Il nastro bianco è simbolo di purezza. E si porta su un braccio o tra i capelli. Un pastore protestante lo impone ai propri figli, perché hanno peccato, perché hanno infranto le rigide regole del suo credo. In un piccolo paese della Germania si susseguono misteriosi quanto atroci avvenimenti. La voce del maestro del villaggio, ormai vecchia, distante, sconfitta cerca di raccontare i fatti che sono accaduti durante quell’anno, poco prima dello scoppio della Grande Guerra. Attraverso le sue parole si sgretola lentamente la vita quotidiana degli abitanti del paese, che nascondono oscure pulsioni e cuori di tenebra. Gli adulti portano avanti valori antichi destinati a diventare il terreno da cui nasceranno fiori velenosi e mortali. Il barone come padrone della terra, i contadini come forza lavoro senza diritti se non quelli elargiti dal padrone stesso, un pastore ancorato alla ferrea disciplina religiosa, un dottore capace di sprofondare nel buio inquieto della sua anima. E poi i bambini, la futura generazione che aderirà agli orrori del nazismo senza opporsi, che forse sono i veri responsabili delle atrocità compiute nel paese.
Haneke costruisce un racconto freddo e scientifico, che indaga sulle origini del male, immergendosi ancora una volta nei temi che gli sono più cari: il masochismo, la violenza nascosta, la religione, il sesso, il rapporto tra colpa e punizione. Il suo stile segue rigide geometrie compositive, sia nella struttura dell’immagine sia nei movimenti di macchina e si affida al primo piano (rileggendo filologicamente l’opera di Dreyer) come momento di maggior forza espressiva. Haneke cerca nei volti dei personaggi risposte che non verranno mai date apertamente, la verità è dunque presente solo negli spazi vuoti del racconto, nelle cose non dette e in quelle non mostrate. E in questo ennesimo viaggio, frammentato e angosciante, di grande complessità formale e tematica c’è posto anche per l’amore, che si svela nella meravigliosa sequenza in cui il maestro del villaggio e la sua fidanzata fanno un giro in calesse e lei, timida e silenziosa, gli si avvicina per baciarlo.
Haneke costruisce opere filmiche che sono sempre una preziosa riflessione sulla natura umana e sul cinema e questa volta, addentrandosi anche nei percorsi della Storia, allarga il suo sguardo ad un ottica più universale, in cui gli errori e gli orrori di pochi diventano, in prospettiva, quelli di un intero popolo.