Capitolo XXXI
Il guardiano riposava lievemente nella sua postazione, nella guardiola poco dopo la vetrata blindata che separava il sontuoso ingresso dall’esterno. L’ora era tarda, ed erano da escludersi attacchi da parte di teppisti o piccoli malintenzionati , che temevano l’effigie da cui era protetto e che avrebbe dovuto proteggere a sua volta. Da fuori giungevano i rintocchi della pioggia che senza sosta continuava a cadere, inframmezzati dal frastuono di sporadici mezzi pesanti che lentamente pulivano le strade , cercando di salvare le apparenze di una città espansa fino all’inverosimile… molti anni prima, decenni se non secoli orsono , sembrava che il fenomeno delle megalopoli avesse vissuto una fase di recesso , nella quale le persone , temendo la sovramortalità urbana e constatando lo sviluppo dei servizi anche all’interno dei nuclei più esterni della comunità, avevano iniziato a preferire una vita più distaccata dall’ambiente malsano delle città : tuttavia, col susseguirsi delle guerre, specialmente quelle più totalizzanti , e con la degenerazione del tessuto sociale che portò in breve tempo ad una generalizzata inflazione demografica, la megalopoli visse una seconda era di tragici fasti: se un tempo la città era sinonimo di opulenza e speranza, se perfino canzoni venivano ad essa dedicate, ora il degrado aveva preso il posto dei sogni della popolazione, che continuava ad ammassarsi nelle bidonville che sorgevano ad inglobare l’hinterland delle varie città , creando agglomerati urbani che non si era più in grado di contenere o gestire. Non c’erano più libri di sociologia o di storia ad insegnare le problematiche urbanistiche, a ricordarle come la base della fine dello sviluppo sociale per tutto il mondo, compresi i paesi che ancora avevano l’ardore di proclamarsi sviluppati : era andato tutto perduto, si pensava a sopravvivere, null’altro, mentre le corporazioni cercavano di accaparrarsi quanto più potere possibile ; molti iniziavano a chiedersi cosa effettivamente ci potesse ancora essere da prendere, in un mondo in cui le geografie erano state deformate dai missili transoceanici a testata N , in cui la finanza era un concetto lontano, e l’economia mondiale era stata sepolta sotto le macerie e i cadaveri dei soldati.
Sfogliando distrattamente una vecchia rivista , gettando uno sguardo di tanto in tanto ai monitor che sondavano il perimetro esterno del palazzo, il guardiano si domandava se da bambino le terre emerse erano le medesime, si sforzava di ricordare i discorsi del nonno , quando lo prendeva sulle ginocchia e gli raccontava di un periodo di pace abbastanza lungo perché i prati iniziassero nuovamente a germogliare a primavera , forti per una Natura che non voleva ancora soccombere alle piogge acide , che ancora si ergeva maestosa nonostante le ferite mortali ne minacciassero l’andatura. Girando una pagina, cercò di richiamare alla memoria quell’immagine, che forse non aveva mai visto con i propri occhi, di un prato lontano , screziato da semplici fiori gialli e viola , mentre il cielo riappariva finalmente dalle nuvole lontane, come una apparizione maestosa da un lontano passato . Fece appena in tempo a indirizzare lo sguardo negli angoli bui della sala per vedere una figura imponente , il viso divorato dall’oscurità, che gli puntava contro un fucile di grosso calibro.
" Come diavolo sei entrato…!" Sussultò sulla sedia, facendo balzare i piedi da sopra al tavolo per terra malamente, e ponendo istintivamente la mano all’arma di ordinanza.
" Non penso sia una buona idea …" Fece la figura nell’oscurità, indicando con la canna del fucile la pistola : " La metta via, e si sieda. Può anche dare l’allarme, sempre che lei voglia avere delle vite sulla coscienza :per me è irrilevante, e non basteranno certo le milizie dell’Arcam a fermarmi. Prima però mi dica dov’è l’ufficio di Kage."
Gettando la pistola lontano nell’ingresso, facendola lentamente stridere sul pavimento mentre questa perdeva in velocità a causa dell’attrito , il guardiano indicò la sezione di appartenenza della persona richiesta .
" La ringrazio…" gli rispose l’individuo voltandosi , mostrando una sacca ripiena di armamenti che pareva troppo pesante perché un uomo normale la potesse trasportare. : " Ha figli, nipoti ?" Continuò incamminandosi verso le scale che conducevano verso i piani superiori .
