Le donne di una fabbrica belga si ritrovano improvvisamente senza lavoro. Vittime di dinamiche economiche incomprensibili hanno davanti agli occhi una sola verità. Il posto dove hanno lavorato per tanto tempo adesso è vuoto e loro sono disoccupate. Sedute ad un tavolo di un bar si chiedono cosa possono fare con i pochi soldi della liquidazione. Da sole, quasi niente. Unite, forse qualcosa. Louise, una di loro, ha una grande idea. Pagare un killer e uccidere il padrone che le ha licenziate.
Gustave De Kervern e Benoit Delépine raccontano questa storia attraverso uno sguardo capace di deformare la realtà per mandarcene un’immagine grottesca e distorta, in grado però di cogliere gli aspetti più cinici e sgradevoli di alcuni meccanismi sociali (il lavoro, il licenziamento). Il killer pagato da Louise, uno stralunato ciccione di nome Michel, che ha una serie di pistole costruite copiando quelle originali e che cerca sempre qualcuno che porti avanti il suo lavoro (possibilmente malati terminali), è uno spirito anarchico impossibile da fermare. I due personaggi, grazie alla loro perfetta estraneità rispetto al mondo che li circonda, riescono, paradossalmente, a cambiarlo. E allo stesso tempo a cambiare sé stessi. Ribaltando le rispettive identità sessuali, in una trasformazione di genere, Louise e Michel scoprono la loro vera natura. E forse anche l’amore.
La narrazione, libera da qualsiasi convenzione, si struttura come un insieme di situazioni isolate collegate tra di loro dagli spostamenti dei due personaggi per trovare il padrone da ammazzare. Lungo la loro strada Louise e Michel incontrano le persone più strane e visitano i luoghi più improbabili.. I registi si affidano ad una ironia cattiva e crudele, devastante nella sua capacità di disintegrare ordini sociali e generi sessuali, per mettere in scena l’assurdità di un mondo in cui meccanismi invisibili (ma dalle conseguenze anche troppo concrete) decidono del futuro delle persone. Attraverso una sgradevolezza di immagini e situazioni vengono così ridicolarizzate le ipocrisie di un ordine sociale fittizio e caotico, che aumenta sempre di più il divario tra ricchi e poveri, tra chi detiene il potere e chi è costretto ad obbedire. I veri padroni rimangono però invisibili, irraggiungibili. Il desiderio di giustizia, invece, è sempre presente, nel corpo gonfio e sgraziato di Michel o in quello goffo e patetico di Louise e soprattutto nel loro spirito, che diventa il medesimo di un’altra grande eroina anarchica, quella Louise Michel che amava dire – “Sono quindi anarchica perché solo l’anarchia può rendere felici gli uomini e perché è l’idea più alta che l’intelligenza umana possa concepire, finché un apogeo non sorgerà all’orizzonte”.
Trailer