Vincere! E Vinceremo!
Poi le immagini degli italiani in guerra, dei bombardamenti, delle macerie. Poi la testa del Duce schiacciata in una morsa. Ejzenstein è uno dei poli che attraggono la regia di Bellocchio nel suo ultimo film. L’altro è Chaplin, con la meravigliosa sequenza in cui Ida Dalser guarda Il Monello e si commuove, in una doppia visione (del film e di colei che lo guarda) che trasmette allo spettatore tutta la magia del cinema e la sua potenza emotiva. Perché è il cinema stesso uno dei protagonisti di Vincere, prima come nuovo mezzo di comunicazione e intrattenimento, poi come strumento di propaganda. Mussolini sapeva bene quanto il cinema fosse indispensabile per il consenso popolare (come Berlusconi sa del potere della sua televisione) e quanto il politico dovesse trasformarsi in attore. I documenti che lo mostrano parlare svelano una magneticità performativa impressionante. Il Duce lavora sul suo volto, sui movimenti delle labbra e del corpo, sulle pause delle sue battute. Il Duce recita e coinvolge il popolo italiano. Portandolo verso la guerra. E il disastro.
Bellocchio però non è interessato solo all’immagine pubblica del Duce ma anche a quella privata. Il regista cerca di mostrare chi era Benito Mussolini prima di diventare un dittatore. Il suo passato socialista, la direzione dell’Avanti. Grazie all’ottima interpretazione di Filippo Timi assistiamo alle gesta e ai discorsi di un uomo che cerca di cavalcare il suo tempo, inserendosi nel fervore sociale e politico di quel periodo trasformandolo in tumulto. Poi in guerra. E su questa parola, così osannata e urlata, si costruisce la violenza verbale di Mussolini, che Bellocchio riporta sullo schermo attraverso invenzioni visive e comunicative prese dal Futurismo. E proprio ricollegandosi a questa avanguardia dei primi del novecento Bellocchio compie le sue scelte stilistiche, dando al suo film un ritmo possente e inarrestabile, soprattutto nelle parti in cui è presente il Duce, dimostrando quanto il Futurismo fosse vicino al cinema, inteso come modo per colpire lo spettatore. Ma oltre a Benito Mussolini, Vincere ha un’altra fondamentale protagonista. Ida Dalser, amante, moglie e madre. Donna emancipata, caparbia e passionale. Che vede in Mussolini l’uomo della sua vita. Che lo segue e lo aiuta. Per poi ritrovarsi abbandonata e non riconosciuta. Internata in un manicomio. Divisa dal figlio. Cancellata. L’esistenza di questa donna scardina completamente l’idea fascista di famiglia. Lei non è remissiva, sottoposta all’uomo, fucina di figli. Lei non è l’idea che il fascismo vuole dare della donna. Per questo deve scomparire.
Vincere fonde il melodramma con la cronaca storica, la finzione con la documentazione e va a colpire una matrice politica che vede nelle forme e nelle apparenze il modo migliore per ingannare e quindi controllare il popolo. E in questa visione Vincere è profondamente contemporaneo, immerso nel nostro presente, votato allo smascheramento dell’artificio comunicativo, teso a distruggere l’inganno mediatico che ogni leader costruisce intorno a se stesso.
Vincere! E Vinceremo!
La Storia ci ha dimostrato il contrario.
Bellocchio anche.