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Justice for Planet Earth

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una corte internazionale per i crimini ambientali 

«Laudato sii, o mio Signore, per nostra Madre Terra,
la quale ci sostenta e governa e
produce diversi frutti con coloriti fiori ed erba»
(San Francesco d’Assisi, Il cantico delle creature)
 

Nel prossimo mese di ottobre[1], si terrà a Venezia l’importante World Forum 2009 dell’Accademia Internazionale di Scienze Ambientali (IAES – International Academy of Environmental Sciences), una associazione culturale nata nel 2003 e ora guidata da Adolfo Pérez Esquivel, architetto argentino e premio Nobel per la Pace 1980, che vede tra i suoi sostenitori importanti personalità di tutto il mondo rappresentanti di ogni branca del sapere umano (dal Dalai Lama al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dal presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso, al premio Nobel Rigoberta Menchú solo per citarne alcuni).
In questa occasione si riuniranno capi di stato e di governo, premi Nobel, funzionari di istituzioni nazionali ed sovranazionali, giuristi, scienziati di fama mondiale e rappresentanti della società civile intorno al tema “La salute del Pianeta Terra e dell’uomo. Disastri ambientali: irresponsabilità e tutela” e rilanceranno al mondo con rinnovato vigore e nuovo entusiasmo la campagna di sensibilizzazione “Justice for Planet Earth“, avviata dall’Accademia già nel 2006, e finalizzata alla creazione di un tribunale internazionale competente a conoscere e giudicare in materia di crimini contro l’ambiente.
La comunità internazionale annovera ad oggi molte istanze giurisdizionali[2], qualcuno dice “troppe”, e non sono pochi gli esperti di diritto internazionale che, sostenendo l’innata anarchia propria di tale consesso, non ripongono fiducia nel prolificare di simili tentativi regolatori.
D’altro canto, è opportuno riconoscere che i progressi avutisi nell’ambito della promozione e tutela internazionale dei diritti, in particolare in materia di diritti umani, sono stati il frutto di continue e indefesse attività condotte, giorno dopo giorno, nelle sale delle cancellerie a livello politico-diplomatico quanto per le strade con l’impegno personale di quanti hanno creduto e credono nella possibilità di instaurare un mondo migliore e più giusto per tutti.
Scopo dell’Accademia è di «promuovere la valorizzazione e l’evoluzione armonica dell’Uomo e dell’Ambiente» (art.2 dello Statuto) e a tal fine ha realizzato diverse iniziative confrontandosi con i principali problemi di polluzione del pianeta e cercando correlazioni fra i livelli di inquinamento delle acque, del suolo e dell’aria e lo svilupparsi di particolari patologie umane.
Episodi quali i disastri di Bhopal[3] del 1984 e di Cernobyl[4] del 1986 non possono lasciare indifferenti e sottolineano il carattere globale che simili avvenimenti comportano, tanto per le responsabilità quanto per le ricadute.
Uguale approccio sopranazionale, o globale, devono dunque avere gli strumenti da adottare per affrontare con logica unitaria ed efficace le problema­tiche ambientali.
Ecco allora che, se con la Carta di Venezia del 2003[5] i soci dell’Accademia affermavano alcuni importanti principi in tema di ambiente già presenti in ben più importanti atti internazionali (quale, ad esempio, la compatibilità tra tutela dell’ambiente, produzione e lavoro, da intendere come beni non antitetici ma rappresentativi di “valori e principi), con la successiva Carta di Venezia del 2006[6] hanno posto l’attenzione sull’effettività di questa tutela: vale a dire su come realizzare un sistema che possa perseguire chi viola le norme esistenti ponendolo di fronte alle proprie responsabilità.
In questo caso, è stata richiamata l’elaborazione normativa operata in sede di Unione Europea per quanto riguarda la responsabilità per danni ambientali, in base al principio del “chi inquina paga”, e la recente armonizzazione per le misure penali da adottare[7].  
La IAES ha sottolineato come lo strumento di tutela più efficace possa essere quello della previsione di una giurisdizione penale ambientale internazionale, attraverso la previsione di una nuova figura di reato, il “disastro ambientale intenzionale”, da considerare a tutti gli effetti un “crimine contro l’umanità”[8] e, di conseguenza, rientrante nelle competenze dell’attuale Corte Penale Internazionale[9] dell’Aja che dovrà operare in veste di Corte Penale Internazionale dell’Ambiente.
Opinione condivisa dagli esperti dell’Accademia è che sia necessario realizzare un sistema di tutela del patrimonio culturale e ambientale dell’umanità che abbia carattere preventivo e repressivo e sia dotato di un quadro normativo “effettivo, proporzionato e dissuasivo”.
Consapevoli della tortuosità del cammino che comporterà un simile ampliamento della competenza della Corte per le implicazioni che ne scaturirebbero, gli accademici di Venezia hanno elaborato un secondo progetto, ritenuto attuabile con maggior facilità: l’istituzione di una giurisdizione penale europea competente in tema di reati contro l’ambiente.
Questa poggerebbe sull’esistente e provato acquis comunitario in materia ambientale e costitui­rebbe un significativo monito nei confronti del più ampio progetto di Corte Internazionale.
Se per ampliare le materie di competenza del Tribunale dell’Aja è necessario avviare la procedura prevista dallo Statuto di Roma e, dunque, convocare una conferenza intergovernativa per la revisione del trattato, con tutto ciò che ne può derivare, per la creazione di un’istanza giurisdizionale in ambito europeo è tuttavia necessario osservare le norme dei trattati UE, di certo non più snelle.
E, comunque, appare evidente che si debba attendere un momento politico-istituzionale che sia quanto meno propizio all’esame di una simile innovazione (condizione che, attualmente, non sembra realizzata, viste le differenti priorità in ambito internazionale ed europeo: crisi economico-finanziaria, in atto; crisi istituzionale, in caso di bocciatura del Trattato di Lisbona).
Per i suoi sostenitori, entrambe le istanze avrebbero presupposti e caratteri comuni comportanti delicate questioni interpretative e applicative di non poco conto: in primo luogo, la possibilità di qualificare i grandi disastri ambientali manifestatisi con distruzioni di eco-sistemi e di vite umane come “crimini contro l’umanità”, pur slegati da eventi bellici, con una forzatura interpretativa del diritto pertinente attualmente in vigore.
Secondariamente, la questione della competenza del giudice così costituito a conoscere e giudicare di atti e fatti di persone fisiche e giuridiche soggetti ad ordinamenti statuali che dovrebbero arretrare dinanzi alla superiore autorità della Corte, internazionale o europea, in virtù di una accettazione pattizia della volontaria giurisdizione da parte degli Stati contraenti, con i relativi problemi di conflitto e gerarchia tra giurisdizioni di natura differente o gli altrettanto noti casi di autoproclamata immunità, o impunità, da pretese giurisdizioni universali (si vedano le rivendicazioni degli USA nei confronti del Tribunale Penale Internazionale).
Da ultimo, ma non meno importante, la richiesta che la progettata Corte svolga pure un’attività creativa di diritto per colmare con le sue decisioni eventuali lacune riscontrate nel sistema che si verrà a creare (come avviene per i giudici nei sistemi di common law o, in parte, per le pronunce della Corte di Giustizia Europea nel diritto UE).
Se numerosi appaiono gli ostacoli formali e sostanziali, politici e giuridici, da affrontare e superare per realizzare le due proposte dell’IAES, non per questo riteniamo meno interessante e degno di attenzione il fermento che tale discussione sta creando, in particolare nell’attuale periodo di grave crisi, non solo economica: crisi che mina le basi della civile convivenza umana e che solo il recupero della consapevolezza della comune origine e del medesimo destino del Pianeta Terra e dei suoi abitanti può aiutare a superare.
E per questo continueremo ad impegnarci!