" Si, si , ma cosa importa?" ribatté il guardiano, preoccupato per eventuali ritorsioni.
" Dia l’allarme subito, e se ne vada . Avrà fatto il suo lavoro , e potrà tornare dalla sua famiglia. Se lei resta, probabilmente morirà. Non potrò tenere conto di tutte le persone che mi attaccheranno , ma avendone la possibilità con lei, la invito a scegliere di tornare a casa."
" Perché? " domandò allibito , mentre l’uomo iniziava a sparire nel buio.
" Lo prenda come una sorta di ringraziamento per avermi dato le informazioni che cercavo; inoltre, non sono una macchina assassina, non amo uccidere." Il suono dell’allarme iniziò ritmico , mentre i passi veloci e circospetti delle milizie di difesa si faceva sempre più rapido.
Dalla sezione seconda non arrivavano più rumori d’arma da fuoco : a quanto pareva , un uomo si era introdotto all’interno del palazzo, e stava risalendo velocemente i piani dell’edificio , probabilmente in direzione della settima sezione. Fino a quel momento la situazione era apparsa piuttosto critica per le truppe: sebbene preparate alla guerriglia e potenziate geneticamente in maniera da essere quanto più pronti possibili, il nemico si muoveva con velocità e precisione ancora maggiore. Le paratie in pesanti leghe potenziate che garantivano una resistenza sconosciuta alle costruzioni comuni , sebbene scattassero immancabilmente ad ogni passo in più mosso dall’unità nemica non resistevano che per pochi minuti alle armi che aveva in possesso.
Le milizie di difesa accorrevano cercando di accerchiare la preda, ma il tempo passava e i morti continuavano ad ammassarsi unilateralmente all’interno dei corridoi bui, rischiarati dalle deflagrazioni delle armi : tra i soldati iniziava a serpeggiare il timore di non avere un nemico abbattibile seguendo canoni normali. Ci si iniziava a domandare con frequenza sempre maggiore chi fosse, mentre dall’alto non giungeva alcuna spiegazione, ma solo l’ordine di cercare di arrestare quanto più possibile l’ascesa ai piani superiori.
All’imboccatura della terza sezione i soldati si erano appostati in silenzio ,avendo modo di udire le grida agghiaccianti che provenivano dai piani inferiori : l’unica via di accesso per le zone superiori passava da lì, sfociando da una rampa di scale in un lungo corridoio. Le truppe aspettavano , erano pagate per farlo : nella penombra dovevano continuare a tenere sotto tiro l’entrata , cercando di scorgere ogni movimento per minuti senza fine , spesso per ore, mente il mondo esterno doveva essere cancellato, fino a diventare una cosa sola con la propria arma, col sudore ad imperlare fastidiosamente la pelle, non tanto per l’agitazione, quanto per i muscoli, costretti in un’innaturale immobilità.
Il silenzio esplose per alcuni minuti , iniziando ad allarmare le truppe : in un contesto dove il rumore può essere un segnale rassicurante, la quiete giunge come la fine delle speranze di rivedere i propri compagni vivi . Un cenno da parte del comandante , ed un piccolo distaccamento iniziò a farsi avanti nell’oscurità del corridoio , ognuno cercando di coprire gli angoli morti dell’altro , con i battiti del cuore che si amalgamavano ai passi veloci , fino a raggiungere l’imboccatura che dava sulla rampa di scale. Giunti al punto convenuto , non passò molto tempo perché ci si accorgesse della ragione del silenzio: le squadre alfa e beta giacevano sulle scale, un mucchio di cadaveri falciati probabilmente da un’arma di grosso calibro a ripetizione: molti erano a terra col dorso verso l’alto , segno che stavano cercando di fuggire, con ogni probabilità da qualcosa di spaventoso.
" Cristo…ma contro che diavolo ci hanno mandato a combattere ?" Sussurrò uno dei soldati , tenendosi lontano dalle scale e passandosi una mano a detergere il sudore che ne bagnava il viso.
" Non ne ho idea, e non lo voglio sapere …" gli fece eco il suo vicino : " Comunque, se ci sono morti fino a qua su , vuol dire che è piuttosto vicino … Quindi occhi aperti ragazzi , e tirate fuori le munizioni corazzate: se non lo sono riusciti a buttare giù con i proiettili normali , non penso che ci sia altra soluzione. Non ho gran voglia di morire anch’io sta notte, vediamo di fare il nostro lavoro in maniera pulita e di portare a casa la pelle."
