Prefazione diVincenzo Consolo
Introduzionedell’autore
In copertina I dueamici, di Carlo Levi (1936)
Edizioni Einaudi
Narrativa
Collana Einauditascabili. Scrittori
Pagg. XXXIV-161
ISBN9788806200558
Prezzo€ 11,00
Un grande, immensoamore
“Cosìquesta donna si è fatta, in un giorno: le lacrime non sono più lacrime maparole, e le parole sono pietre.”
Così CarloLevi parla di Francesca Serio, madre di Salvatore Carnevale, sindacalistaucciso dalla mafia, in una delle più belle pagine di questo libro, frutto ditre viaggi in Sicilia avvenuti nei primi anni cinquanta.
Se in Cristosi è fermato a Eboli l’autore ha descritto in modo mirabile la dolorosacondizione dei contadini lucani, qui valica lo stretto e riesce a darci unquadro di grande forza e bellezza dei problemi siciliani, solo in parte diversida quelli dell’altro sud, e in ogni caso inseriti in quella questionemeridionale che ancor oggi appare insoluta.
La grandecapacità di questo autore è di appassionarsi ai problemi della gente debole, senon inerme, con la forza che gli nasce dall’amore, un sentimento viscerale chelo porta naturalmente a prendere le difese di chi, complice l’inerzia, quandonon addirittura la partecipazione attiva dello Stato, è vittima di secolariingiustizie, è ridotto alla condizione di sottouomo, vero e proprio servo dellagleba in una società feudale in piena epoca moderna.
In libro inpratica è il diario di un viaggiatore attento, capace di descrivere in modoartistico, poetico e pittorico panorami mozzafiato, ma anche di saper coglieregli aspetti stridenti, le atmosfere che da gioiose diventano tristi, fatte diuna malinconia propria di chi è senza speranza, in una sola parola l’anima diuna regione.
L’arrivo invisita a Isnello, suo paese d’origine, del signor Impillitteri, sindaco di NewYork, rappresenta a prima a vista un capitolo a sé, ma, con lo scorrere dellepagine, si comprende come anche il successo di uno non riesca a costituire lasperanza di un riscatto per gli altri, non invidiosi, ma partecipi di una festache offre in tutta la sua crudezza la realtà della loro condizione, e se anchenasce un entusiasmo è poca cosa che rapidamente svanisce.
Levi haviaggiato in lungo e in largo per l’isola, ha toccato mete ridenti e cittàdall’apparenza moderna, ma che nascondono nelle periferie o al loro interno lavergogna di un mondo arretrato, misero, della miseria più nera, di genteaffamata, di bimbi scheletriti e in preda alla malaria, contrasti che sonotipici di quest’isola in cui si può passare da ville patrizie, con giardiniparadisiaci, a casupole di paglia, senza l’ombra di un albero, ingrigite dallapolvere che, quasi pietosa, pare tentare di celare
unasituazione di degrado che invece dovrebbe essere urlata, affinchè qualcuno,quello Stato così lontano, inerte, vi ponga finalmente rimedio.
Non c’ènessuna retorica nelle parole di Levi, c’è soltanto un cuore sdegnato che vibrad’amore; è questa la grandezza di questo autore, capace di vedere con gli occhie con il cuore, così che lui, che meridionale non è, non si presta alle faciliaccuse, alle tante volgarizzazioni del problema, ma cerca, trova, incide, apreallo sguardo del lettore una realtà che può anche riuscirgli insopportabilefino a giungere al sorgere di un sentimento di autentica pietà non fine a sestesso, ma congiunto alla rabbia per come tanti esseri umani sono trattati.
In questolibro c’è tanto del pensiero di Gesù Cristo, c’è quel desiderio di liberare glioppressi dal loro giogo per costruire un mondo migliore, e questo con l’unicaforza che è anche la chiave di ogni autentico rapporto umano: l’amore.
Nell’alternarsidi splendori e miserie l’autore dipinge quadri di stupefacente bellezza (Dietrodi noi, i neri scogli dei Ciclopi, e il mare che si faceva liscio e grigio epareva appiattirsi all’approssimarsi dello scroscio, come un gatto che aspettila carezza.) ( La luna, piena e rotonda, si era ormai levata in cielo,illuminando di fredda luce le colate di lava e i boschi. Già il mare brillavalontano di là da Fiumefreddo, e appariva meravigliosa nella distanza, sul marelucente, la montagna di Taormina. Le barche dipinte partivano per la pesca, ilumi delle lampare splendevano nell’acqua verde come scintillanticostellazioni.), una mano di straordinaria abilità che sa tuttavia ancheaffondare il bisturi nelle numerose e incancrenite piaghe di questa terra, dovetutto sembra possibile, tranne un radicale cambiamento.
Questo è unlibro da leggere e rileggere, le sue pagine sono da centellinare, un invitocontinuo alla riflessione, una sconvolgente realtà su cui è d’obbligointerrogarsi. Ritornano di continuo immagini, situazioni, perché queste parolesono pietre, che non rotolano via, ma scavano e restano nel profondo di noi.
Carlo Levi (Torino,29 novembre1902 – Roma, 4 gennaio 1975). E’ stato un grande scrittore e un nonmeno grande pittore. Ha scritto, fra l’altro, Cristo si è fermato a Eboli,L’orologio, Le parole sono pietre.