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Intervista con Pane

7 min read
Un omaggio della formazione acustica alla mitica band di Jim Morrison
 
Un nuovo progetto musicale che vede i Pane come protagonisti. La formazione romana, attiva da oltre 25 anni, abbandona per un momento la lingua italiana per dedicarsi a una delle maggiori influenze di sempre, The Doors. Un’influenza vissuta e maturata negli anni, che a prima vista potrebbe sembrare insolita anche per chi conosce il repertorio dei Pane, in cui si fondono sonorità acustiche, folk, prog e canzone d’autore, con un’attenzione particolare per il testo e la poesia contemporanea.
Una sfida non facile, i Doors sono considerati quasi sacri e la figura di Jim Morrison intoccabile, e la risposta poteva solo arrivare da un gruppo capace di guardare oltre e di esplorarne la visione poetica per dare vita ad un vero e proprio atto d’amore verso la storica band d’oltreoceano. Un disco interamente acustico con chitarra, flauto traverso e voce, per esplorare e reinterpretare dieci pezzi tra i più intimi della formazione di Los Angeles, inclusa un’esecuzione molto particolare dell’epica The End.
 
Discografia: Pane (2003) – Tutta La Dolcezza Ai Vermi (2009) – Orsa Maggiore (2012) – Dismissione (2014) – The River Knows (A Tribute To The Doors) (2018)
 
Formazione: Vito Andrea Arcomano – chitarra acustica / Claudio Madaudo – flauto-bansuri/ Claudio Orlandi – voce
 
1. Yes, the river flows 2. Waiting for the sun 3. I can’t see your face is my mind 4. Blue sunday
5. Light my fire 6. Wishful sinful 7. Alabama Song 8. You’re lost little girl
9. The crystal ship 10. The end
 
Precedente intervista (2011)
 
 
 
 
Intervista
 
Davide
Ciao e ben ritrovati su Kult Underground. Ricordo una band di cinque musicisti. C’è stato un cambio della formazione o è stato solo per questo specifico progetto?
 
Pane
Pianoforte e batteria usciti dalla formazione che ora è chitarra acustica, flauto traverso e voce, rispettivamente Vito Andrea Arcomano, Claudio Madaudo e Claudio Orlandi.
 
Davide
Parlammo nel 2011 dell’album “Orsa Maggiore” e, prima di parlare di “The river knows”, credo sia doveroso colmare una lacuna, chiedendovi cioè di “Dismissione” del 2014 – che lo precede – in una sua breve descrizione e cosa in questi quattro ultimi anni vi ha portato infine al tributo ai Doors?
 
Pane
“Dismissione” è l’ultimo lavoro realizzato nella formazione a 5 e si tratta dell’interpretazione del testo di Fabio Orecchini dedicato alla problematica dell’amianto. Nel suo complesso ha trovato subito la produzione dell’editore Luca Sossella che ha pubblicato libro e cd insieme. Il disco è una miscela di poesia sonora, ambiente, canzone e ricerca e si sviluppa ridisegnando il testo originario, una lucida analisi storica e sociale della tragedia italiana dell’ETERNIT e delle sue vittime, lungo un’unica traccia di circa 25 minuti. Anche questo lavoro abbiamo riletto in trio ed è disponibile su youtube una versione live.
Con Fabio abbiamo collaborato al suo secondo progetto poetico dal titolo “Terraemotus” ispirato ai tragici fatti accorsi alla città dell’Aquila il 6 aprile 2009 che è valso proprio pochi giorni fa il Premio Nazionale Elio Pagliarani di poesia per la categoria opere artistiche, digitali, installazioni, video e perfomance che lavorino sulla rottura degli ambiti linguistici e sulla fusione dei linguaggi.
Dopo la realizzazione di “Dismissione” e i primi live di presentazione, l’uscita dal gruppo di Maurizio e Ivan è stata definitiva e in tre abbiamo iniziato a rivedere tutto il nostro repertorio. Negli ultimi anni abbiamo di fatto riarrangiato quasi tutte le canzoni e ripreso alla radice alcune fonti della nostra ispirazione giovanile. Iniziata così quasi per gioco la questione si è fatta via via più seria fino alla decisione di registrare un vero e proprio album tributo ai Doors, e così è stato. “The River Knows” è il frutto di circa tre anni di lavoro.
 
Davide
Banalmente si potrebbe definire che la vostra chiave di rilettura dei dieci brani dei Doors sia in chiave acustica, essenziale, intimista e cose così. Quale chiave, invece, meno banale, quale coinvolgimento più profondo e personale?
 
