Titolo Esecutivo (Europeo) [1]
“Le leggi devono essere rigorosamente rispettate:
io voglio che nel mio stato
non ci sia un ladro all’infuori di me!”
Gian Galeazzo Visconti, Duca di Milano
In diritto il termine generale “titolo[2]” sta ad indicare la ragione giustificatrice, la base giuridica di una determinata situazione; il “titolo esecutivo”, secondo la sua tradizionale definizione, è l’atto in base al quale è possibile iniziare l’esecuzione forzata, e più precisamente esso è il documento (es. Sentenza, Ordinanza, Assegno, Cambiale etc.), con cui viene accertato o costituito il diritto del creditore da realizzarsi in via esecutiva e da cui risulta un credito certo (la cui esistenza sia certa), liquido (determinato nel suo ammontare[3]), esigibile (non sottoposto né a condizione, né a termine).
Dal 21 ottobre 2005, data di entrata in vigore del Regolamento CE n. 805/2004[4], fra “gli altri provvedimenti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva[5]” vi è anche il Titolo Esecutivo Europeo, cioè un titolo formatosi in uno Stato membro della Comunità Europea diverso da quello in cui risiede il “debitore” o dove quest’ultimo possiede beni patrimoniali che il creditore vuole attaccare e sottoporre ad espropriazione[6].
Infatti, il Regolamento, istituendo un Titolo Esecutivo Europeo per i crediti non contestati[7], grazie alla definizione di norme/requisiti minimi, consente la libera circolazione delle decisioni giudiziarie[8], delle transazioni[9] giudiziarie e degli atti pubblici[10] relativi a crediti non contestati in tutti gli Stati membri, senza che siano necessari, nello Stato membro (destinatario finale)[11], procedimenti intermedi per il riconoscimento e l’esecuzione[12].
Il provvedimento rappresenta il momento finale di un processo di avvicinamento da parte degli Stati membri dell’UE in ordine, appunto, alla libera circolazione delle decisioni giudiziarie[13].
Il Regolamento si applica in materia civile e commerciale e non concerne, in particolare, la materia fiscale, doganale o amministrativa[14]. È vigente in tutti gli Stati membri a eccezione della Danimarca[15]. La decisione relativa a un credito non contestato è certificata come Titolo Esecutivo Europeo dallo Stato membro d’origine[16] se ricorrono precise condizioni. La certificazione avviene mediante compilazione di un modulo standard[17], allegato al Regolamento[18].
Anche una decisione giudiziaria esecutiva relativa all’importo delle spese giudiziarie può essere certificata come Titolo Esecutivo Europeo se nei confronti di tali spese il debitore non ha espressamente contestato di essere tenuto al pagamento[19]. Il Regolamento si applica, inoltre, alle decisioni pronunciate in seguito ad impugnazioni di decisioni giudiziarie, transazioni giudiziarie e atti pubblici certificati come T.E.E[20].
I requisiti che il Giudice di origine dovrà verificare affinché una decisione giudiziaria sia certificata, risultano essere quattro (capo II del Regolamento – artt. 6-11):
1) la decisione deve essere esecutiva nello Stato membro di origine[21];
2) la decisione non dovrà essere in conflitto con le disposizioni in materia di competenza giurisdizionale esclusiva o in materia assicurativa soggetta a regole di competenza speciale previste dal Regolamento n. 44/2001[22];
3) la decisione deve essere stata resa nell’ambito di un procedimento giudiziario svoltosi conformemente alle norme (c.d. minime), previste dagli artt. 12-19, in materia di notificazione e diritto di difesa, disposizioni volte a tutelare un contradditorio informato;
4) in ordine ai contratti conclusi con i consumatori, la decisione giudiziaria deve essere pronunciata nello Stato membro del domicilio del debitore-consumatore.
