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Il Dirigibile torna a volare

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Il Dirigibile torna a volare

Quanto splendore! E’ tutto vero? Dopo la prova del pizzicotto, pare proprio di sì…
A quasi ventitré anni dallo scioglimento, i Led Zeppelin tornano prepotentemente al centro dell’attenzione per merito di un’iniziativa discografica che si merita il plauso più sincero dei nostalgici del gruppo. In un colpo solo gli scaffali contrassegnati dalla lettera L si arricchiscono di due presenze da brividi: un cofanetto di 3 CD ed uno, ancor più stupefacente, che si compone di 2 DVD…
Partiamo da quest’ultimo. Una sovracustodia cartonata, sulla quale campeggia un paesaggio desertico la cui monotonia è spezzata da una struttura tipo Ayers Rock, cela l’elegante confezione a libro che accoglie il prodotto vero e proprio: due dischi pieni zeppi di materiale, per una total duration pari a qualcosa come trecentoventi minuti! Come gli appassionati di lunga data sanno, gli Zep non hanno lasciato indietro una messe di registrazioni di studio non pubblicate: gli archivi sono stati svuotati in due distinte occasioni, prima con l’uscita di Physical Graffiti (che affiancava a materiale di nuova composizione altro risalente agli anni precedenti) e poi con quella di Coda (vera e propria miscellanea che copriva tutto l’arco della carriera del quartetto); come se non bastasse, qualcos’altro è riemerso anche in occasione della rimasterizzazione dell’intero catalogo. Stando ad un grande esperto come Dave Lewis, ad essere stato registrato in forma definitiva ma a non aver mai visto la luce sarebbe in ultima analisi il solo brano noto come Slush, più le note registrazioni effettuate da Page e Plant con musicisti indiani al termine di un tour in Estremo Oriente. Dopo questa premessa non risulterà dunque sorprendente apprendere che su Led Zeppelin – DVD sfilano solo brani dal vivo, interviste e video promozionali… ma di che qualità! Gli stessi appassionati di lunga data di cui sopra sanno infatti ugualmente bene che l’attività live rappresentava per il Dirigibile il vero fondamento dello sconfinato successo ottenuto negli anni ’70, rimanendo ancora oggi un elemento poco meno che imprescindibile verso la presa di coscienza della proposta musicale dei quattro. Nonostante questo, Page in primis non ha mai nascosto che l’unica testimonianza ufficiale degli incessanti tour del gruppo, segnatamente il video The Song Remains the Same e la relativa colonna sonora su doppio CD, offrisse un’immagine tutt’altro che completa, e men che meno la migliore fra quelle mostrate in dodici anni di attività e centinaia di show. Ecco dunque che, dopo parecchi anni trascorsi in archivio, altre registrazioni filmate dell’apoteosi zeppeliniana riemergono tutte in un colpo…
Il primo DVD è occupato quasi interamente da un concerto tenuto alla Royal Albert Hall il 9 gennaio 1970: un’ora e quarantadue minuti di Zeppelin prima maniera, alle prese con standard blues (l’apertura, tanto per dire, è affidata alla coppia composta da We’re Gonna Groove e I Can’t Quit You Baby) e con i brani trainanti dei primi due album. A completare la tracklist figurano, tutti datati 1969: un promo di Communication Breakdown, mezz’ora di spettacolo registrato per la TV danese, una Dazed and Confused dal programma televisivo britannico "Supershow" più due brani provenienti dalla trasmissione francese "Tous en Scène". Il secondo disco è aperto da una solitaria Immigrant Song datata 1972: un bizzarro ibrido, dal momento che si vede una performance immortalata in Australia a febbraio ma se ne ascolta una registrata invece a Los Angeles qualche mese dopo. Subito dopo arrivano quattro brani dal Madison Square Garden: l’anno è il 1973 e, nel caso qualcuno se lo stesse chiedendo, il palco dello storico palazzetto newyorkese è il medesimo sul quale gli Zep si esibirono sotto le telecamere per quella che sarebbe diventata l’uscita video-discografica The Song Remains the Same. Un salto di due anni e si arriva al mitico concerto tenuto presso Earls Court, a Londra: la selezione include una parte acustica (Going To California e That’s the Way), una transizione rappresentata da Bron Yr Aur Stomp, tutta l’energia di In My Time of Dying e Trampled Underfoot, ed infine la chiusura di Stairway to Heaven. Knebworth 1979 chiude la scaletta: con Plant in forma a dir poco strepitosa, il menu è aperto da Rock and Roll e chiuso da Whole Lotta Love, mentre nel mezzo sfilano i classici più recenti (da Physical Graffiti in poi, per intenderci). Gli extra comprendono qui tre interviste, una take di Rock and Roll del 1972 più due video promozionali di Over The Hills and Far Away e Travelling Riverside Blues datati 1990.