" A proposito , la sotto tra i cadaveri c’è qualcosa che si muove, forse è un ferito…"
" E’ troppo pericoloso, probabilmente il bastardo ci sta tenendo già sotto tiro, se ci esponessimo troppo saremmo morti. Continuiamo a sorvegliare quest’area , e appena arriva facciamogli la festa: a questo punto mi pare ovvio che sia un cyborg di quelli duri a morire . Un paio di questi piccolini nelle giunture , e sicuro come il diavolo che possiamo usare le sue braccia come portacenere. Inoltre, anche le loro armature hanno un limite di resistenza: per arrivare fino a qua se ne deve essere presi , di colpi. Continuiamolo a bersagliare, e prima o poi cederà. "
Poco dopo , il più giovane del gruppo fece segno di osservare la pila di cadaveri : sembrava che si stesse muovendo , sollevando : " Che diavolo succede ? " Gridò : " Forza sparpagliatevi in due gruppi, voi state sulla sinistra , tenente sotto tiro quel cumulo di cadaveri ! " Ciò che da lì a poco accadde fu una visione orrenda: dai morti , completamente ricoperto di sangue e da brandelli di carne, si stava alzando una figura imponente che reggeva con una mano un Vulcan mk-21 , mitragliera a ripetizione che solitamente è installata su macchine da guerra, e con l’altra due cadaveri come fossero fuscelli od insetti.
" Cristo!" Imprecò furiosamente un soldato : "Cristo ! Sparategli, abbattetelo!"
Tuttavia, la visuale fu oscurata dai cadaveri, che vennero lanciati violentemente all’interno del corridoio, mentre la figura avanzava sulle scale, il Vulcan spianato e pronto a far fuoco .
" Non avete sentito , cosa diavolo state aspettando!" E le detonazioni dei fucili iniziarono a rimbombare fino a raggiungere il distaccamento che stava attendendo alcune decine di metri più indietro. Anche i proiettili corazzati non sortirono l’effetto desiderato: sebbene sotto l’incessante pioggia di colpi , la figura continuava ad avanzare senza sosta.
" Indietreggiate, indietreggiate! Continuate a tenerlo sotto mira. Sparate!" Si urlavano a vicenda i soldati
" Non gli fanno niente ! Non c’è niente da fare!"
" Piantala, mira al volto , staccagli la testa al bastardo!"
" Non succede niente , non succede niente, non è un maledetto cyborg, non può esserlo."
" Indietro , indietro ragazzi , raggiungiamo gli altri , hanno armi più pesanti, forza!"
I bossoli e i caricatori ormai riempivano il pavimento del corridoio : mentre i soldati cercavano di chiudere la ritirata , l’ombra oscura del nemico li prese alle spalle: tuttavia non pareva aver intenzione di aprire il fuoco , almeno non ancora. Si limitava ad avanzare , ostentando le sue armi , monito di una volontà a procedere che avrebbe schiacciato qualsiasi resistenza.
Serrati nuovamente i ranghi dopo essersi ricongiunti con le truppe da cui si erano precedentemente dipartiti , i soldati iniziarono il loro concitato rapporto , asserendo l’impossibilità di arrestare la corsa del nemico , anche utilizzando proiettili dotati di potere distruttivo più potente e colpendolo ripetutamente .
" Signore ," iniziò uno dei soldati : " con le armi che abbiamo a disposizione non c’è speranza : anche tentando un attacco simultaneo , i risultati sono stati inesistenti . Sarebbe più prudente richiamare quelli delle altre sezioni, in maniera tale che almeno loro riescano ad attrezzarsi in maniera più efficace. Un attacco diretto nelle nostre attuali condizioni equivale ad un suicidio."
Da lontano la figura puntò in direzione delle barricate la sua arma: la raffica fu spaventosa , sfasciò in gran parte le difese fisiche della zona, ma già le truppe si erano messe al riparo nell’incavo dei muri: pochi secondi dopo la raffica , l’uomo parlò : " Arrendetevi, non ho tempo da perdere. Se vi fate da parte senza cercare di bloccarmi , potrete tornare a casa vivi. In caso contrario morirete, in quanto non potete fermarmi. Prendete la vostra decisione."
