Inverno (II)
I
Dal viatico trito
il ponte austero
presi e persi
e la luna
immota mi guardava
tra la nebbia
“Se tu fossi con me”
pensai
“il verno cederebbe
il passo al sole”
ma poi ti ricordai
seduta
dietro alla candela accesa
a cercare
del tuo sorriso
tu stessa
un buon sentiero
e tutto io capii:
la gioia e la tristezza
non hanno mai compagni fissi
ma solo ospiti paganti
e sbagliavo a
cercarti in quell’albergo
sfogliando i miei ricordi
in una notte praga.
Camminai
ancora un po’
guardando il fiume
e l’incedere veloce
dei passanti.
“Tu non ci sei”
mi dissi
“ma sei con me
lo stesso.”
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II
Tu sei per me
il gorgoglio
del passero
che beve alla fontana
il trillo
della sera in mezzo ai campi
con la fattoria vicina
e i grilli e i gatti
ed il sole
che si addormenta
tra i vigneti;
sei il motore che tossisce
in lontananza
lungo la strada provinciale
il vino fresco
servito dopo il pasto
il merlo che saltella
sopra il muro,
il verde melograno:
sei ogni mio pensiero,
a volte,
dolce tortura
a cui volente
adoro abbandonarmi
inutilmente.
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III
Sei ogni mio pudico rossore
ogni mio sguardo
rapido e sicuro
ogni rumore;
una voce che ritorna
a ricordarmi
qualcosa che non so
che non rammento
e che muove la mia mano
se adagiata molle
si impigrisce sul bracciolo;
un fiore di campo
che solitario
riempie una stanza
di colore
se su di lui
il mio sguardo poso;
il giorno che finisce
la scura notte,
il giorno nuovo.
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IV
Mendicavo il pomeriggio
tra vicoli deserti
avvolto dal lenzuolo
della musica di un organo lontano,
col passo svelto
di chi non ha più casa in sè
ma molto cielo
e che tra l’occhio
e il cuore
miglia non teme
di frapporre;
salivo in quell’inverno
freddo
verso il castello
verso una cima;
“Il cielo è senza stelle”
mormorai
“ma
ho la luna.”
Marco Giorgini