Il certificato può essere rettificato se vi è divergenza tra la decisione giudiziaria e il certificato, ovvero revocato se risulta manifestamente concesso per errore[23]. Inoltre, non è ammesso alcun mezzo di impugnazione avverso la decisione relativa alla certificazione[24]. In relazione poi alle modifiche che possono riguardare il Titolo Esecutivo in un tempo successivo alla sua certificazione, l’art. 6, paragrafo 2, statuisce che nel caso in cui una decisione giudiziaria certificata come TEE non sia più tale o la sua capacità/esecutività sia stata sospesa o limitata, su istanza presentata (sempre e solo), al Giudice d’origine, viene rilasciato un certificato comprovante la non esecutività o la limitazione dell’esecutività[25].
Come anticipato sopra, la decisione giudiziaria relativa ad un credito non contestato può essere certificata come Titolo Esecutivo Europeo solo se il procedimento giudiziario che l’ha originata nello Stato membro d’origine è conforme a certi requisiti (minimi). Le norme minime procedurali di cui al capo III del Regolamento (artt. 12-19) trattano in particolare del regime delle notificazioni e del contenuto della domanda giudiziale relativa al credito, al fine di consentire al debitore di esercitare il proprio diritto di difesa[26].
La disciplina della notificazione con prova di ricevimento da parte del debitore è trattata all’art. 13 che prevede diverse forme di notifica[27], oltre le quali il Regolamento prevede altre modalità di notificazione senza prova di ricevimento da parte del debitore (art. 14)[28]. In ogni caso, il Reg. n. 805/2004 esclude l’utilizzo di queste forme di notifica nel caso in cui l’indirizzo del debitore non sia conosciuto con certezza[29].
Venendo ora alle forme di garanzia (artt. 16-17 Reg. n. 805/2004), l’atto introduttivo del giudizio deve indicare con precisione:
1) il debito (dati personali delle parti, importo, sussistenza di interessi e per quale periodo, ecc.);
2) i requisiti procedurali per contestare il credito (termine per contestare il credito, conseguenze della mancanza di un’eccezione, ecc.).
Ovviamente, il diritto nazionale dello Stato membro dell’esecuzione disciplina la procedura esecutiva, per richiedere la quale il creditore è tenuto a fornire alle autorità competenti:
· una copia della decisione;
· una copia del certificato di Titolo Esecutivo Europeo;
· se del caso, una trascrizione del certificato di titolo esecutivo europeo o una sua traduzione nella lingua ufficiale dello Stato membro dell’esecuzione oppure in un’altra lingua che abbia dichiarato di accettare.
Il Giudice competente nello Stato membro dell’esecuzione può rifiutare l’esecuzione se la decisione giudiziaria certificata è incompatibile con una decisione anteriore, pronunciata in uno Stato membro o in un paese terzo (art.21 Reg.805/2004)[30]. Il Regolamento, dunque, prevede la facoltà per il creditore di iniziare il processo esecutivo in tutti gli Stati membri, sulla base di un Titolo Esecutivo Europeo, e cioè di un titolo (dal quale risulta un credito), certificato come tale dalla preposta autorità nello Stato membro di origine del provvedimento stesso, e non più, invece, dal giudice dello Stato membro dell’esecuzione.
La finalità è quella di fare in modo che la decisione giudiziaria, certificata come TEE, sia trattata come se fosse stata pronunciata nello Stato membro dove si chiede l’esecuzione, lasciando il controllo sui requisiti di esecutività al Giudice del Paese d’origine del provvedimento. Questo spiega anche, data la particolare efficacia transnazionale che viene ad assumere il titolo, perché il TEE sia sostanzialmente non soggetto ad alcuna forma di impugnazione, così come ad un riesame nel merito da parte dello Stato membro in cui deve essere eseguito. Il giudice dello Stato in cui il TEE viene eseguito non può procedere ad un riesame del merito, né della decisione, né della sua certificazione come titolo esecutivo europeo (art. 21, paragrafo 2). Il fine di questa disposizione è quello di bloccare sul nascere qualunque tentativo dilatorio del debitore, volto a ritardare l’esecuzione per motivi che potevano o dovevano essere avanzati durante la formazione della decisione nel Paese di origine.