Tra le file serpeggiava la paura, mentre molti premevano sul comandante per una ritirata, almeno momentanea, in modo tale da riuscire ad equipaggiarsi in maniera più appropriata. " Non possiamo ritirarci , ragazzi, abbiamo un compito da svolgere…" Proferì il comandante a voce bassa.
" Ma Signore , quell’essere da solo ha annientato le squadre alfa e beta , è finito sotto una pioggia di proiettili corazzati senza riportare alcun danno…Finiremo tutti uccisi per niente: la prego , ci rifletta bene. Lo potremmo lasciare passare, mentre una parte di noi si dirige al centro comunicazioni per avvertire le unità vicine e l’altra va ad ottenere il supporto bellico necessario…" Lo contraddisse un soldato.
" Guardalo!" lo indicò il comandante " Quella cosa è sporca da capo a piedi del sangue dei tuoi compagni . Tuttora ci sta tenendo sotto tiro , aspettando solo di ucciderci tutti . Credi forse che non abbia fatto la medesima proposta alle truppe dei settori precedenti ? E allora perché sono morti tutti ?"
" Forse perché anche la sotto i comandanti hanno dato ordine di attaccare!"
" Mi stai chiedendo di fidarmi di quello? " il comandante lo riprese allibito, osservando di sbieco nel corridoio.
" No, le sto chiedendo di darci l’unica possibilità per salvarci da questa situazione. Le nostre armi sono inutili , non possiamo bloccarne l’avanzata. "
" Dannazione…" inveì contraendo fino a provare dolore i muscoli del viso e battendo il pugno sul muro: "…D’accordo…statemi a sentire : faremo come ha detto Lachian. Però non possiamo gettarci nella ritirata senza prendere delle precauzioni, dandogli la schiena . Il piano è questo : dobbiamo raggiungere il cuore della sezione tre al più presto possibile , in modo da fare scattare le serrande all’interno dei tunnel di collegamento con le altre sezioni: in questa maniera rimarrà bloccato per un po’ di tempo, dandoci modo di raggiungere sala comunicazioni e quant’altro. Il problema è che non sappiamo quanto siano funzionanti i suoi organi ricettivi, quindi dobbiamo muoverci con la massima circospezione e velocità. Ed evitate azioni in solitaria , soprattutto se sono tese ad attaccarlo."
Dall’altra parte del corridoio, la sventagliata di Vulcan venne preavvisata dal suono sordo del grilletto e dell’ammasso di metallo che lo componeva che veniva issato : " Avete preso un’ottima decisione a farmi passare, ma gradirei che evitaste di sbarrarmi la strada con quelle inutili barriere : sebbene abbia ancora innumerevoli cariche di C4-S , vorrei impiegare il mio tempo in attività più proficue. Per non imbarazzarvi ulteriormente , vi do cinque minuti per fuggire e mettervi al sicuro : con questo intendo dire che fra poche ore questo palazzo verrà raso al suolo. Se al mio passaggio ci sarà ancora qualcuno di voi dietro le barricate, verrà ucciso senza ripensamenti. Ora muovetevi."
" Ma come diavolo ha fatto a sentirci …" allucinato , il comandate iniziò a domandare ai soldati.
" Non è il momento di chiedersi questo, dobbiamo scappare. Allontaniamoci presto!"
Il corridoio rimbombò dei passi dei soldati , che nel buio correvano al riparo.
" Finalmente ci rivediamo, Iafet …" La porta dell’immenso attico che fungeva da ufficio per Kage si era spalancata improvvisamente , mentre al di fuori si udivano ancora le esplosioni che cercavano di fermare l’Angelo. Al di fuori della stanza le macerie ricoprivano l’intero pavimento assieme all’intonaco mischiato al nero sangue dei cadaveri e ai bossoli che continuavano a rimbalzare sul corpo di Benares.
Kage prese in mano un interfono, collegato agli altoparlanti di tutta la costruzione , e attivandolo disse : " A tutti i soldati, cessate immediatamente l’attacco, ripeto: cessate immediatamente l’attacco ." Quindi, bloccandolo si rivolse nuovamente al nemico : " Così possiamo parlare con più tranquillità , non credi?" Sorrise, mostrando la sedia a Benares che ansimava grondando sangue sul pavimento, mentre questo estraeva il suo coltello da guerra dalla custodia, facendo franare il Vulcan a terra con un tonfo sordo.
