E’ stato un anno scolastico segnato da numerose notizie che riguardano la difficile situazione in cui tanti insegnanti si trovano a lavorare: episodi di insegnanti picchiati da genitori o umiliati o feriti da alunni che con la loro violenza vogliono prevaricare, ragazzi vittime di bullismo e di cyber-bullismo. C’è bisogno di recuperare un rapporto di fiducia e di rispetto nei confronti degli insegnanti che troppo spesso si ritrovano in difficoltà a gestire classi senza un “linguaggio” adeguato e non efficaci per motivare gli studenti, aldilà degli episodi più eclatanti e delinquenziali, spesso poco motivati.
Il libro “Capovolgiamo la scuola” presenta la prospettiva pedagogica dell’”insegnamento capovolto” (flipped learning) che nasce da un’idea di alcuni insegnanti americani di formazione scientifica (ricordiamo particolarmente Bergmann e Sams) che iniziarono a affidare il compito della lezione “frontale” a dei video tutorial che i ragazzi seguivano a casa per dedicare il tempo in aula ad attività laboratoriali, lavori di gruppo, supervisione di esperienze che permettevano una maggiore efficacia didattica. Partendo da questa “esperienza sul campo”, la teoria della “flipped classroom” si è approfondita con studi pedagogici riconosciuti e si è diffusa in tutto il mondo arrivando in Europa e in Italia negli ultimi anni tramite associazioni di insegnanti molto attive nel campo della formazione e della produzione tramite internet.
E’ il caso della “flipnet” italiana, associazione di promozione della didattica capovolta, che è formata da insegnanti che usano il metodo dell’insegnamento capovolto e lo promuovono tramite attività di formazione a scuola e tramite la diffusione di materiale didattico (con anche la possibilità di “localizzare” altri insegnanti che usano questo metodo e che siano vicini al lettore e di partecipare a percorsi formativi)
Fra i soci fondatori di questo associazione abbiamo proprio Maurizio Maglioni, professore di chimica nelle scuole superiori di Roma e scrittore di romanzi e saggi tra cui “La classe capovolta” (Erickson, 2014) e questo ultimo lavoro “Capovolgiamo la scuola”, che traccia un bilancio del cammino fatto nella scuola italiana e presenta principi, materiale, metodi e spunti di riflessione sulla didattica, in base anche alle più recenti indicazioni ministeriali.
Nel contesto degli avvenimenti di cui parlavamo all’inizio probabilmente una buona parte degli insegnanti forse faranno fatica a riconoscere come bisogno principale per risolvere i problemi della scuola di oggi un semplice rinnovamento della didattica, per quanto la proposta possa essere accattivante e innovativa; eppure bisogna dire che il libro presenta una visione positiva della scuola, una serena collaborazione fra studenti e professori, una prospettiva di efficacia didattica che colpisce e che può essere una buona occasione per non smettere di ricercare soluzioni le quali non semplicemente o banalmente demonizzino il mondo di oggi, come luogo in cui i ragazzi crescono e all’interno del quale bisogna inserirsi per potere intervenire in modo pedagogicamente efficace.
Il libro si struttura in due parti: la prima parte (“L’insegnamento capovolto: principi e metodologia”) illustra i presupposti pedagogici del flipped learning i quali affondano le loro radici in solidi studi sull’importanza della motivazione negli apprendimenti, sul concetto del learning by doing (che poi ha un solido corrispettivo italiano nelle teorie della Montessori), l’insegnamento cooperativo e l’uso delle innovazioni tecnologiche nella didattica. I principi dell’insegnamento capovolto vengono descritti anche nella loro diffusione in Italia, tramite le più recenti indicazioni ministeriali sia in termini di didattica (per quanto riguarda la prospettiva delle competenze con un’attenzione particolare alle otto competenze chiave dell’Unione Europea), sia in termini di concetto di valutazione (che l’insegnamento capovolto declina in termini di auto-valutazione tramite check list impostate dall’insegnante molto più rapidi ed efficaci secondo l’autore per motivare a un vero miglioramento negli apprendimenti).
