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Animal Kingdom

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Eticamente scorretto, teatralizza una tragedia familiare in cui il protagonista è impotente, spettatore passivo di barbarie sino a divenire egli stesso mirino della follia. Il dramma e la tensione, unici elementi su cui poggia il film, furbescamente, alzano i toni attraverso silenzi, primi piani di volti atterriti, rallenty e suoni taglienti e in crescendo che enfatizzano e imprimono un senso di totale disfatta alla scena. Chi ha osato parlare di Scorsese forse dimentica che in Mean Street, l’unico film lontanamente paragonabile, il dramma è la conseguenza di una narrazione a tutto tondo, addirittura si è parlato di Tarantino, mai nulla di così diverso. Cinema da festival sì, ma troppo studiato, programmato nella sua digressione agli inferi. Un film che non ha respiro nella sua unitematicità e unidirezionalità, in cui si salvano una grandissima scena (lo zio pope che inietta una dose alla ragazza del protagonista) e un personaggio che rimarrà nella memoria per freddezza, crudeltà e incestuosità: la nonna interpretata da Jacki Weaver.

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