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Inside man

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Per me un film è prima di tutto una storia e un grande film è una grande storia diretta da un grande regista. A mio parere “Inside man” non è un grande film, nonostante Spike Lee sia un grande regista. La storia è buona, la rapina “anomala” è ottimamente congegnata e reggerebbe da sola un film anche senza le storie degli uomini che le ruotano attorno, più interessanti per i miei gusti. Cosa manca a “Inside man” per essere un grande film? Forse non è il film per Spike Lee, ancora troppo legato ai cosiddetti “film neri” per dare il suo tocco ad una storia presumibilmente meno sentita. Non bastano le rotazioni della macchina da presa o l’idea del montaggio non sequenziale a far fare il salto di qualità a “Inside man”; ho addirittura avuto la sensazione che Spike Lee stesso si sia trovato ad un certo punto imbrigliato in una storia e in una sceneggiatura nelle quali non riusciva ad immedesimarsi (si tenga presente che il film era inizialmente destinato a Ron Howard, sicuramente più consono a questo genere “generico”). Beh, tutto ciò non fa fare bella figura a Spike Lee, la mancata riuscita di “Inside man” mostra i suoi limiti che, ad esempio, ne “La 25a ora” non erano emersi così vistosamente perchè quel film, soprattutto le atmosfere notturne ed i personaggi della criminalità, era comunque più vicino a lui di quest’ultimo. A tratti emerge, un po’ banalmente, lo Spike Lee attento ai diritti sociali, si veda ad esempio la protesta dell’impiegato col turbante durante l’interrogatorio, e non mancano i clichè, come la mogliettina nera del protagonista che lo aspetta a casa come una pantera vogliosa o la “negoziatrice” piena di sè (Jodie Foster) in tailleur e tacchi alti.
Ma cosa succede in “Inside man”? Nell’atrio di una grande banca di Manhattan sta per iniziare una rapina che apparentemente sembra perfetta. All’inizio del film Dalton Russel (l’ascendente Clive Owen) spiega “una sola volta” che la sua è stata una rapina perfetta, niente è stato lasciato al caso. Così sembra, in effetti. Una volta presi gli ostaggi i rapintaori si barricano all’interno della banca e il negoziatore della polizia Keith Frazier (Denzel Washington) non riesce a venirne a capo, pressato anche dall’assoluta necessità di fare un buon lavoro per uscire pulito da una inchiesta interna per appropriazione indebita di denaro. A rendere più delicato il suo lavoro si intromette Madeleine White, una misteriosa donna d’affari che lavora nell’ombra per conto del presidente della banca, che sembra aver qualcosa da nascondere proprio all’interno della banca, addirittura con l’avvallo del sindaco. Tra flashback e supposizioni il film arriva alla fine, ma il finale è assolutamente da tenere segreto perché vale tutto il film.
Insomma un “classico” robber-movie, con una sceneggiatura originale sia pure con qualche imprecisione e banalità, ma manca l’affondo nei personaggi, se questa era l’intenzione di Spike Lee. La fotografia, differenziata a seconda dei momenti, più “calda” per gli interrogatori, convenzionale per le altre scene, è insieme col montaggio il punto di forza di “Inside man”, un film dove, Denzel Washington a parte, gli attori non sono particolarmente brillanti.

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