Per un puro caso di programmazione, nei tre giorni di apertura di festival, ho assistito a ben quattro film della sezione Orizzonte Europa (sottotitolo: i film che non vedrete mai). Anticipando che dei miei film preferiti ne parlerà Paolo1, e nessuno fa parte di questa sezione, forse si può già trarre un bilancio su queste proiezioni.
In generale non sono risultati particolarmente esaltanti, ma la cosa più deludente, pur trovandoci di fronte ad opere sostanzialmente prime (o comunque esperienze di regia non superiori a qualche anno), c’è la sensazione di aver assistito a dei "deja vu". Nello specifico, in realtà, una pellicola mi è piaciuta molto, il film2 spagnolo "Un Banco En El Parque" (una panchina nel parco) di Augustì Vila, regista televisivo qui all’esordio con il suo primo lungometraggio. Storia piuttosto semplice: un ragazzo appena lasciato dalla fidanzata con cui conviveva, decide di trovarsi un’altra compagna.
Ma questo deve avvenire in maniera del tutto casuale. Elabora una strategia di comportamento: approfittando del tempo libero nel pomeriggio (lavora solo la mattina), decide di aiutare il caso sedendosi alla stessa ora ogni giorno sulla medesima panchina di un parco, aspettando che qualcuna lo noti. Dopo un’ora si sposta in un bar del centro e ripete l’operazione. Non succede nulla per molto tempo, e poi nella logica cinematografica, lo stesso giorno incontra due ragazze nei due luoghi. Da qui il tentativo di capire quale delle due ragazze lo interessa veramente cercando di non scoprirsi troppo, ma questa sua indecisione gli farà perdere entrambe. Film divertente, giocato tutto sul dialogo e sulla finta casualità delle situazioni, che attinge in maniera evidente ai film di Rhomer, in chiave leggermente più ironica.
All’opposto, sia nei contenuti che nel livello di apprezzamento c’è il film portoghese "Gloria" della regista Manuela Viegas, opera prima. L’ambientazione è quella tipica dei film portoghesi, di cui ho scoperto un’idiosincrasia difficilmente reversibile: paesini poveri dell’interno, dimensioni in cui il piano della realtà spesso si confonde con il sogno, situazioni indefinite in cui i protagonisti, in questo caso il giovane Ivan e Gloria, la ragazza di cui è invaghito, si muovono senza un’apparente meta, alla ricerca di un rifugio incontaminato che li allontani dalle loro misere vite.
Il terzo film è un documento reale, una sorta di diario (non tanto caro) di vita della rockstar finlandese Antii Hulkko, al secolo Andy McCoy3, già chitarrista solista di Iggy Pop. Si tratta del solito viaggio nel mondo di eccessi e di glamour della musica, quello classico del sesso, droga & rock and roll. Il film alterna spezzoni di realismo documentaristico, soprattutto nelle parti "ospedaliere" di Andy (si è procurato diverse fratture cadendo "inspiegabilmente" da un balcone), e visioni alla Oliver Stone (c’è sempre il viaggio lisergico-spirituale, in questo caso addirittura in India).
Andy ha tuttora un grande successo in patria e nei paesi scandinavi.
L’ultimo film, del regista tedesco Andreas Kleinert ci porta a ripercorrere atmosfere Wendersiane (scusate l’orrendo termine) seguendo la vita di un industriale tedesco, che dopo il fallimento della sua fabbrica, non riesce più ritrovare un equilibrio e un suo ruolo. Ossessionato da una sua personale visione dell’ordine, si aggira di notte nella città come un giustiziere, aiutato da una coppia di giovani (fratello e sorella), assolutamente affascinati dalla figura di quest’uomo misterioso. Neppure l’amore di sua moglie riuscirà a controllarne la follia crescente: ormai la sua vita assomiglia sempre di più ai resti abbandonati della sua fabbrica. La camera rappresenta in un bel bianco e nero, fotografie di archeologia industriale e atmosfere notturne, che accompagnano la decadenza dell’uomo, fino all’estremo atto finale.
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ORIZZONTE EUROPA: GIOVANI O VECCHI?
Leonardi Andrea
Paolo Baldi, naturalmente.
Ne vedete una scena nello sfondo di quest’articolo.