" Immagino che questa sia una dichiarazione di guerra, si? Ma cosa pensi di ottenere venendo qui, distruggendo questo posto e uccidendo i nostri soldati come formiche? Vuoi vendicarti di noi, o che altro? E’ terribilmente patetico, piuttosto imbarazzante per un guerriero come te, noto fino a qualche anno fa in tutti gli ambienti militari per la sua freddezza e la sua capacità. Che forse l’unità Iafet ti abbia fatto perdere il vecchio smalto? Oppure è stata la vita in famiglia con tua moglie? Dovresti ringraziarci per averti fatto tornare ad essere il vecchio guerriero che eri."
Serrando i denti e il coltello , avvicinandosi minaccioso e afferrandolo con forza all’altezza del petto , sibilò : " Voglio delle informazioni. Quindi , ti ucciderò. Infine raderò al suolo questo palazzo, e non per vendetta. Sarà di monito per i vostri leccapiedi o per i vostri emuli : sarò il vostro carnefice, se proverete ancora una volta a mettervi contro di me, questo è il mio messaggio . E non nominare mai più mia moglie, se non vuoi che ti smembri ancora più lentamente di quanto ho già deciso che farò."
" Certo, è proprio per questo che ti avevamo scelto. E sentiamo , che informazioni vorresti ?" Disse, cercando di scostare il braccio che lo teneva bloccato con scarsi risultati.
" Inizia col dirmi chi vi ha dato le coordinate per la locazione esatta dell’Arca."
Kage iniziò a ridere di gusto, e alzandosi dirigendosi verso la vetrata che mostrava il duro profilo della città, dichiarò : " Sei proprio uno sciocco: avevamo a disposizione la brillante mente di George Blake , che ha dedicato molto della sua vita nella ricerca dell’Arca. Diciamo che la sua collaborazione è stata fondamentale…"
A questa affermazione , fece eco una risata di Benares, il cui riflesso incombeva minaccioso nella vetrata verso cui Kage stava guardando . Avvicinandosi da dietro, replicò : " Hai ragione, sono proprio uno sciocco…" Dopo aver finito la frase afferrò il cranio del suo interlocutore e sbatte il suo volto duramente contro la parete: il rumore delle cartilagini del naso che si rompevano fu inequivocabile . Kage si buttò per terra, mentre fiotti di sangue uscivano senza sosta dal naso . Benares continuò : "Si, sono proprio uno sciocco: mi ero dimenticato di dirti che non tollero tentativi di depistaggio. Alla prossima menzogna , preparati a perdere un braccio. Prima che voi mi rapiste, sebbene mi fossi ritirato dalle azioni di guerra vere e proprie, avevo comunque mansioni all’interno di alcuni corpi speciali, e nel nostro ambiente il nome di Blake è certamente più famoso per le ricerche genetiche che per quelle archeologiche : a quanto risultava , aveva sì speso ingenti fondi e tempo alla ricerca dell’Arca, ma i risultati erano sempre stati piuttosto modesti, almeno fino a quando non si è riparato al caldo dell’ala protettrice dell’Arcam. Dubito che un paio di attrezzature più all’avanguardia abbiano fatto la differenza: allora, chi vi ha dato l’ubicazione dell’Arca. "
" E pensi che sia così semplice? Irrompere nell’edificio , sterminare le truppe e pretendere risposte?" Kage parlava stentatamente, cercando di tamponare al meglio la ferita : " Non ho l’autorità per rispondere alle tue domande."
" Non è un mio problema, la vita appesa ad un filo non è la mia."
Col sangue che non accennava a smettere , Kage lo irrise nuovamente : " Credi davvero di potermi uccidere? Ragazzo, tu non sai contro chi hai mosso guerra. Io sono troppo importante per loro perché lascino che io muoia. "
" Perfetto, inizia a spiegarmi chi sono quelli che dovrebbero proteggerti."
" Sono coloro che dominano la Terra da quando questa si è generata. Sono il nostro Dio, i creatori degli Angeli, la stirpe di Olam Gevul. "
Sollevandolo di peso , non mostrando riguardo alcuno , gli intimò : " Portami da loro. "
" Ti uccideranno. Ti hanno creato , e conoscono certamente il modo di distruggerti. " sentenziò.
" Dove sono? " lo zittì.
Kage , indicò la zona dell’ascensore che guidava ai piani bassi : "Hai ancora bisogno di me, senza l’analisi del mio Dna, l’ascensore non ha accesso alla sezione che ti interessa."
Dopo i primi controlli, l’ascensore partì silenziosamente, mentre la città scorreva immobile al suo esterno.