Pane
Come accennato poc’anzi i Doors hanno rappresentato per noi una fonte costante di ispirazione artistica e culturale. L’uscita dei due strumenti dalla formazione originaria Pane ha scosso alle radici l’intero ensamble e in qualche modo ci ha costretti a rivedere tutto il nostro lavoro. In questo processo di rinnovamento e metabolizzazione dello stesso ci è venuto quasi spontaneo questo viaggio attraverso canzoni che erano da sempre parte del nostro vissuto musicale. Ad un certo momento abbiamo capito che potevamo dedicare tempo ed energie alla realizzazione di qualcosa di importante non solo per noi, ma anche per chi segue il nostro percorso artistico e per gli amanti dei Doors, e l’abbiamo fatto.
 
Davide
The Doors si concessero alcune incursioni nel raga rock. La chitarra e il flauto in “The End” sono amalgamate dal bordone di un sitar o di una shruti box. Che significato avete attribuite a questo riarrangiamento peculiare che richiama l’India e il rāga?
 
Pane
Sapevamo fin dal principio che ci saremmo dovuti confrontare con The End, che ovviamente ricopre un ruolo particolare nell’opera dei Doors e crediamo più in generale nella storia della musica rock. Alla fine abbiamo optato per evidenziare le influenze indiane già presenti nel pezzo originale e l’abbiamo fatto inserendo un tappeto di tampura e lasciando campo aperto al bansuri, tipico strumento indiano del quale Claudio Madaudo è appassionato esecutore. Nel complesso questo particolare arrangiamento vuole mettere in risalto sia la dimensione poetico-sciamanica dell’arte doorsiana che la ricerca di grado spirituale che ci trova impegnati in questo momento del nostro percorso artistico.
 
Davide
Cosa vi ha fatto scegliere esattamente queste 9 tracce dei Doors e quell’una, che però è di Brecht e Kurt Weill?
 
Pane
In realtà i brani dei Doors li abbiamo sempre suonati, anche prima, quindi siamo partiti da quelli, come “The Crystal Ship”, “I can’t see your face in my mind”, “Light my Fire”, poi abbiamo cercato quei pezzi che ci sembrano più riusciti negli arrangiamenti con voce, chitarra e flauto. “Alabama Song” è un capolavoro che è parte integrante dell’epica doorsiana, non potevamo non occuparcene…, in ogni caso non escludiamo l’uscita di un secondo ulteriore lavoro sui Doors, ci stiamo già lavorando…
 
Davide
Il bianco in occidente evoca soprattutto purezza, spiritualità, divinità, eternità… Ma anche freddo, luce, silenzio… La scelta di una copertina completamente bianca ha precise ragioni?
 
Pane
Ci sono sia ragioni cromatiche che di natura tecnica. I nostri primi tre lavori hanno dei colori dominanti ben precisi: Pane del 2003 è il nero, Tutta la dolcezza ai vermi del 2008 è il verde e Orsa maggiore del 2012 è il rosso. Il bianco indica un momento di riflessione cromatica ma anche di rispetto verso delle icone della storia del rock. Jim Morrison e The Doors hanno già il loro mondo di immagini mitiche, non volevamo sovrapporci o peggio scimmiottare i nostri miti giovanili, noi ci siamo fermati a una rilettura di alcune forme musicali e vocali. Il bianco era ed è la dimensione giusta.
 
Davide
Perché non ci sono più nuovi gruppi musicali epocali? Cosa pensate del nostro attuale periodo storico musicale?
 
Pane
Per creare un’epica ci vuole tempo, una forte capacità di assimilazione collettiva e artisti sovrannaturali. In questo momento viviamo in accelerazione costante e di conseguenza la capacità di assimilazione è bassa. Rincorrendo il tempo di fatto non abbiamo tempo. Tutto scorre su enormi superfici in continuo movimento ondulatorio, così è difficile creare un’epica collettiva anche per chi potenzialmente ne sarebbe in grado. L’avvento della rete ha centuplicato gli input di distrazioni di massa e l’espressione artistico-energetica dei nuovi artisti del millennio fa fatica a trovare le sue strade e il proprio pubblico. I Talent con la loro produzione su scala industriale di “nuovi artisti”, creano e distruggono quasi all’unisono; è un’industria discografica che in quanto tale punta al profitto. Non è facile avere un quadro generale della situazione attuale dove alcuni fenomeni indie italiani viaggiano accanto alla musica che arriva da tutto il mondo. Di fatto riscontriamo poca originalità e quello che solitamente si ascolta nelle radio non ci piace per niente: testi e musica davvero desolanti, tanta ma proprio tanta “immondizia musicale” per citare uno dei nostri maestri Franco Battiato. Al quale rivolgiamo un saluto affettuoso ed energie buone per la sua grande anima.
 
Davide
Cosa seguirà?
 
Pane
Per quanto riguarda Pane stiamo lavorando al prossimo disco di nostre nuove composizioni e l’obiettivo è riuscire a portarlo alla luce entro il 2019.
 
Davide
Grazie e à suivre…
 
Pane
Grazie a te!! Buona musica
 
 

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