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Donne incazzate

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(AA.VV., Edizioni Il Foglio – Piombino, 2006)

 

 

Quattro racconti e un saggio compongono questa disinibita antologia curata da Rossella Anelli, autrice lei stessa (Single per forza) e che ha messo anche a disposizione un suo racconto. Per capire di che pasta è fatto il volume, occorre partire dalle firme degli scritti. Oltre all’Anelli, Patrizia (Pralina) Diamante, Dada Knorr, Eliselle e Monica De Steinkuehl; diversi di questi sono pseudonimi, come è facile capire.

Per dimostrare l’impatto del libro è necessario cominciare, inoltre, parlando del saggio. Il testo nasce dalle mani anticlericali d’una poetessa e militante femminista. Le righe, soprattutto, servono ad analizzare le manie e le fissazioni tutt’altro che solamente teoriche del pastore tedesco Ratzinger, quindi non solo le sue. Il breve ed esplicito saggio di Dada Knorr (orribile pseudonimo!), infatti, è sottotitolato “Appunti sulla vanità maschile”. Lucidamente, se pure con un incedere che la costringe a divincolarsi in più argomenti a volte facendo rimanere lettrice o lettore in stato di vagabondaggio, l’autrice traccia un quadro che mostra alcuni degli Errori storici sui quali si basa la società, sostanzialmente sulla presunta e, appunto storicizzata, superiorità del maschio – macho – machista. Infine, il monito di Dada, in buona sostanza, è rivolto alle donne: non farsi soffocare dalle conseguenze nocive volute e programmate dalle scelte dell’Uomo – Uomo, che è poi anche quello in abiti “sacri”.

Il racconto della Anelli entra nel luccichio e nel buio spazioso di quella che inizialmente le sembra una coppia perfetta, ma che si rivelerà pregna di problemoni e tormenti sessuali. Lo stile e il procedimento narrativo è quello già usato nel libro d’esordio. E conferma una voglia strepitosa di catapultarsi “ironicamente” in un intreccio fitto di vie d’uscita e di ripostigli, contemporaneamente. L’io narrante, ovvero la stessa protagonista, cioè sempre Rossella Anelli, si muove in un territorio dove c’è prepotentemente la vita da single. Cosparsa di sesso e di vendetta contro l’uomo non proprio gentiluomo, per usare ovviamente un eufemismo. Anche con atrocità, quasi.

Il racconto d’Eliselle, come giustamente ricalca la curatrice in prefazione, sa molto di Thelma e Louise, ma finisce molto prima di quel film. Nel senso che il finale è molto diverso da quello del film nordamericano. La scrittrice emiliana non smentisce la sua natura, e ricama dialoghi apprezzabili, scene banalmente comiche e che comunque ti lasciano l’amaro in bocca. Perché devi parteggiare, senza tentennamenti, con la donna presa in giro da un maschio che sta per sposarla ma la prenda più volte in giro. Tanto che lei scappa, pure per finire vicino e quasi appiccicata a altri uomini tutt’altro che migliori del suo partner.

Quella più arrabbiata di tutte è la De Steinkhuel. Come mostra il suo Io ho più palle degli uomini. Che fin dal titolo presenta il filone nel quale l’avventura scritta dell’autrice arriva a entrare. Per opera d’un vecchio retaggio, l’autrice, però non s’accorge che nonostante dimostri perfettamente che tipi d’uomini conosce e che loro sono proprio sprovvisti di coraggio, rilancia sullo stesso terreno. Basterebbe, dunque, l’antica certezza, anche letteraria, che le donne vincenti hanno le ovaie e non i testicoli.    

Piccolo sole, di Patrizia Diamante è il testo più bello della raccolta. “Onirico e simbolista” entra nelle fattezze della storica, grazie alla voce d’una esperta sciamana, siberiana. Con questo escamotage letterario, l’autrice scava nelle sottomissioni ricordate dalla stessa storia e nel tanfo dell’imposizione di scelte e imperi. La saggia protagonista delle vicende dice con calma quello che in gioventù è stata costretta a subire da esseri umani di sesso maschile. Inizialmente suoi amori oppure compagni per esigenza, alla fine sopraffattori almeno (in piccolo, pardon per il paradosso) quanto lo Stalin evocato neppure fra le righe, non troppo. I territori reali e in trasformazione offerte dalla penna agibile e avvolgente della Diamante non permettono a chi si trova ad avere a che fare con i passaggi descritti di distogliere la vista dalla lettura. Il racconto è quello riuscito meglio, come quello che non eccede nell’uso degli stereotipi. Ma s’affida essenzialmente alla lentezza delle descrizioni che fanno sobbalzare il cuore.

L’antologia è disomogenea. Giustamente.

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