Fonte immagine: sito del Comitato francese per la creazione della Corte Penale, internazionale ed europea, per l’Ambiente, http://cour.penale.environnement.org



[1] Più esattamente, nei giorni 2 e 3 ottobre. Cfr. www.iaes.info.
[2] Cfr. sul tema, dello stesso Autore, Pluralità di giurisdizioni e unicità del diritto internazionale, in KultUnderground, n.88, 2002.
[3] Bhopal, nello stato indiano del Madhya Pradesh, il 2 dicembre 1984 fu teatro di quello che è considerato il più grave incidente chimico-industriale della storia con la fuga di 40 tonnellate di isocianato di metile prodotto dalla Union Carbide, azienda multinazionale americana produttrice di pesticidi che aveva la sua sede nel cuore della città: i dati ufficiali riportarono 1.754 morti, ma fonti non governative parlarono di almeno 10.000 vittime e tra i 150.000 e i 600.000 intossicati gravi (fonte: Wikipedia).
[4] A Cernobyl, in Ucraina, il 26 aprile 1986 avvenne il più grave incidente nucleare della storia: una nube di materiali radioattivi fuoriuscì dalla locale centrale e ricadde su vaste aree che furono pesantemente contaminate, rendendo necessaria l’evacuazione e il reinsediamento in altre zone di circa 336.000 persone. Importanti livelli di contaminazione furono registrati in tutta Europa, Italia compresa. I dati ufficiali parlarono di 65 morti accertati e altri 4.000 presunti per tumori e leucemie su un arco di 80 anni. Associazioni ambientaliste si discostano sensibilmente da queste cifre, stimando fino a 6.000.000 i decessi su scala mondiale riconducibili al disastro (fonte: Wikipedia).
[5] Approvata dagli Organi direttivi dell’Accademia Internazionale di Scienze Ambientali il 25 ottobre 2003. Cfr. www.iaes.info/start.htm.
[6] Approvata dagli Organi direttivi dell’Accademia Internazionale di Scienze Ambientali il 13 settembre 2006. Cfr. www.iaes.info/start.htm.
[7] Cfr., da ultimo, Dir. 2008/99/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19.11.2008, sulla tutela penale dell’ambiente, in GUUE, serie L 328, 06.12.2008.
[8] In giurisprudenza, la locuzione “crimine contro l’umanità” definisce le azioni criminali che riguardano violenze ed abusi contro popoli o parte di popoli, o che comunque siano percepite, per la loro capacità di suscitare generale riprovazione, come perpetrate in danno dell’intera umanità. I crimini contro l’umanità sono in genere distinti dai crimini di guerra e talvolta anche dal genocidio; non tutti gli ordinamenti giuridici prevedono direttamente figure di crimini contro l’umanità, mentre alcuni le prevedono indirettamente, in forma recettizia di trattati internazionali.
[9] La Corte (o Tribunale) Penale Internazionale è stata istituita con l’approvazione dello Statuto di Roma, adottato il 17 luglio del 1998 ed entrato in vigore il 1º luglio 2002.

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