Il già citato Regolamento (CE) n. 44/2001 resta in vigore e ancora prevede che le decisioni emesse in uno Stato membro siano riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento; la dichiarazione di esecutività (c.d. exequatur “si esegua”), deve essere rilasciata, su domanda della parte interessata, a seguito di un controllo meramente formale dei documenti prodotti, da parte del Giudice dello Stato in cui il provvedimento deve essere eseguito. Tutto ciò al fine di offrire al creditore la scelta sull’iter procedurale più adatto alle proprie esigenze, che gli consenta di ottenere un provvedimento esecutivo da impiegare in uno Stato membro diverso da quello di origine.
Sempre ai fini di assicurare uniformità di trattamento a livello europeo il paragrafo 1 dell’art. 20 stabilisce che una decisione giudiziaria certificata come TEE è eseguita “alle stesse condizioni” di una decisione giudiziaria pronunciata nello Stato membro di esecuzione. A questo riguardo è naturale domandarsi se il creditore che in Italia intenda agire in executivis sulla base di un TEE, debba previamente far apporre su quest’ultimo la “formula esecutiva” di cui all’art. 475 Codice Procedura Civile[31]. L’interrogativo appare ancor più fondato se si osserva che l’art. 153 delle Disposizioni per l’attuazione del Codice di Procedura Civile, specifica che il Cancelliere rilascia la copia in forma esecutiva (ai sensi dell’art. 475 C.P.C.), quando la sentenza o il provvedimento del giudice è formalmente perfetto. Il presunto contrasto si risolve considerando proprio l’ultima parte del comma 1, art. 475 c.p.c. che dispone che non occorre l’apposizione della formula esecutiva su determinati atti o provvedimenti se “la legge disponga diversamente”. Il Regolamento, come detto prima atto equivalente ad una legge ordinaria dello Stato, introduce una nuova figura di titolo di credito caratterizzato da un elevato grado di affidabilità e non contestabilità, non assimilabile ai titoli esecutivi elencati dal Codice di rito.
In conclusione, il successo e l’efficacia del nuovo strumento previsto dalla legislazione comunitaria dipende oltre che dal grado di integrazione delle economie dei Paese membri e dalla conseguente domanda di esecuzione degli atti giudiziari da un ordinamento all’altro, anche dall’impegno dei singoli Stati a fornire informazioni, le più dettagliate possibile in ordine ai metodi, ai procedimenti, alle autorità competenti per l’esecuzione negli altri Stati (art. 29). A questo riguardo risulta decisivo lo strumento della Rete giudiziaria europea in materia Civile e Commerciale (decisione n. 2001/470/CE del Consiglio), volta a migliorare la concreta cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri in queste materie[32].
“L’unica cosa che oggigiorno
si possa fare senza denaro sono i debiti”
Heinz Schenk
[1] Cfr. “LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE DECISIONI GIUDIZIARIE CON IL NUOVO TITOLO ESECUTIVO EUROPEO” di Pierangela Dagna, su www.altalex.com.
[2] Per esempio, si dice che il titolo per l’acquisto di un certo bene può essere, fra gli altri, un contratto di compravendita. Così, molto spesso si usa il termine “titolo” proprio per indicare il contratto o l’atto di acquisto.
[3] Sono TE anche i verbali di conciliazione, decreti ingiuntivi, licenze e sfratti convalidati, provvedimenti possessori, etc, atti, cioè, che descrivendo precisamente gli obblighi delle parti, possono essere attuati coercitivamente con le forme di esecuzione forzata previste dalla legge.
[4] REGOLAMENTO (CE) N. 805/2004 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 21 aprile 2004 che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati, applicabile, appunto, dal 21 Ottobre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea serie L n.143 del 30.4.2004.
[5] Articolo 474 Codice Procedura Civile.
[6] Si ricorda che un Regolamento CE ai sensi dell’art.249, II comma, del TRATTATO CHE ISTITUISCE LA COMUNITÀ EUROPEA “… ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri”. Dunque è un provvedimento normativo del tutto equiparabile ad una legge ordinaria italiana.
