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Pianure d’obbedienza – Marina Minet

6 min read

Introduzione di Silvano Trevisani con una nota a margine di Maria Pina Ciancio

Macabor Editore

Poesia

Pagg. 96

ISBN 979-12-81459-18-2

Prezzo Euro 13,00

Fides est machina vitae

La poesia, come tutte le arti, affronta e svolge diversi temi che sono nelle corde o nelle aspirazioni di chi ne scrive; così possiamo trovare la poesia d’amore, quella filosofica, quella naturalistica solo come esempio per citarne alcuni. Non mancano peraltro la poesia filosofica, così come quella religiosa, ma ce n’è anche una particolare ed è quella spirituale, che può essere confusa con la religiosa per certe attinenze, ma non lo è. Innanzi tutto si tratta di composizioni in versi non schematizzate e che io definisco poesie dell’anima, contraddistinte da una progressiva ricerca in se stessi dell’Assoluto, in un crescendo di emozioni che può portare al misticismo.

Questo preambolo, che ha lo scopo soprattutto di portare all’analisi di questa raccolta di Marina Minet, fa già intendere come io veda la sua arte poetica, in una dimensione che non è consueta e che porta a diverse situazioni e stati d’animo che ben si riflettono nei versi. Frequenti sono le note dolenti che, però in forza di una fede ragionata e profonda, si convertono in prove delle finalità della vita, che, come nel caso della perdita della madre, possono lasciare addolorati e attoniti, ma che finiscono con l’essere un percorso obbligato, comune a tutti i mortali, per andare nell’oltre, per arrivare a quell’elevazione a a quella perfezione a cui l’autentico credente aspira.

Ho notato, e apprezzato, il dialogo che ogni tanto si instaura con l’Entità superiore, frutto di una catarsi intimistica, in cui il proprio IO diventa portavoce della divinità (…./ Tu solo incarni la dimora / la tela del tessitore sacro / che ci coltiva santi / Dell’anima sei il colle da scalare / e il tuo podere è in noi, fertile zolla / …).

Posso solo immaginare, non conoscendo direttamente la poetessa, che la sua sia una vita di costante e continua riflessione, di ricerca della fede, un fuoco auto alimentato che riscalda il cuore e che porta a quella gioia che nulla ha di terreno, ma che si libra in volo come una colomba fra gli ulivi (Se mai c’è stato un giorno in cui non mi eri accanto / Signore, io non lo ricordo / Vi erano stanze allora, arse come grembi nei deserti / e giare di lacrime arginate come albe di novembre / quando il giorno tarda ad affacciare /…).

Appare evidente che chi è permeato da una così rilevante spiritualità tenda a vedere il mondo con occhi diversi da noi tutti ed è così anche per una tragedia ricorrente e che purtroppo è sempre attuale come la guerra. Per quanto ovvio, una persona sensibile è contro la guerra e vede le sofferenze che provoca, se non direttamente coinvolta, con un senso di pietà; nel caso di Marina Minet c’è invece un’autentica partecipazione e quindi il suo sentimento è più profondo, è una compassione ( Quali lamenti racconta la terra / ieri le madri cullavano l’alba e ancora è così / Le braghe degli uomini puzzano ancora / si sente il latrato dei cani fin dentro le ossa / Gli estremi dei poli congiungono le frasi / di chi la pietà la conserva nei polsi / fra le lancette degli orologi rotti / Il no che richiude le porte / Le tasche dei morti contengono niente / l’ultima preghiera ch’era in vita / finita a metà con il pianto dell’infanzia / freddato dagli scoppi /

soldati di rabbia per chi li comanda / soldati d’amore per chi li saluta / le file che restano rimpiangono la noia / gli abbracci segreti e i petali dei fiori / caduti sopra i tavoli / al grido dei bambini in festa).

