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L’oro di Napoli – Giuseppe Marotta

3 min read
BUR Biblioteca Universale Rizzoli
Narrativa racconti
Pagg. 259
ISBN 9788817010917
Prezzo Euro 9,00
 
Un sogno per vivere
 
Il libro consta di 36 brevi racconti, degli autentici quadri in cui l’autore ritrae splendidamente paesaggi e atmosfere di una città che ogni giorno muore per poi rinascere. Credo che nessun altro libro sia in grado di descrivere così precisamente l’autentico spirito dei napoletani, legati indissolubilmente alla loro città tanto che viene da pensare che Napoli non ci sarebbe se non ci fossero i napoletani. E’ un vincolo talmente stretto che induce la gente a vivere in ristrettezza o quasi di niente per il puro piacere di vivere lì; certo ci sono racconti che sembrano ben poco realistici, tanto dall’indurre a pensare che l’autore se li sia inventati, e invece sono veri, anche laddove possono sembrare falsi, perché in questa eterna città tutto ciò che altrove pare parto di fantasia si realizza sotto gli occhi e se proprio non è esistito l’abitante di una casa bombardata che si è adattato a vivere nella buca provocata dall’esplosione della bomba, si può star certi che nell’arte di arrangiarsi i napoletani sono insuperabili. La Napoli dei miracoli, veri o falsi, in cui tanto la gente vuole credere per fuggire l’amara e dolorosa verità di ogni giorno,  la Napoli delle viuzze, delle piazzette dove il sole con estremo sforzo riesce ad arrivare, questa è Napoli: miseria e splendore, intensa sofferenza interiore che esplode in quelle che riteniamo originalità, ma che di fatto rappresentano uno sfogo, come quella dimestichezza con la morte che, se serve a esorcizzarla, consente comunque di rendersi conto che non è altro che una tappa della vita. In tal senso richiamo l’attenzione su Ninna nanna a una signora, in cui Don Alfonso Corrado Mazzullo conversa con la morte e le dice queste profonde parole:   “Volevo morire quando nacqui, per  avvolgimento del cordone ombelicale intorno al collo, mi fu  concesso? Volevo morire di emottisi a tredici anni, ne ebbi  maniera? Volevo morire cento altre volte. Ora spetta a me  decidere: ora sono io che non voglio.” E’ un capovolgimento dei ruoli, è l’illusione di poter diventare artefici del proprio destino e che nella sofferta condizione di predestinati fa sì che nei napoletani ci sia un filo di speranza, sempre e ovunque presente, con quel  desiderio di potersi rialzare dopo ogni caduta, non disgiunto da una pazienza infinita che consente di sopportare tutto pur di non perdere questa speranza. Sono trentasei racconti, sono pagine che, oltre che appassionare, entusiasmano, anche quando si tratta di ricordi personali dell’infanzia povera dell’autore, come nel caso di I parenti ricchi, parenti serpenti verrebbe da dire nel leggerlo, ma la prosa che più di tutte spiega così bene lo spirito dei napoletani è proprio L’oro di Napoli, con Don Ignazio Ziviello che riesce a rialzarsi dopo ogni caduta della vita, che ogni volta sembra sia quella buona, ultima, definitiva, un’autentica morte morale civile, da cui tuttavia ne esce, risorge, come un’ araba fenice.
Da leggere, è più che consigliato.
 
Giuseppe Marotta (1902-1963) nasce a Napoli, che rimane l’eldorado del suo immaginario, e si trasferisce a Milano a 25 anni. È un’epoca di boom giornalistico e culturale, che frutta a Marotta una prestigiosa collaborazione al «Corriere della Sera», mentre scrive anche sulle testate satiriche più celebri del tempo, il «Bertoldo» e il «Guerin Meschino». Fluviale nell’invenzione narrativa, è autore di romanzi memorabili (tra cui A Milano non fa freddo e Gli alunni del sole) e di raccolte di racconti che sfiorano la leggenda, come appunto L’oro di Napoli, traslata su grande schermo dal genio cinematografico di Vittorio De Sica.
 

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