[7] L’art.3 del Reg.805/2004 definisce un credito “non contestato”, quando il debitore non ha contestato il credito nel corso del procedimento giudiziario ovvero non è comparso ovvero ha espressamente riconosciuto il credito nel corso di un procedimento giudiziario, mediante una transazione giudiziaria o in un atto pubblico.
[8] L’art.4, n.1, Reg.805/2004, definisce “Decisione giudiziaria”, a prescindere dalla denominazione usata, qualsiasi decisione emessa da un giudice di uno Stato membro.
[9] Transazioni giudiziarie certificate come Titolo Esecutivo, con riguardo al nostro ordinamento, possono essere: le Conciliazioni previste dall’art. 411 C.P.C. redatte dinanzi alle commissioni di conciliazione in materia di controversie individuali di lavoro; quelle svolte dinanzi al Giudice di Pace in sede non contenziosa ex art. 322, 2° comma, c.c.; i Verbali di conciliazione sottoscritti dalle parti ai sensi degli artt. 183, co. 1 e 185 C.P.C..
[10] L’art.4, n.3, Reg.805/2004, definisce “Atto pubblico” un documento che sia stato formalmente redatto o registrato come atto pubblico o convenzione in materia di obbligazioni alimentari.
[11] Stato membro dell’esecuzione: lo Stato membro in cui si richiede l’esecuzione della decisione giudiziaria.
[12] Art.5, Reg.805/2004.
[13] I passaggi essenziali di quest’evoluzione sono rappresentati da queste tappe: Trattato di Amsterdam del 1997; Consiglio europeo di Tàmpere del 1999; Regolamento del Consiglio del 22/12/2000. Durante il Consiglio di Tàmpere, in particolare, tenutosi il 15 e 16 Ottobre 1999, veniva approvato il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie quale fondamento per la creazione di un concreto spazio giudiziario. In quella sede si era anche affermato che l’accesso all’esecuzione in uno Stato diverso da quello in cui veniva pronunciata la decisione giudiziaria, avrebbe dovuto essere più spedito e più semplice, eliminando ogni eventuale procedura intermedia necessaria.
[14] Sono, inoltre, esclusi dall’ambito di operatività del Regolamento, lo Stato o la capacità delle persone fisiche, il regime patrimoniale fra coniugi, i testamenti e le successioni; i fallimenti, i concordati e le procedure affini; la sicurezza sociale e l’arbitrato (art.2, Paragrafo 2, Reg.805/2004).
[15] “A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità Europea, la Danimarca non partecipa all’adozione del … regolamento e di conseguenza non è da esso vincolata né è soggetta alla sua applicazione.” (Considerando n. 25 al Reg.805/2004).
[16] Stato membro d’origine: lo Stato membro in cui è stata presa la decisione giudiziaria da certificare come Titolo Esecutivo Europeo.
[17] Se la certificazione riguarda solo parte della decisione, si parlerà allora di “Titolo Esecutivo parziale” (art.8, Reg.805/2004).
[19] Art.7, Reg.805/2004
[20] “…, allorché viene pronunciata una decisione a seguito dell’impugnazione di una decisione giudiziaria certificata come titolo esecutivo europeo ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo, viene rilasciato, su istanza presentata in qualunque momento, un certificato sostitutivo utilizzando il modello di cui all’allegato V, se la suddetta decisione riguardante l’impugnazione è esecutiva nello Stato membro d’origine.” Art.6, par.3, Reg.805/2004.
[21] Per quanto riguarda il nostro ordinamento soddisfano questo requisito le sentenze, i decreti e, nel caso in cui la legge attribuisca loro tale efficacia, anche le ordinanze.
[22] Regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio del 22 dicembre 2000 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale.
Il regolamento determina la competenza dei giudici in materia civile e commerciale. Il principio fondamentale è quello secondo cui la competenza spetta al Giudice dello Stato membro in cui è domiciliato il convenuto, indipendentemente dalla sua cittadinanza. Il domicilio viene determinato a norma della legge dello Stato membro cui appartiene il Giudice.
