Nove brani strumentali prodotti dal primo producer dei Muse, Paul Reeve, con mastering agli Abbey Road Studios di Londra. Al basso, Colin Edwin dei Porcupine Tree.
Con Armonite siamo nella maniera del prog che incastra insieme diversi elementi. Il prog che assembla parti e stili di musica classica, rock, jazz, elettronica, world music e altri orizzonti sonori. Tuttavia Paolo Fosso, tastierista, compositore e arrangiatore, usa tutto questo per scolpire lo stile unico e omogeneo di Armonite. Con la supervisione di Paul Reeve, produttore di Muse, Supergrass e altri, e il mastering di Geoff Pesche avvenuto ai celebri studi di Abbey Road, il massimo della perfezione di questo sound viene racchiuso in un album vivace e colmo di dinamiche, melodie e architetture. Violino elettrico di Jacopo Bigi, basso di Colin Edwin dei Porcupine Tree e batteria di Jasper Barendregt, sono le colonne di questo “The Sun Is New Each Day”. L’album è una sequenza scorrevole, una sorta di poetica sonora che si evolve e sprigiona suoni, i quali assumono aspetti e umori sempre differenti. La pulizia del suono poi rende il tutto più armonico. “The Sun Is New Each Day” è completamente strumentale e dunque perdersi in queste maglie o semplicemente pensare, associare o immaginare a cosa riescono a portare questi suoni, è qualcosa di spontaneo. La musica in effetti ha il potere di spostare il pensiero, di lanciarlo altrove e Armonite ha prodotto un universo dove ospitare la mente.
Davide Ciao Paolo, ciao Jacopo. Cominciamo dal titolo, che è una massima di Eraclito. Il sole, quindi la vita è nuova ogni giorno. Perché questo titolo, cosa contiene di programmatico o riassuntivo rispetto ai 9 brani del disco, e come si concilia questa frase con la “vecchia” mente umana e tutto il suo fardello di passato e futuro, di memoria accumulata o di ansia per il domani? Paolo: “Il sole è nuovo ogni giorno” è l’aforisma di Eraclito che più ci rappresenta. Ricorda che nulla è permanente e non dovremmo diventare schiavi dei nostri pregiudizi. Jacopo: È tanto più vero in questi giorni di crisi economica: la povertà cresce, non c’è più lavoro, e quei pochi che ce l’hanno sono costretti a lavorare troppo e mal pagati. Siamo sicuri che questo concetto di lavoro non sia diventato obsoleto? Paolo: A questa stregua è meglio lavorare meno e quindi consumare meno, ma dedicare più tempo alla vita, all’arte, alla musica, alla famiglia, alla cultura, alla comunità.
Davide
Nonostante il titolo, la copertina sembra alquanto apocalittica, anzi post-apocalittica. D’altro canto il brano d’apertura si intitola “Suitcase War” e rimanda uno della mia età alla guerra fredda, alla vecchia valigetta nucleare che in realtà esiste ancora nella cosiddetta nuclear football del presidente degli Stati Uniti. Chi l’ha realizzata e cosa rappresenta concettualmente?
Paolo: Il francese AquaSixio (Cyril Rolando) aveva dato a questa immagine il titolo “Don’t trash your dreams”, un’esortazione tutt’altro che negativa: anche quando tutto sembra naufragare, ci restano le cose immateriali, tra cui i sogni. Che non è poco.
Jacopo: Noi abbiamo voluto sottolineare il senso relativistico. Il sole, ogni giorno, dà una luce diversa alle cose.
Paolo: Suitcase War è il brano più potente che avevamo e ci piaceva aprire senza mezzi termini. Abbiamo cercato un suono potente, moderno, aggressivo, ma anche curato. Suitcase war, “guerra delle valigette”, è la fregola degli uomini in ventiquattrore, quelli che cercano solo il profitto.
Davide
Perché avete scelto di fare un lavoro esclusivamente strumentale?
Jacopo: La musica strumentale non ha barriere linguistiche; è universale. E poi ci piaceva l’idea di rendere protagonista il violino, che è uno strumento molto versatile.
Davide
Vi sono alcuni titoli che rimandano a come l’umanità spende (o anche perde) il suo tempo. Le temps qui fait ta rose mi ricorda Il Piccolo Principe: “C’est le temps que tu as perdu pour ta rose qui fait ta rose si importante”… Die grauen herren, un titolo invece che mi ha fatto pensare agli uomini grigi di un romanzo di Michael Ende, Momo, feroce critica al consumismo, al tempo e al modo in cui il tempo viene impiegato nella società occidentale moderna. Qual è il vostro invito, che tipo di nuova società auspicate?
Paolo: Viviamo in una società che non valorizza i contenuti. Michael Ende se n’era accorto 40 anni fa. Ci stiamo svuotando,come i Signori Grigi di “Momo” che rubano il tempo agli uomini per darlo alle banche. Ma sono inconsistenti, come il fumo che suggono dalle loro sigarette.
Jacopo: Che il tempo sia prezioso è un’idea universalmente condivisa. Anche Tolkien scriveva “Tutto ciò che possiamo decidere è cosa fare del tempo che ci è concesso”.
Paolo: La frase tratta dal Piccolo Principe spiega che persone e attività diventano tanto più importanti quanto più tempo gli si dedica. Come società, cosa vogliamo valorizzare? Il profitto, gli affari e la burocrazia stanno già monopolizzando il nostro tempo.
Davide
Ci raccontate di voi, delle vostre precedenti o attualmente parallele esperienze nel mondo della musica?
