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Intervista con Cube

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I Cube nascono a Catania nell’estate del 2014 dall’incontro tra quatto musicisti accomunati dalla voglia di contaminare le loro influenze ed il risultato è un album in cui si alternano cantato in italiano ed inglese, mentre le sonorità sono di matrice internazionale, con un legame stretto alle atmosfere di gruppi come New Order o Pet Shop Boys e Depeche Mode, in equilibrio tra rock ed elettronica. Radici che risultano più chiare a chi ha avuto occasione di ascoltare “Colours In The Sky”, album pubblicato a nome Stereonoises, formazione che ha dato poi origine ai Cube. L’elemento melodico è la prima cosa che risalta nelle composizioni dei Cube, attraversate da una sottile malinconia di fondo, che però non scalfisce le potenzialità pop del gruppo siciliano e rimane più come una sensazione, come una giornata di sole di inizio autunno. Ci sono richiami a sonorità tipiche degli inizi degli anni novanta, come in “The Sun Will Always Shine”, che rilegge in chiave moderna le intuizioni dei gruppi di Manchester che univano rock e dance, mentre “Ancora Qui” è un ballad elettronica dove ancora una volta il riferimento sonoro ha matrice inglese.
Un debutto che rivela una grande maturità come songwriting e arrangiamento e un’attitudine pop diretta e inequivocabile.
 
Tracklist:
Il sole del mattino / ti vedo qui / Si alza il vento / The sun will always shine / Ancora qui / Everything I want / Le cose che non ho / Disease un my head / Ricordi nel tempo / Quello che cerco.
 
Formazione: Andrea Di Blasi (voce, synth e programmazioni), Antonio Gangemi (batteria acustica ed elettronica), Leandro Blancato (chitarra), Luigi Cannata (basso).
 
 
Intervista
 
Davide
Ciao. “Cube” è la continuazione di una precedente creatura di nome “Stereonoises”? Qual è la storia del gruppo?
 
Cube
Ciao. Questo gruppo nasce appunto dalle ceneri di un precedente progetto, gli Stereonoises. Per diverse esigenze e motivazioni due componenti degli Stereonoises lasciarono la band poco dopo la pubblicazione del nostro album del 2012, ‘Colours in the sky’, ma noi ‘superstiti’ decidemmo sin da subito di continuare a suonare insieme, così ci ritroviamo qui oggi con una formazione per metà nuova e con la maggior parte dei testi in italiano, mentre l’unica lingua scelta dagli Stereonoises era l’inglese. Questa forse la maggiore differenza tra questo e quel periodo.
 
Davide
Perché il “cubo”?
 
Cube
Perché quando abbiamo pensato a questo nuovo progetto desideravamo un’immagine moderna e minimale, che allo stesso tempo trasmettesse semplicità, ordine e fosse facilmente identificabile anche visivamente, e niente più di un’immagine geometrica può trasmettere probabilmente questa visione che avevamo allora ed abbiamo tutt’ora.
 
Davide
Perché siete stati particolarmente influenzati dalla scena di madchester?
 
Cube
La nostra passione per la musica nasce nella seconda metà degli anni ’90, quando ancora ragazzini stavamo sui banchi di scuola. In quel periodo l’ondata britpop, soprattutto proveniente da Manchester, ma anche di tutta la musica inglese in generale, travolse noi e probabilmente tutta la nostra generazione sotto molti aspetti.
Quindi eccoci qui con ancora in testa e nelle orecchie quelle cose che allora ci hanno hanno fatto venire la voglia di suonare e di avere una band.
 
Davide
L’elettropop, nato sul finire degli anni ’70, è dunque ancora vivo e in buona salute. Una volta, in Inghilterra, dei testi tipici dell’elettropop si diceva che erano “boy meets girl, boy loses girl” («il ragazzo incontra la ragazza, il ragazzo perde la ragazza»), perché solitamente imperniati su temi romantico-sentimentali. Di cosa trattano i vostri, a cosa cercate di dare maggiore rilievo?
 
