La Biblioteca dei Morti, romanzo d’esordio di Glenn Cooper, newyorkese, classe 1953, pubblicato in Italia in una edizione di tutto rispetto dalla Nord, è uno di quei testi che lasciano perplessi. L’idea che sorregge l’intera narrazione (che si sviluppa con una gradevole alternanza di flash su epoche differenti), e che propone una variante sul segreto dell’Area 51 che NON coinvolge gli alieni, può non essere malvagia (siamo davanti a un Death Note al contrario, senza i cerebralismi di questo, ottimo, manga).
La struttura complessiva, che si dipana facendo muovere vari personaggi più o meno importanti, portando ad aggiustare il focus sul protagonista, il profiler dell’FBI Will Piper, solo man mano che si procede, in astratto è curata e ha una certa calibratura.
E, ammettiamolo, si può aggiungere pure che il libro è page turning (difficilmente ci si impiegherà più di qualche giorno a finirlo, nonostante le 440 pagine circa) e che il finale riesce anche a riservare sorprese (buone, guarda caso, per il seguito, di recentissima pubblicazione anche in Italia).
Solo, beh, qualcosa ugualmente non funziona del tutto, e nonostante il complessivo apprezzamento per un lavoro di ampio respiro, non ci si può esimere da qualche breve critica, amplificata dal paragone inevitabile con altre opere (anche italiane) di simile struttura.
Molti personaggi sembrano infatti “strani”, vari sono i dialoghi un po’ forzati, e capita più volte che le singole situazioni lascino un po’ di amaro in bocca.
Intendiamoci, è un bel libro, nel complesso. Che però, a mio avviso, patisce nelle singole pagine, nelle singole figure. Lo stesso Piper sembra, psicologicamente, in parte “storpio”. Tanto che in alcune pagine sembra quasi un abbozzo da finire. Come se fosse stato creato da un italiano che l’ha ritagliato dai propri ricordi da film e telefilm. E a lui si aggiunge, o volte cliché dei cliché, pure Mark Shackleton, coprotagonista “secchione” (con la sua pupa Kelly) che – tah dah – riesce a fare uscire dal più controllato degli antri segreti governativi il più segreto dei dati – usando lo stesso metodo usavano (e che non usano direi più…) i corrieri della droga di tutto il mondo.
Lo ammetto, è facile che questi commenti siano derivati da aspettative molto alte (il libro è paragonato su molti siti ai “classici” di Dan Brown, ma qui sembra che lo studio delle ambientazioni sia più debole) e dal contrasto con richiami letterari che quest’opera ha, ignorando (o anche solo relativizzando) i quali, tutto torna sotto una luce differente. E La Biblioteca dei Morti torna ad essere un qualcosa da consigliare, chiaro, agli appassionati del genere, e da cui prendere appunti, se queste cose vi interessano, per lo sviluppo di una trama, ambiziosa e accattivante, che si muove agilmente a cavallo dei secoli.
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