Complessivamente, devo ammettere di aver gustato il secondo DVD più del primo: la qualità video è generalmente migliore, ma soprattutto la band è catturata sul palco in momenti diversi della propria carriera e impegnata in esibizioni live dalla potenza acustica e visiva assai amplificata rispetto al tour del 1970. Diciamo che mentre al primo disco può forse essere attribuita una maggiore pregnanza storico-documentaria, il secondo vanta un impatto musicalmente più robusto. In quest’ultimo, poi, ad esclusione di Rock and Roll nessun brano si sente più di una volta, laddove nell’altro volume una parte consistente del minutaggio complessivo è occupato da ben quattro versioni di Dazed and Confused, tre di Communication Breakdown e due di How Many More Times. Più uniforme e bluesata la prima metà, più potente e variata la seconda: ognuno faccia la propria scelta.
Veniamo al triplo CD. Questo rappresenta l’unione di due performance del 1972: la prima del 25 giugno all’LA Forum (dalla quale sono state selezionate otto canzoni), la seconda di due giorni dopo alla Long Beach Arena (presente con dieci brani). Il primo disco è senza dubbio il più agile ed include una corposa sezione acusticheggiante comprendente Stairway to Heaven, Going to California e That’s the Way; il secondo è aperto dai venticinque minuti di Dazed and Confused (nel corso dei quali fanno capolino Walter’s Walk e The Crunge) e chiuso dai diciannove di Moby Dick, il celeberrimo assolo di batteria di John Bonham, con What Is and What Should Never Be e Dancing Days incastonate nel mezzo; il terzo regala ventitré minuti di medley sulla base di Whole Lotta Love, poi Rock and Roll, The Ocean e Bring It On Home a mo’ di commiato. Nel complesso, i diciotto brani complessivi rappresentano una bella istantanea del quartetto colto in uno dei momenti di massimo fulgore, ovvero in quella prima metà degli anni Settanta nella quale i Led Zeppelin si imposero come la più grande live band al mondo. Senza dubbio, How the West Was Won è la migliore pubblicazione dal vivo ufficiale degli Zep, superando in quantità e qualità anche le relativamente recenti BBC Sessions: dalla sua ha la mole non indifferente e l’alternanza di cromatismi ed atmosfere tipica della produzione ‘matura’ del gruppo. Al prezzo assai ragionevole di circa 25€, si propone come soluzione ideale per chi voglia farsi un quadro completo della prima metà della carriera live zeppeliniana.
In chiusura, uno sguardo alle piccole pecche di queste due uscite…
How the West Was Won manca del tutto di un booklet: tutto quello che si può leggere è l’elenco dei brani, la line-up della band e due righe in cui Jimmy Page spiega di essersi imbattuto in questi vecchi nastri nel corso delle ricerche effettuate in vista della pubblicazione dei due DVD. E’ vero, non se ne sente la mancanza, ma un libretto graficamente ben fatto non avrebbe fatto altro che arricchire il valore intrinseco del prodotto… Alle due uscite nel loro complesso attribuisco invece una falla di non poco conto: da nessuna parte, ne’ sui due DVD ne’ sui tre CD, è possibile imbattersi in una versione che sia una di No Quarter! I fans dei Led Zeppelin sanno bene come questo brano fosse solito trasformarsi dal vivo in un’epica cavalcata di palpitante emotività, condotta magistralmente dall’impeccabile tastiera di John Paul Jones e vivacizzata dai ricami di Page alla chitarra: come mai non si è pensato di includerne almeno un’esecuzione? Certo, motivi squisitamente cronologici escludono la sua presenza nella tracklist dei CD, essendo entrata a far parte del repertorio live solo nel 1973; è poi vero anche che No Quarter si vede e si sente già in The Song Remains the Same. Quest’ultima circostanza, però, non ha impedito a molti altri brani già pubblicati all’epoca di trovare posto anche qui in differenti versioni. L’esclusione del capolavoro tratto da Houses of the Holy rimane, a parere di chi scrive, del tutto inspiegabile…
Questi due appunti, sia ben chiaro, non inficiano la valutazione globale delle due uscite: entrambe costituiscono un acquisto sicuro, di quelli da effettuare ad occhi chiusi. In futuro non sarebbe male se con lo stesso principio impiegato con How the West Was Won venissero preparate un paio di altre uscite su CD, permettendoci di ascoltare un concerto-tipo del 1975 o magari del 1977… nell’attesa, ladies and gentlemen, this is LED ZEPPELIN!

Fabrizio Claudio Marcon

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