Resonances è il primo album di DAP (Andrea D’Apolito), giovane cantautore romano dal sound eclettico, di stampo nordeuropeo.
L’album ha un sapore folk, indie nella misura in cui è stato prodotto in modo indipendente ed è caratterizzato da arrangiamenti raffinati ma allo stesso tempo altamente fruibili. Mentre il sound distintivo del disco fa da fil rouge tra le tracce, ogni brano gode di una sua identità ben definita. Ognuno incapsula un momento, un punto di vista, una tappa nella crescita personale dell’autore, che attraverso i testi in inglese non rinuncia mai a fornire al pubblico una tesi ben precisa. Resonances parla d’amore più che di storie d’amore, di un proprio modo di affrontare la vita.
Il suo progetto nasce nel 2010, inizialmente in versione acustica e solista, per poi arricchirsi nel tempo della collaborazione di altri tre elementi che oggi formano la band e il cui contributo va ben oltre il mestiere di musicisti. Al basso Toto Giornelli, al fianco di DAP sin dagli esordi, alla chitarra elettrica Claudio Toldonato e alla batteria Antonio Marianella. A completare il tutto le chitarre acustiche, il pianoforte e la voce di DAP, autore sia dei testi che delle musiche di tutti e otto i brani che compongono Resonances.
Il primo singolo scelto è Stand Back, definito dall’artista “..un bilancio che sembra negativo, fatto di sabbia che scorre tra le dita ma che allo stesso tempo lascia un segno positivo, perché quella sabbia si accumula e forma qualcosa di tangibile. Vede i suoi natali durante 5 minuti di un’alba di settembre, sul terrazzo del mio condominio, con Roma che stanca dal risveglio mi sorrideva con le sue tonalità calde.”
Molti anche i featuring, piccoli tocchi di classe condivisi con le voci femminili di Vahimiti Cenci e Sara Sileo, con la chitarra di Jorma Gasperi e Daniele Sinigallia, che dell’album è anche produttore artistico, con Alessio Magliocchetti Lombi che ha impreziosito Not Again con la sua National resofonica ed infine, su Stromboli, brano dedicato a uno dei suoi luoghi del cuore, con la tromba di Paola Fecarotta. Particolare attenzione è stata dedicata anche all’artwork dell’album, che include una selezione di Polaroid ispirate ai brani, scattate dall’artista stesso e proposte in un packaging semplice ma unico nel suo genere, assemblato manualmente.
Tracklist
1. Crossroads
2. Eye for an eye
3. Stromboli
4. Stand Back
5. Come when I call
6. Independence Day
7. Not Again
8. Pearl
Davide
Ciao Andrea. Chi è anzitutto DAP, come hai scoperto la musica e te stesso musicista, cantante e autore di canzoni?
DAP
DAP nasce come un’urgenza espressiva, un bisogno di tirar fuori in maniera diretta e naturale il succo di quelle esperienze che nella vita ti sfiorano o ti colpiscono come pugni. La musica l’ho scoperta in tenerissima età attraverso il pianoforte e la musica classica. Il bisogno espressivo ed il desiderio compositivo sono un risultato naturale dell’apprendimento di un linguaggio quale la musica. Ho iniziato da subito a creare piccole composizioni dapprima strumentali. Crescendo e con l’adolescenza arrivano la chitarra e più avanti ancora il canto. A quel punto si concretizzano le prime canzoni, ed i primi timidi tentativi da songwriter
Davide
Una lingua diversa è una diversa visione della vita, disse Fellini. Perché l’inglese?
DAP
Ho avuto la fortuna di vivere per 4 anni in gioventù in Germania, frequentando scuole americane ed europee. Lì ho formato il mio inglese da insegnanti madrelingua e in contesti in cui l’inglese era l’unica lingua parlata. Una grande fortuna soprattutto in giovane età, un momento in cui sei una vera e propria spugna! Anche i miei ascolti principalmente anglofoni e il mio interesse per le liriche mi hanno portato naturalmente a scegliere l’inglese come idioma per i miei brani. Una necessità espressiva quindi, non una scelta mirata ad adempiere particolari interessi o obiettivi.
