nella sua casa devastata; seguirono poi le numerose referenze lunigianesi nell’opera omnia che venne, così, fortunosamente ripresa. Certo, ma qual è il filo conduttore che lega tutti questi avvenimenti e gli eccellenti personaggi che vi ruotarono attorno?
Appunto.
Ed appunto per questo Cittadini ha scritto questo libro, immaginando “un percorso di Dante durante la sua avventura in terra di Lunigiana, quanto più verosimile possibile e coerente con questi fatti ma che lascia anche spazio a una suggestiva immaginazione delle sue qualità umane, delle passioni, debolezze, ma specie delle sue alte qualità morali; il tutto calato in una storia divertente e accattivante, dolce e bucolica, ricca di sorprese e colpi di scena, interpretata da personaggi amabili e gentili, per i quali il lettore, alla fine, sentirà affetto e nostalgia”: ed è così. Appunto.
La prima fotografia incastrata fra le pagine è della Lunigiana, ovviamente, ripresa da un obiettivo posizionato sulla Cisa. Prima dei frammenti visivi che fanno vivere Pontremoli. Ché i luoghi, di sicuro, sono i comprimari dell’opera; protagonisti quasi alla pari dello stesso grande Dante. Come faremmo, insomma, a innamorarci della storia privi dell’amore, per dire, del Ponte di Bagnone? Potremmo meravigliarci privandoci di guardare, e così entrare, nella Selva di Filetto? E poi gli altri transiti: le Apuane (viste magari da Barbarasco), la vista sugli Appennini (da Correda), Mulazzo come la Valle dell’Osca, il Lago di Gramolazzo.
Noi che siamo innamorati della ‘leggenda’ di Frate Ilaro del Monastero del Corvo di Bocca di Magra, dove avremmo voluto viver per sempre, che abbiamo ammirato da qualche millimetro di distanza il Volto Santo che potrebbe essere l’originale oppure la copia originale di quello custodito a Lucca, opera d’arte che dice spuntata dal Tirreno direttamente in questo pezzettino di Magra annesso al Mar Ligure, sentiamo proprio quel passaggio del Dante dal luogo. Prima di continuare per Portovenere, Vernazza, Sestri Levante.
Ma il cuore pulsa anche qui: dalle parti delle Croce dipinta di Mastro Guglielmo a Sarzana: “Usciti dagli uffici del notaro, Dante costrinse Tommaso a visitare la cattedrale in costruzione e così, da piazza della Calcandola, ripresero il tratto della via Aurelia interno alla città in direzione della Porta Romana; passarono davanti all’incantevole Pieve di Sant’Andrea e subito dopo, sempre sul lato sinistro della strada, poterono ammirare come si strava trasformando l’antica Pieve di San Basilio nell’edificanda Cattedrale di Santa Maria Assunta. Al suo interno, al suo interno, dopo aver pregato dinnanzi all’altare dove la leggenda vuole sia custodita un’ampolla contenente il sangue di Gesù, Dante fu colpito da un’opera singolare.”