In questa parte l’autore racconta anche il suo coinvolgimento in questo tipo di strategia didattica, che è nato soprattutto dall’esperienza in aula, dal bisogno di trovare un modo più adatto per formare gli allievi, in una concezione di scuola che non fosse solo un luogo per “passare delle conoscenze”, ma per formare gli studenti al vivere insieme agli altri e a perseguire degli obiettivi.
La seconda parte (“Le cinque leve per una flipped classroom”) descrive i cinque pilastri su cui poggia la strategia dell’insegnamento capovolto evidenziando come questo tipo di didattica in realtà raccoglie alcune delle conquiste più importanti in termini pedagogici in questi ultimi anni; non si tratta quindi di una “idea nuova”, ma di un “modo nuovo” di insegnare che in modo originale rielabora tanti concetti provenienti dalla pedagogia attuale e dalla psicologia (basti pensare alla comunicazione empatica o alle teorie sulla comunicazione non violenta di Rosenberg) alla luce di una proposta di vivere il lavoro in aula come un approfondimento dei contenuti delle discipline proponendo i cosiddetti “compiti di realtà” (“authentic task”), cioè delle consegne da realizzare insieme come gruppi di studenti.
Questa parte si compone quindi di cinque capitoli che analizzano i componenti più importanti dell’insegnamento capovolto: learning by doing, autovalutazione, educare senza muri, comunicazione empatica e formazione docenti. La seconda parte del libro è anche quella più ricca a livello operativo: ogni capitolo è arricchito da “box” (brevi paragrafi operativi ricchi di spunti, materiali (moltissimo si trova in rete) e suggerimenti pratici per impostare il lavoro con gli studenti).
Nel “learning by doing” e nel capitolo sull’autovalutazione, per esempio, l’insegnante interessato a comprendere cosa vuol dire “insegnamento capovolto” viene accompagnato passo passo per produrre un’unità didattica con la strategia del flipped learning: dalla ricerca di materiale per progettare i compiti di realtà, alla pubblicazione di un sito internet, al lavoro da fare con i ragazzi e a come impostare delle check list di autovalutazione per la classe. Anche il capitolo “educare senza muri”, che permette di uscire dalla dicotomia del considerare l’uso delle tecnologie come qualcosa che allontani dalla natura, propone molte attività, divisi per ordini di scuola, da fare all’aria aperta, compresi degli spassosissimi giochi proposti su alcuni canali youtube.
Il libro ha uno stile discorsivo e riflessivo: si nota il “tocco” di un insegnante, che non ha abbandonato il suo “lavoro sul campo” e che si rivolge ad altri insegnanti con una passione molte forte per il lavoro a scuola e una chiara convinzione sull’efficacia delle strategie proposte. Certamente molte possono essere le critiche le quali si possono portare nei confronti di un modo “disincantato” di intendere il flipped learning compresi quelle inerenti una certa perplessità sull’uso delle innovazioni tecnologiche, che spesso i ragazzi dimostrano di essere incapaci di usare in modo corretto, oppure quelle che attaccano una concezione della didattica “troppo orizzontale” che riduce l’insegnante a un mero “animatore” che assiste i ragazzi, in un contesto dove forse questa dimensione “orizzontale” dell’insegnante forse provoca fraintendimenti. Eppure l’autore, come insegnante, come persona dentro la scuola e come formatore in costante dialogo con altri insegnanti, affronta queste perplessità, propone una visione innovativa e serena del lavoro in aula, cerca di dimostrare pacatamente e razionalmente la bontà delle proprie tesi.
Questo aspetto di dialogo con insegnanti viene lasciato e espresso anche nell’appendice: una ventina di pagine in cui l’autore riporta domande e risposte con le principali richieste di approfondimento e problematiche concrete che sono emerse nella sua esperienza di formatore nelle scuole.
In generale il libro si presenta come un buon acquisto per gli insegnanti che vogliono approfondire questa strategia didattica, che sta sempre più proponendo occasioni formative e mostra una notevole capacità di inserimento nelle prospettive ministeriali più avanzate; sia gli “aspiranti” insegnanti capovolti, sia coloro che magari sono un po’ critici verso questa strategia e preoccupati dai tanti problemi che la scuola sta vivendo troveranno comunque uno strumento di riflessione interessante per confrontarsi con un modo positivo di intendere il lavoro in aula e considerazioni utili su come rendere sempre più efficace quello che si fa per i ragazzi.