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MATRUBHOOMI – Una nazione senza donne

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MATRUBHOOMI – Una nazione senza donne
di Manish Jha

(60 Mostra del cinema di Venezia – Settimana internazionale della critica)

Come sarebbe una nazione senza donne?
Il film indiano
Matrubhoomi, girato come una gradevole telenovela dark, con una sceneggiatura molto curata (dello stesso Manish Jha insieme a Shrish Kunder e Ashmith Kunder) e interpreti (Tulip Joshi, Sudhir Pandey, Piyush Mishra, Pankaj Jha) assolutamente credibili, e’ il primo lungometraggio di un regista palesemente preoccupato da alcuni usi e costumi del suo paese.

In una futuribile India rurale ci sono tutte le perversioni che derivano agli uomini in un paese rimasto senza donne perché per generazioni le bambine sono state soppresse alla nascita. Il film racconta anche la vita infernale vissuta dalla sola donna rimasta viva per la debolezza del proprio padre, che non ha avuto il coraggio di ucciderla appena nata. Non era stato amore paterno, ma paura. La stessa paura gli fara’ tenere la figlia nascosta al mondo. Ma solo fino alla buona occasione, quando la vendera’ al caro prezzo di 500.000 rupie al capo di un villaggio, padre di cinque maschi in età da matrimonio, che, seguendo il geniale suggerimento del sacerdote del villaggio, la darà in sposa a tutti cinque i figli contemporaneamente e usufruirà esso stesso dei suoi favori (del resto i 5 figli lasciavano uno spazio di 2 notti libere la settimana alla ragazza e, colla cifra pagata, erano davvero troppi?!), ma senza averne pagato il prezzo. Fatto, quest’ultimo, non apprezzato dal consuocero che pretenderà, ottenendole, ulteriori 100.000 rupie.

Insieme all’accumulazione delle sventure della protagonista, sono raccontati anche scontri tra caste. Ma in modo poco credibile. Lo spettatore si trova spesso spiazzato non sapendo decidere se sta assistendo a un documentario sugli usi e i costumi dell’India, a una favola, a una commedia o a un dramma. Come denuncia sociale il film non sembra, perciò, funzionare. La divisione tra ciò che e’ giusto e ciò che e’ sbagliato e’ quasi impercettibile, così come quella tra cattivi (il capo del villaggio e i suoi figli) ricchi e violenti per status sociale, colla sola eccezione di un figlio (di cui la donna s’innamorerà scatenando le gelosie degli altri che lo uccideranno – del resto l’innamoramento dell’unica donna per uno solo dei suoi mariti abbassava sia le performance sessuali di lei con gli altri quattro fratelli e con il padre sia le performance scolastiche di lui che comincia a prendere brutti voti a scuola), e buoni (l’intero villaggio, la casta sfruttata), un membro dei quali sara’ ucciso per aver aiutato la donna a fuggire dalla sua schiavitù casalinga. Proprio a causa di quest’ultimo, ulteriore sopruso, il villaggio cerca la vendetta contro il capo e i suoi figli. Ma in questa nazione dove nessuno si salva, anche i buoni restano tali per poco….
Perché, in fondo, quale la migliore vendetta per la morte di uno di loro?
Violentare a turno – tutto il paese lo farà – la donna dei cattivi!
L’unico vero moto rivoluzionario del paese ci sarà solo quando si accorgeranno che lei e’ rimasta incinta. Il villaggio insorge per una bieca attribuzione di paternità: tutto il paese la rivendica, il nascituro (preferibilmente maschio) dovrà essere uno di loro – esattamente com’era successo nella famiglia dei ricchi/cattivi, in cui tuttavia alla diatriba sulla paternità del nascituro era stato posto fine dal padre: il figlio non poteva essere che il suo perché il capofamiglia era stato il primo a consumare -.
La rivoluzione sarà sanguinaria, i ricchi cattivi saranno uccisi.
Nascerà una bambina.
Mi sarei aspettata che, conoscendone la sorte, la madre avesse preferito sopprimerla, magari nel latte, come da tradizione. Come nella prima sequenza del film, quando una voce fuori campo scaglia l’anatema durante l’esecuzione rituale di una neonata: "Gli uomini si pentiranno di aver eliminato le donne!"
Ma nemmeno le donne, anzi l’unica donna rimasta, riescono a compiere atti d’eroismo in questa società. La bambina non sarà uccisa. Il lieto fine riesce quasi a farci dimenticare che probabilmente avrà la stessa sorte della madre e suggerisce in modo chiaro la risposta alla domanda iniziale.
Una nazione senza donne e’ meglio di una nazione con una donna sola, almeno dal punto di vista della sola donna rimasta.
Ma forse … se le donne fossero due…

Silvia Fedeli

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