Interno borghese, divano, o meglio tavolo da pranzo. Il telegiornale scorre fra una cucchiaiata e l’altra, mescolando guerre, massacri in Africa, catastrofi naturali, al minuzie politiche di casa nostra.
Cossiga non entra nel partito che lui stesso ha fondato, poi ci ripensa. Bertinotti insiste sulle sue 35 ore lavorative a settimana. Un film finanziato con i soldi dello Stato (cioè nostri) verrà forse censurato.
Mastella litiga con Casini: c’è il rischio, cosmico, di una scissione del CDU.
Pare che la Democrazia Cristiana sia risorta dalle tenebre, con l’ausilio di un fulmine e di un infuso di sangue fresco: accorrono già colonie di pipistrelli.
Bossi parla.
Bossi straparla.
Il nuovo simbolo della nuova Alleanza Nazionale è una coccinella; mutazioni genetiche sono attese anche a Botteghe Oscure, anche se la base brontola da entrambe le parti ("’a ridateci ‘o baffone"?).
Tutto questo un giorno sarà descritto, illustrato, commentato con forbito linguaggio da politologi e storici. Certamente siamo nel mezzo di un cambiamento epocale, di una congiuntura strutturale, di un cruciale snodo di fine secolo; ma quelle statuine da presepe, che ammiccano a tutte le ore del nostro moderno focolare1 domestico, si provocano ormai solo un sorriso di compatimento, e l’irritante sensazione di essere immersi in una farsa, una (tragica) commedia degli equivoci "à la Feydeu".
Ci dicono che sono finiti gli Anni Settanta, è finita la guerra civile delle idee, insieme alla rabbia, la violenza, l’odio, il rifiuto: e questo è senz’altro un bene.
Ci dicono che sono finite le ideologie, e forse anche questo è un bene, se le intendiamo come fede incrollabile in un sistema di valori, o in un sistema filosofico, considerato fisso è immutabile; mentre il pensiero deve potersi evolvere, come ci fa supporre lo stesso metodo dialettico di Hegel e dell’economista Marx (anche se probabilmente il compagno Bertinotti non è d’accordo).
Le sovrastrutture rigide opprimono la libertà di analisi storica, la ragione dell’individuo, e deformano la visione del mondo, comprimendo le immense potenzialità del giudizio umano in canali prestabiliti.
Purtroppo, però, insieme alle ideologie sembra che siano crollate anche le idee, e questo non credo possa essere considerato un bene.
Giusto, anzi sacrosanto, il rifiuto dei vecchi mestieranti della politica, del loro linguaggio cifrato; giusto e sacrosanto il desiderio di novità, di freschezza, di efficienza tecnica; ma le idee, e un minimo di "sapere" politico, restano sempre i mattoni del castello, sono indispensabili anche per decidere le priorità dell’azione… e per non scivolare nella pappa della pura demagogia, dell’indecisione, degli interessi personali e delle personali ripicche.
Qui la riflessione si interrompe e si rivolge un sospiro alla memoria di Giolitti, Turati, De Gasperi, Gramsci, Don Sturzo, Einaudi, Pella, Croce, Calamandrei, Togliatti (così lungimirante), Nenni, Saragat, Ugo La Malfa.
Chissà, fra vent’anni, cosa penseremo di D’Alema, Prodi e Berlusconi.
Intanto le immagini scorrono, le facce saltellano qua e là, gli originali e gli imitatori non si distinguono, e l’effetto di straniamento aumenta.
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Riflessioni in coda al TG
Lorenza Ceriati
Vedi "Indietro tutta" di Arbore