Jacopo: Io e Paolo studiamo musica da quando avevamo 5 anni. Io mi sono specializzato in violino; Paolo, dopo i primi anni di pianoforte, si è iscritto a Composizione. Abbiamo una formazione classica, ma certo non possiamo definirci “classici”. Già adolescenti suonavamo in alcune band locali i generi più disparati, dai Beatles ai Dream Theater.
Paolo: Gli Armonite si formano nel ’96, ancora giovani e incolti studenti di conservatorio. Dopo il primo album “Inuit”, le nostre strade si dividono. Io ho lavorato nell’amministrazione musicale, Jacopo come violinista e insegnante di violino. Sentivamo l’esigenza di tornare giovani e incolti, e così abbiamo creato una nuova band, mutuando il nome dalla nostra vecchia.
Davide
Come avete incontrato Colin Edwin e l’olandese Jasper Barendregt e come descrivereste il loro apporto al vostro lavoro insieme a quello di Paul Reeve e di Geoff Pesche degli Abbey Road studios?
Jacopo: A Colin abbiamo mandato i pezzi da ascoltare. Mancavano le parti di basso, i suoni erano provvisori: avevano carattere di bozza. Ma a lui sono piaciuti. E così ci ha risposto che avrebbe registrato tutte le parti di basso. Per la batteria avevamo un’idea di drumming orientato al metal. In quel periodo eravamo in contatto con il bassista degli Haken e lui ci ha presentato Jasper. Era proprio quel che cercavamo.
Davide
Che significato date voi oggi al genere e al termine “progressive”?
Paolo: Il prog oggi è un genere codificato, a volte imbrigliato nei suoi cliché. Ci piacerebbe andare al di là delle etichette, anche perché a noi piace mescolare tutto. Ma la nostra idea di contaminazione non è una giustapposizione di generi. Al contrario, cerchiamo di convogliare tutti i generi in un unico sound.
Jacopo: Il “rock progressivo” dovrebbe avere ancora il senso che ha sempre avuto. Cito da Wikipedia: “progressione del rock a un livello maggiore di complessità e varietà compositiva, melodica, armonica e stilistica”.
Davide
Il grande poeta russo Aleksandr Blok scrisse che la musica è la più perfetta delle arti perché al massimo grado esprime e riflette l’idea dell’Architetto. La musica crea il mondo. È il corpo spirituale del mondo, l’idea del mondo. Cos’è per voi la musica?
Paolo
La musica, come il simbolo, parla a tutti e tutti possono viverla in base alla propria predisposizione. È intrinsecamente legata alla nostra essenza. I pitagorici parlavano di ethos, quella capacità della musica di muovere l’anima. Oggi la scienza conforta quelle intuizioni, tant’è che abbiamo finalmente accreditato la musicoterapia. E gli studi vertono sulla possibilità dei suoni di alterare fisicamente il corpo, in particolare le proteine. Quindi la musica è totale, anima e corpo, o “il corpo spirituale del mondo”, per dirla con Aleksandr Blok. Anche a me piace viverla così.
Davide
Cosa seguirà?
Jacopo
Abbiamo prodotto uno show che si intitola “The Soundtrack is New each Day – Colonne Sonore in Violin rock”, un arrangiamento originale di brani di musica da film e serie televisive, da “Game of Thrones” a “He’s a Pirate”, passando attraverso “Harry Potter” e “La Storia Infinita”. Questi brani sono già disponibili su YouTube; ne stiamo arrangiando altri. Poi penseremo al prossimo album; ma è ancora presto.
Davide Riccio, di Torino, educatore, musicista polistrumentista, compositore, scrittore e giornalista. Svolge l’attività di educatore. Ha pubblicato poesie e racconti su svariate antologie e riviste dal 1985 ad oggi.
Suoi libri: Povertissement (Genesi editrice, 2006), Sversi (Libellula Edizioni, 2008), Neumi – Cantus Volat Signa Manent (libro illustrato con cd musicale, Genesi editrice, 2011), Bowie.It – Italian Bowie (e-book Kult Underground, 2019), Solo a Torino (Albatros, 2019), Raccolti (Oedipus, 2019), “Poesie fuoriporta” (Campanotto Editore, 2019), La banca dei reincarnati (romanzo, Genesi editrice, 2021), Poi Sia (Genesi editrice, 2021), “Il Musico – Una storia ritrovata”, biografia di David Rizzio, prefazione di Sergio Soave (Genesi, 2022), “A qualsiasi titolo” (Genesi, 2022), “Italian Bowie – Tutto di David Bowie visto in Italia e dall’Italia” (Arcana, 2023).
Dal 1999 ha collaborato con quotidiani e periodici (Torino Sera, La Val Susa, Oblò). Dal 2004 scrive di musica e cura interviste con gruppi musicali e musicisti italiani e internazionali per la e-zine Kult Underground.
Dal 2013 ad oggi ha realizzato programmi radiofonici tematici come autore e speaker per la webradio torinese Radio Banda Larga, RadioArte e Webradio Network.
Dal 2010 ha curato o preso parte ad alcuni cortometraggi e lungometraggi di fiction e documentari come regista, autore o co-autore, attore o voce narrante. Suona e compone musica, ha pubblicato lavori come ospite, a nome proprio o con l’aka DeaR o in diversi gruppi e progetti. Suoi ultimi lavori sono il doppio cd “New Roaring Twenties/Human Decision Required” (New Model Label, 2021) e “Out of Africa” (Music Force, 2021), “Mon Turin” (Music Force, 2022), “DeaR me!” (2023).
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