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Intervista con The Blue Project

6 min read
The Blue Project sono Maria Cristina Anzola (vocals, lyrics) e Davide Borghi (guitars, keys, loops, music).
“Shelter”, il loro secondo album, è uscito a maggio di quest’anno per la Eibon Records.
Disponibile in cd Digipack e Digital Download.
Regret / Looking for shelter / So many ghosts / A broken promise / The moon and the shade / Behind the gate / Wandering souls / Deliver me / Breathe
 
 
Intervista
 
Davide
Ciao. Perché “The Blue Project” ossia qual è il vostro progetto, in cosa consiste in senso artistico, ma anche personale? E perché il blu, colore di pace e tranquillità, ma anche associato alla tristezza o alla malinconia come nel sinonimo inglese?
 
The Blue Project
Personalmente trovo che il blu sia il colore delle ferite dell’anima, ma anche del cielo più profondo. È un colore che evoca sicuramente diversi stati d’animo, senza un significato univoco, come giustamente facevi notare tu. E ci piace molto anche il doppio significato cromatico/emotivo: è un gioco di parole che lascia libera interpretazione a chi si accosta alla nostra musica.
 
Davide
Quando vi siete incontrati, da quali precedenti esperienze, come è nato The Blue Project?
 
The Blue Project
Maria Cristina è stata la voce di The Bel Am, progetto darkwave/ethereal attivo nei primi ’90 con due cd pubblicati su Discordia, mentre Davide proviene da esperienze doom (The Path) e da un lungo cammino neo folk con Albireon. L’incontro è stato facilitato dalla vicinanza geografica e da una affinità personale che non ha tardato a manifestarsi attraverso una profonda amicizia. Fare musica insieme è stata una necessità espressiva che ha trovato sfogo in “Adrift” e “Shelter”, due dischi molto diversi ma dei quali andiamo ugualmente fieri.
 
Davide
Registrato a Rubiera (Reggio Emilia) dal 2013 al 2017 e mixato a Parma tra il 2017 e il 2018. Ci sono voluti dunque cinque anni per fare questo disco?
 
The Blue Project
Il tempo per un progetto come il nostro è assolutamente relativo. Ogni cosa accade quando è il momento giusto, ogni forzatura porta invece a risultati che non sono coerenti con l’emotività e con l’estetica del progetto. Inoltre ci siamo dovuti prendere lunghe pause anche a causa di altri impegni, ma questi periodi di riflessione hanno permesso alle idee di affinarsi ed evolvere fino ad assumere la forma definitiva. In cinque anni si cambia, cambiamo noi e le cose attorno a noi e la nostra musica assorbe questi cambiamenti e ne diventa parte. È un processo spontaneo, che comprende sicuramente un grande impegno e un lavoro accurato di ricerca sonora, ma che alla fine deve riuscire in modo naturale.
 
Davide
Come siete approdati alla Eibon records?
 
The Blue Project
La Eibon Records è una label per cui nutriamo profonda ammirazione, non certo da oggi. L’amicizia con Mauro Berchi, che dura da un quarto di secolo e il rispetto per la cura che mette in ciò che fa hanno reso Eibon l’unica scelta possibile per The Blue Project, fin dall’inizio. L’entusiasmo e la fiducia che ci ha subito dimostrato Mauro hanno fatto il resto.
 
Davide
Prima di approfondire questo secondo lavoro, qual è stato il vostro primo disco e quale rapporto c’è tra di essi in continuità o meno, somiglianze o dissomiglianze?
 
The Blue Project
Credo che sia una domanda da rivolgere agli ascoltatori. Di sicuro con il primo disco abbiamo imparato a conoscerci e a collaborare, cosa che non è e non deve essere mai banale. Crediamo che “Adrift” sia stato un lavoro più istintivo, in cui abbiamo provato diverse cose, sperimentando e lasciato uscire vissuti profondi in maniera a volte anche irrazionale. “Shelter” invece è probabilmente più focalizzato su ciò che ci piace essere, più raffinato e probabilmente più tecnicamente evoluto. Pensiamo che uno sia conseguenza logica dell’altro, fanno parte dello stesso discorso.
 
Davide
Quali i temi delle vostre liriche?
 
The Blue Project
Le liriche sono opera di Maria Cristina e sono ermetiche e strettamente personali. Per questo abbiamo deciso di non stampare i testi sul libretto, lasciando che la suggestione delle parole sia un tutt’uno con la musica.
 
Davide
Come avviene per voi l’incontro tra la musica e la parola?
 
The Blue Project
C’è una completa divisione dei compiti: Davide crea basi armoniche o rumorose, in base alla propria sensibilità, mentre Maria Cristina adatta ad esse melodie vocali e parole. La capacità di unire i due elementi e creare qualcosa di bello, partendo da due anime affini ma diverse, è la magia che cerchiamo di ottenere quando creiamo.
 
Davide
In copertina avete scelto quella che parrebbe una conchiglia e dunque una struttura rigida e dura che sostiene e protegge animali dal corpo molle estremamente vulnerabile. Qual è il lato più duro (anche se non sembrerebbe esserci in una musica e una vocalità così morbide e avvolgenti), quale invece quello più sensibile della vostra musica e quindi così da nascondere o proteggere?
 
The Blue Project
Crediamo che nella nostra musica esista un lato estremamente aspro, dato non solo dalle distorsioni, dalle percussioni e dai suoni industriali o ambientali, ma anche dall’amarezza che a volte è espressa dalla voce o dal clima dei brani. “Dolcezza” non è il primo termine che ci viene in mente pensando alla nostra musica, e la vocalità di Maria Cristina, per quanto abbia sicuramente un’anima, difficilmente verrà definita “morbida”. Le foto scelte per l’artwork sono fotografie della bravissima Elisa Magnoni e in realtà la scelta della conchiglia nasce dal titolo del disco stesso.
 
Davide
Sarà perché anche voi siete un duo (non solo per questo), ma – ascoltandovi – il pensiero è corso subito ai Dead Can Dance e al profondo solco da loro lasciato. Ma anche ai Cocteau Twins (come nella mia traccia preferita, Wandering Souls). Chi riconoscete come guide o maestri più di altri?
 
The Blue Project
Come detto, veniamo da percorsi diversi. Davide è da sempre amante del doom/black metal, del neo folk e dei cantautori, mentre Maria Cristina è cresciuta con il dark e con la wave. Pur ammirando le band che citi, non crediamo in realtà di avere guide o numi tutelari. Pur convogliando in ciò che facciamo i nostri ascolti e gli artisti che abbiamo amato, nel momento della creazione cerchiamo di esprimere quel qualcosa che è dentro e preme per uscire. Quando sentiamo di avvicinarci a questo ci sentiamo realizzati, come musicisti e persone.
 
Davide
Perché la musica? Perché il canto?
 
The Blue Project
Perchè ne abbiamo bisogno.
 
Davide
Cosa seguirà?
 
The Blue Project
Ad oggi, non ne abbiamo idea!
 
Davide
Grazie e à suivre…
 
The Blue Project
Grazie per l’attenzione e per la sensibilità.

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