[23] Sempre a seguito di una domanda presentata al Giudice di origine.
[24] Art.9, paragrafo 4, Reg.805/2004
[25] E’ interessante osservare che i provvedimenti limitativi o sospensivi dell’esecuzione sono di competenza del Giudice del luogo in cui si trovano i beni soggetti alle procedure, mentre l’impugnazione contro la decisione giudiziaria certificata, così come l’istanza per la rettifica o revoca del provvedimento, sono indirizzate al Giudice dello Stato di origine. E’ chiaro, o almeno così pare al legislatore comunitario, che qualora vengano adottati provvedimenti sospensivi o limitativi da parte del Giudice dell’Esecuzione, sarà sua cura trasmetterli al Giudice dello Stato di origine che dietro apposita istanza, rilascerà il “certificato di non esecutività”.
[26] La notifica al debitore può avere ad oggetto una domanda giudiziale o un atto equivalente. Inoltre qualsiasi citazione a comparire in udienza può essere notificata al debitore secondo le norme di seguito illustrate, ovvero oralmente in una precedente udienza avente ad oggetto lo stesso credito e iscritta nel processo verbale.
[27] la notificazione in mani proprie, attestata da una dichiarazione di ricevimento datata e sottoscritta dal debitore;
la notificazione in mani proprie attestata da un documento firmato dalla persona competente che ha provveduto alla notificazione, in cui si dichiara che il debitore ha ricevuto il documento o ha rifiutato di riceverlo senza alcuna giustificazione legale e con l’indicazione della data della notificazione;
la notificazione a mezzo posta, attestata da una dichiarazione di ricevimento datata, sottoscritta e rinviata dal debitore;
la notificazione con mezzi elettronici (in particolare mediante telecopia o posta elettronica), attestata da una dichiarazione di ricevimento datata, sottoscritta e rinviata dal debitore.
[28] La notificazione all’indirizzo del debitore, a mani proprie di un convivente o di un dipendente che lavori nell’abitazione;
la notificazione nei locali commerciali, a mani di un dipendente (nel caso di lavoratori autonomi o di persona giuridica);
il deposito nella cassetta delle lettere del documento ovvero della comunicazione del deposito del medesimo presso un ufficio postale o un’autorità pubblica competente.
[29] Tale esclusione significa che non potranno essere utilizzati, ai fini del Regolamento, gli artt. 143 (Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti) e 150 C.P.C. (Notificazione per pubblici proclami), considerato che tali forme di notifica prevedono appunto che l’indirizzo del debitore non sia conosciuto o la difficoltà di identificare i debitori.
[30] Il Regolamento, dunque, prevede un’unica modalità per il debitore, di respingere l’esecuzione contro di lui e cioè il poter invocare l’esistenza di un contrasto pratico di giudicati tra la decisione certificata ed un’altra anteriore che abbia lo stesso oggetto e sia intervenuta tra le stesse parti, e che soddisfi le condizioni necessarie per il suo riconoscimento nello Stato dell’esecuzione, non essendo stata contestata.
[31] Art. 475. (Spedizione in forma esecutiva). Le sentenze e gli altri provvedimenti dell’autorità giudiziaria e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, per valere come titolo per l’esecuzione forzata, debbono essere muniti della formula esecutiva, salvo che la legge disponga altrimenti.
La spedizione del titolo in forma esecutiva può farsi soltanto alla parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata l’obbligazione, o ai suoi successori, con indicazione in calce della persona alla quale è spedita.
La spedizione in forma esecutiva consiste nell’intestazione REPUBBLICA ITALIANA – IN NOME DELLA LEGGE e nell’apposizione da parte del cancelliere o notaio o altro pubblico ufficiale, sull’originale o sulla copia, della seguente formula:
«Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di darvi assistenza, e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi, quando ne siano legalmente richiesti».
[32] Sito internet: http://ec.europa.eu/civiljustice/index_it.htm