Cube
Innanzitutto grazie per averci legati alla definizione ‘elettropop’, che oggi forse è la cosa che amiamo di più. Per quanto riguarda le tematiche dei nostri testi, non c’è mai una direzione scelta a priori ad indirizzarci nella loro scrittura, piuttosto, se si ascolta l’album, ciò che si può facilmente notare è la costante presenza di tematiche esistenziali. Ogni nostro testo scritto coglie un attimo, magari un ricordo, catturando un pensiero sul passato nel preciso momento in cui è stato scritto. Le prossime canzoni potrebbero trattare quindi temi completamente diversi o magari anche uguali, chi lo sa! In ogni caso in questi testi sono stati catturati i pensieri del momento in cui sono stati scritti, senza scelte preventive o tematiche scelte a priori.
 
Davide
Delinenando un tracciato, un viaggio complessivo dalla prima alla decima canzone, intorno a quali idee, temi e suggestioni  avete lavorato per partire da un punto e arrivare alla sua conclusione?
 
Cube
Un album deve avere un filo conduttore, soprattutto a livello musicale, che dia uniformità a tutto il lavoro nel suo complesso, l’album, appunto. Il che non significa ‘costruire’ un album con canzoni tutte più o meno uguali… anzi, non ci sono mai piaciute le band che fanno canzoni sempre uguali, neanche le band più famose. Piuttosto crediamo si debba avere, per così dire, un’identità, un ‘marchio di fabbrica’ e farlo evolvere nel tempo. Come hai già notato ascoltiamo molta musica pop e rock anni ’80 e ’90, così come adoriamo l’elettronica, ovviamente ponendo attenzione anche a ciò che avviene attualmente sia in Italia che all’estero.
 
Davide
Per Keith Richards “La musica è una necessità. Dopo cibo, aria, acqua e calore, la musica è l’altro bisogno primario della vita”. Cos’è per voi?
 
Cube
Richards ha assolutamente ragione, la musica è ovunque, anche quando non ci fai caso o sei preso da altro, semplicemente sta a te coglierla: per farti un esempio, un insieme di apparenti rumori in sequenza possono anche avere una logica e creare qualcosa di armonioso nella tua testa. Poi può anche succedere che la tua testa non sia stata abituata o disciplinata a cogliere questi ‘stimoli’, ma la musica è nell’aria, è ovunque, non si vede, non si tocca, ma ci sta sempre intorno, anche quando siamo distratti e non la notiamo, oppure ne siamo indifferenti per scelta, natura o sensibiltà.
Quindi sì, come dice Richards la musica è come il cibo, l’aria, l’acqua, o qualunque altra cosa di cui hai bisogno per vivere, anche se non sai o non ti hanno mai detto di averne bisogno. In realtà ne hai bisogno comunque anche se potresti non esserne cosciente, o se per te è apparentemente una cosa marginale o di poca importanza.
 
Davide
Negli anni novanta Catania si conquistò l’appellativo di “Seattle del sud”, per la rilevanza internazionale della sua scena musicale. Com’è oggi?
 
Cube
Con le dovute differenze, rispetto a Seattle e rispetto a quegli anni, dalle nostre parti non è difficile trovare qualcuno che abbia un proprio progetto musicale, o che comunque suoni. Ciò che però forse è cambiato rispetto ad allora, ed è cambiato in peggio, è probabilmente il numero degli spazi, dei locali e delle occasioni in cui poter suonare inediti. È  più facile suonare se fai cover, o addirittura  se hai una tribute band, ma quella è una cosa totalmente diversa, lo sappiamo anche noi perché anche noi abbiamo iniziato suonando cover anni fa.
 
Davide
Cosa seguirà?
 
Cube
Al momento speriamo semplicemente di poter suonare il più possibile per poter portare in giro quest’album, a cui abbiamo lavorato tanto. Poi sicuramente tra non molto inizieremo a lavorare, come sempre, anche su nuovo materiale, cosa che facciamo costantemente.
 
Davide
Grazie e à suivre…

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