Davide
Molto bello anche l’artwork. Hai usato una vera Polaroid o sono istantanee digitali? Ricordano l’approccio all’arte fotografica della lomografia, “non pensare, scatta!” Che significato ha, rispetto al disco, questo tuo lavoro fotografico?
DAP
Ti ringrazio! Sono molto soddisfatto dell’animo D.I.Y.O (do it your own) dell’artwork. Le foto sono tutte polaroid che ho personalmente scattato con la mia SX 70 anni 70! Ogni scatto è ispirato al brano che rappresenta. Volevo unire alla musica la mia passione per la fotografia, e in particolare la fotografia istantanea. Trovo riesca ad immortalare l’anima come pochi altri formati. In sostanza riproduce una realtà virata ed interpretata in maniera molto personale. Come poi fanno i nostri occhi. Ognuno percepisce i colori in maniera del tutto singolare.
Davide
Esistono molti tipi diversi di risonanza. Cosa sono le risonanze del tuo titolo?
DAP
Il titolo “Resonances” nasce dai brani stessi. Più che dei semplici pezzi o canzoni, sono, per me, mie risonanze, vibrazioni di esperienze di vita vissuta ed amore. Ogni storia, ogni azione suscitano in noi una reazione, una risonanza unica che percorre la nostra esistenza riverberando, variando anche quello che siamo nel profondo.
Davide
Quali autori o dischi in particolare hanno maggiormente contribuito alla tua, chiamiamola così, identità sonora?
DAP
In realtà ce ne sono diversi. Non amo fossilizzarmi su un unico genere. Ani Difranco, Jeff Buckley, DMB, Pearl Jam, Radiohead ma anche Tori Amos, Skunk Anansie, Stevie Wonder, Duke Ellington, Ella Fitzgerald, come Ravel, Debussy, Chopin! Tutto ciò che suscita emozioni profonde e che sia a mio parere bello.
Davide
Cos’è la voce, cos’è il canto per te?
DAP
La voce è uno strumento estremamente personale e potente. È una chiave in grado di aprire portoni insormontabili se usata con naturalezza e verità. È uno strumento facile e complicato allo stesso tempo, che richiede coscienza e conoscenza. In un certo senso cantare è autoaffermazione ed ha per me un valore molto più alto di quello che generalmente gli viene attribuito, eppure allo stesso tempo può essere spontaneo e leggero! Che sia sotto la doccia o all’auditorium la voce smuove, non a caso si dice: canta che ti passa!
Davide
Lo studio delle funzioni della musica sono da tempo un dibattutto problema musicologico: quale funzione consegni alla musica e quindi alla tua in particolare?
DAP
Oggi viviamo in un momento storico in cui l’arte è sempre più identificata con la leggerezza e l’intrattenimento. Soprattutto nel campo musicale e per le esperienze che ho avuto, si tende a valorizzare ciò che fa muovere le gambe piuttosto che riflettere ed elevare. La funzione che SPERO possa e riesca ad avere la mia musica fa parte di questa seconda categoria. Sarebbe bello riuscire a comunicare la mia verità attraverso i pezzi, verità su cui l’ascoltatore possa eventualmente sovrapporre la sua, spero porti ad un senso di innalzamento e riflessione, ciò che poi sta alla base della comunicazione profonda umana. Pretenzioso?!
Davide
Cosa seguirà?
DAP
Ci sono tante cose che bollono i pentola! Intanto concerti, concerti, concerti e promozione del disco! Stiamo già pensando alla registrazione di un EP! Nel frattempo la composizione di nuovi brani va avanti! insomma ne vedrete delle belle..
Davide
Grazie e à suivre…