In una persona così la preghiera rappresenta lo strumento per elevarsi e anche per lenire le sofferenze; mia moglie, cristiana di confessione ortodossa, mi dice spesso che la preghiera aiuta quasi come una medicina, nel senso che oltre a sanare i problemi dell’anima, lenisce anche le malattie del corpo. E le credo, perché la preghiera è un esercizio che fortifica lo spirito. E’ certamente vero, perché nell’esergo che accompagna Un fiore all’inverno ( Devo rendere un fiore all’inverno / un fragile germoglio / che possa abbandonare questo mondo / stringendo la certezza del ritorno /…) si dice È nella sofferenza che si apprende la preghiera. Del resto le preghiere che intonavano i martiri cristiani costituivano la forza per vincere il timore delle sofferenze e della morte; la preghiera è una supplica a Dio, affinché possa meglio vedere chi la eleva e venirgli in soccorso.

In queste poesie, nate in un arco di tempo non breve, tuttavia è presente un argomento che generalmente si cerca di dimenticare, ma che è parte della vita stessa e mi riferisco alla morte, l’ultima tappa del percorso terreno.

Uno si aspetterebbe chissà quali elucubrazioni e invece è un messaggio d’amore grazie alla fede, sia che sia il ricordo di una persona cara che è venuta a mancare (In certi istanti, dov’è la sola umanità / a renderci chi siamo / diamo il congedo a tempi lontani / devoti al nostro sangue / e a tutto ciò che resta nel mistero / Cosa sappiamo dell’innocenza / del corpo arreso sotto la daga / guardando le piaghe degli altri / come rivoli di pioggia noi perforiamo i sassi / prima che la pena sia compiuta / e che la mano tenda il suo conforto /…), sia che si tratti direttamente di chi scrive (Quando un giorno verrete alla mia tomba / non bussate come solita è la gente / accendete la presenza col silenzio / mormorando un perdono controvento / fra le gore delle siepi / Fischiettando, rallegrerete i marmi / con l’olio della lampada sul capo / versato a goccia piena, d’abbondanza / per rischiarare il tempo già accaduto / …). In ogni caso il tutto è accompagnato e sostenuto dalla fede, quella fede che la guida anche nello scrivere i versi, specchio di un’anima limpida che dona all’esistenza una visione scevra da ogni materialità.

Se devo essere sincero, per quanto bella, non è una poesia per tutti, è una poesia per chi privilegia la sacralità dell’esistenza, per chi cerca di amare il prossimo come se stesso, per chi considera l’applicazione del Vangelo come scopo di questa vita.

Marina Minet nasce a Sorso in Sardegna, ha vissuto otto anni in Basilicata e attualmente vive ad Ariccia. Ha pubblicato le seguenti monografie poetiche: “Le frontiere dell’anima” (Liberodiscrivere® edizioni, 2006), “Il pasto di legno” (Poetilandia, 2009), l’ e-book “So di mio padre, me” (Clepsydra Edizioni, 2010), “Onorano il castigo” (Associazione Culturale LucaniArt, 2012), il racconto breve “Lo stile di Van Van Gogh” (Associazione Culturale LucaniArt, 2014), le sillogi poetiche “Delle madri” (Edizioni L’Arca Felice, 2015), “Scritti d’inverno” (a cura del premio Città di Taranto, 2017), “Pianure d’obbedienza” (Macabor, 2023).

Fra le pubblicazioni ricordiamo la partecipazione numerosi romanzi collettivi al femminile. Il racconto-poema “Metamorfosi nascoste” è apparso nell’antologia “Unanimemente” a cura di Gabriella Gianfelici e Loretta Sebastianelli (Ed. Zona 2011). Le sue poesie hanno ricevuto numerosi premi a livello regionale e nazionale. Collabora al Magazine LucaniArt e da anni si occupa di divulgare la sua passione per la poesia, attraverso l’ideazione e la realizzazione di interessanti “video poetry” che è possibile visionare sul suo canale You tube.

Sito Web: https://marinaminepoesie.wordpress.com/

 

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