Il computer aveva più volte fatto notare l’anomalia ai passeggeri dell’ascensore privato: l’accesso alla sala non era consentito a più di una persona , l’udienza non era concessa, si stava contravvenendo alle regole più basilari della riservatezza mettendo a conoscenza della zona una terza persona. Fu appena dopo aver sentenziato che i sensori iniziarono ad avvertire pesanti colpi alle pareti esterne che separavano la sala dall’ascensore medesimo : i colpi non ebbero fine fino a che le porte non vennero sbalzate via, divelte violentemente, divorate nel buio della sala.
" Sta per arrivare, aspetta…" rispose Kage ad un occhiata maligna di Benares : effettivamente, pochi secondi dopo, l’imponente figura di Uriel volteggiava a pochi metri da loro , osservando sia l’Angelo che l’uomo al suo fianco con immenso disprezzo.
" E così sarebbe questo il creatore degli Angeli, colui che ti ha dato le informazioni per arrivare a quest’abominio…"
Non prestando attenzione a cosa Benares stava dicendo, Uriel iniziò a riprendere Kage : "239, Come hai osato portare costui nelle nostre stanze? Ti era stato proibito di parlare a qualsiasi persona della nostra esistenza : come appartenente alla nostra progenie terrena, la stirpe di Ish Gabbor , ti sono stati attribuiti privilegi, ma anche doveri, che non hai rispettato. E allora perché non invochi clemenza? Come puoi comparire in questo sacro luogo, insozzandolo perfino del tuo impuro sangue?"
" Iafet , quell’essere è colui che mi ha dato le informazioni che cerchi. Puoi farne ciò che vuoi , da lui otterrai le informazioni che cerchi: io ho ottenuto da lui tutto ciò che volevo. "
" Con piglio di sfida ti pari davanti a noi, misero scarto? Angelo , sono io che ti ordino di uccidere quell’uomo. Fallo , e potrai entrare nelle mie grazie , adorando il tuo creatore come ti si conviene."
Kage azzittì la creatura bruscamente, replicando trionfante:" Non può uccidermi, come numero 239 sono il punto finale dell’evoluzione della stirpe. Dio ha impiegato secoli interi per arrivare al perfezionamento definitivo della mia stirpe, e come tu dicevi , mi ha accordato diritti, quali la sua protezione: ha già inviato un suo messo per proteggermi."
Il ghigno metallico della creatura risuonò orrendo per tutta la sala : " Si vociferava già da tempo che avresti potuto tradirci. Ti abbiamo studiato da quando sei nato come appartenente alla stirpe di Ish Gabbor , e la tua propensione a colpi di mano non avrebbe certo giustificato la possibilità di lasciarti in vita così a lungo, se non fossi stato un ottima base biologica su cui creare un migliore numero 239."
Kage impallidì : " Cosa stai farneticando? Io sono il punto più alto raggiungibile, non potete aver sviluppato ulteriormente il progetto. Le scritture non possono mentire a riguardo…"
" Perché no, se il massimo raggiunto risulta perfettibile ? Eva è il nuovo numero 239, colei che darà alla luce la nuova discendenza che governerà il mondo non appena gli ultimi due angeli saranno sotto il mio controllo ed attiveranno l’unità Bresakr. Tu sei da sempre un fantoccio, a cui abbiamo dato abbastanza informazioni grazie alle quali tu non avessi necessità di fare domande inopportune e non ti insospettissi, mentre noi cercavamo di far evolvere Eva e definivamo il ruolo di terze persone di nostra fiducia con cui tu potessi ordire la tua congiura. E per quanto riguarda il messo … Sem , vieni avanti."
Da parete che appariva molto lontana, si aprì lentamente una porta: da essa , con passo solenne, uscì Rama. Muovendosi lentamente, si andò a inginocchiare presso la figura di Uriel : " Sono al suo servizio , mio Signore."
" Rama, ma cosa stai dicendo?" Esclamò Benares alla vista del compagno.
" Lord Uriel, quali sono gli ordini?" domandò Rama, ignorando Benares.
" Uccidi il numero 239 , e poi conduci a me il terzo Angelo."
Annuendo servilmente , iniziò a dirigersi minacciosamente verso Kage, che stava indietreggiando, conscio di non avere più alcuna speranza: la fine di un’ambizione sfrenata rendeva gli ultimi momenti ancora più terrificanti.
Federico Mori
Benaresyama