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Il Film delle Emozioni – Raffaele Calabretta

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Le emozioni influenzano i pensieri, i comportamenti e le relazioni interpersonali: se non vengono gestite bene, possono diventare causa di vere e proprie patologie; se riconosciute e modificate mediante opportune tecniche, possono migliorare la qualità della nostra vita privata e professionale. Ma cosa sono le emozioni?

Emozioni. Mai termine fu tanto usato e consumato ai nostri giorni. Ormai è quasi una parola di plastica, vuota, inconsistente. Sarà per questo che si attaglia così bene alla televisione, che l’ha innalzataa a simbolo supremo del proprio mondo?

Gabriele, l’io narrante, è un ricercatore dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR che sta scrivendo un articolo scientifico sull’evoluzione del cervello. Poi però inizia a scrivere, di sé, delle sue emozioni, di ciò che prova e gli succede ogni giorno, in un diario sconfinante in un vortice di parole che tentano di vivere attraverso forme disparate, sempre più freneticamente, ansiosamente. Forse potrebbe nascerne un libro, oppure un film? Chi può dirlo? Forse nemmeno l’autore stesso. Ed è la cosa più importante.

Calabretta costruisce Il film delle emozioni né come un romanzo né come un racconto, ma come il tentativo di confessare sulla pagina scritta la propria aspirazione a scrivere, a divulgare una personalissima tesi sulle emozioni, alternando sapienza e terminologia scientifica ad una colloquialità divertita e ammiccante. Può bastare una sola forma per farsi capire? Potrà essere sufficiente? Meglio provarle tutte, in una continua altalena di brani diaristici, dichiarati errori di scrittura e battitura, e-mail fedelmente trascritte e addirittura visualizzate, pezzi di articoli scientifici, pagine di sceneggiatura, stralci di soggetto. Tutto ciò è Raffaele Calabretta, alias Gabriele in divenire, smontato e rimontato da sé medesimo, come un patchtwork esibito, quasi scritto col lettore stesso, tanta è la complicità che l’autore ricerca, un po’ come quegli amici inseparabili che ti stanno perennemente alle calcagna.

L’idea di base del libro che vorrei scrivere, enunciata nell’introduzione, è quella di scrivere della lotta che c’è dentro la mia testa tra i sentimenti positivi e quelli negativi. Mentre sto scrivendo mi viene il dubbio che non si tratta proprio di questo, c’è dell’altro; se non ricordo male si tratta anche di descrivere il processo di scrittura di un libro… no, questo non mi pare corrispondente al vero. Dovrei fermarmi, smettere di scrivere e riflettere, ma ho deciso all’inizio di questa avventura di scrivere di getto, senza fermarmi. Mentre scrivo, penso che quello di cui parlerò in questo libro si vedrà alla fine del libro, e poi sarà il lettore a decidere, a selezionare le cose che riterrà più interessanti. Certo, l’idea dello scrittore, ma più in generale dell’artista in crisi che mostra la sua opera mentre la scrive, con tutto il suo portato di indecisioni, ansie, propositi e dilemmi, non è nuova (e il riferimento nel libro a Fellini Otto e mezzo o a Harry a pezzi lo testimoniano ampiamente), ma ciò che conta è la spontaneità con cui Calabretta dipana il suo lavoro (un divertissement autobiografico) e, soprattutto, il coraggio con cui parla delle emozioni senza mai porsi su un piano di professionale alterigia scientifica.

Se c’è un difetto nel libro è l’eccessiva lunghezza: 202 pagine per una storia pur particolare, però priva di intreccio narrativo, sembrano troppe e il rischio che l’attenzione cali è abbastanza alto.

L’esperimento di Calabretta è in ogni caso davvero interessante e chissà? Forse avrebbe trovato l’approvazione del Calvino giocoliere e combinatorio, quello, per intenderci, di Se una notte d’inverno un viaggiatore o del Castello dei destini incrociati.

Il film delle emozioni si chiede in defintiva che cos’è la felicità e come conquistarla. Forse la risposta è che essa non può essere né definita né raggiunta stabilmente; meglio allora cercarla e assaporarla in ogni nostro gesto, in ogni anelito, in ogni errore. In fondo questo libro parla di noi.

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