Nel mese in cui KULT Underground si trova, soddisfatto, a compiere due anni di attività, è facile che molti lettori si mettano a pensare a quanto siano cambiate le cose sulle nostre pagine, e a quanto sia diverso SUSSURRI da come era quando ventiquattro mesi fa, siamo partiti. Nel primo numero le voci sussurranti sono state solamente tre, e del resto questo è stato il numero degli autori fino al febbraio dell’anno seguente. I primi racconti? Beh, i primi testi non poetici sono quelli apparsi sul numero quattro (gennaio), ma le cose migliori hanno cominciato a venir fuori intorno alla metà del novantacinque… e comunque, praticamente mai, dopo la difficile ascesa iniziale, questa rubrica ha avuto mancanza di interesse o di nomi che abbiano saputo imporsi in qualche modo all’attenzione del pubblico. Qualcuno è apparso e scomparso, qualcun altro ha avuto una presenza sporadica ma non limitata nel tempo; altri, ed è superfluo citarli, hanno fatto da spina dorsale per questo “ritrovo letterario alternativo” in modo continuativo, aiutandoci a portare avanti qualcosa di particolare… Sì, c’è chi vorrebbe di più, c’è chi vorrebbe che la rubrica SUSSURRI diventasse ancora più grande, magari più esclusiva… Potremmo anche dirvi che a tutto questo “stiamo lavorando”, e sarebbe in effetti vero, ma la frase più corretta è che ci “state” lavorando… tutti voi… anche chi si limita solo a leggere questo o quello, senza soffermarsi a pensare a chi sta dietro il vostro schermo, senza pensare che per ogni cosa che leggete c’è un grande lavoro dietro. Anche queste persone contribuiscono nel loro piccolo a spronare altri a scrivere, o a comporre. Purtroppo il “contatto diretto” tra autori e lettori è spesso fiebile, dovuto a molti motivi, e capita che molti che provano poi rinuncino, incapaci di trovare quel “calore” che si aspettavano, incapaci di sentire il loro lavoro importante ed apprezzato. Per ovviare in parte a questo è ormai consuetudine che tra gli articoli presentati direttamente su Internet, attraverso WebKULT, ci siano sempre anche le opere di SUSSURRI più significative… e questo per ampliare la visibilità del materiale che ci presentate. Inoltre è probabile che gli incontri pubblici tra la redazione e gli autori possano diventare più frequenti della festa di compleanno ad ottobre, permettendo a noi di sentire le vostre richieste e le vostre esigenze a viva voce, e permettendo a voi di entrare effettivamente in contatto con persone con le quali condividete almeno una passione: quella dello scrivere. Fatevi sentire. Questo è un buon momento per farsi avanti e offrire una collaborazione più attiva e concreta; questo è un buon momento per essere creativi e mostrarlo a tutti gli altri. Ma passiamo ora a quanto offerto questo mese da chi questo passo già lo ha fatto.
* Permeata da un senso di rifiuto e di lotta contro il conformismo
305, di Asia 68, è la prima poesia proposta questo mese. Testo
di discreta ampiezza, ottimamente calibrato nei toni e nelle
immagini, che, dopo un inizio surreale ripropone l’eterno
conflitto tra i gestori del potere, e tra chi il potere invece
lo subisce, giorno dopo giorno. La poesia potrebbe parlare di
ogni luogo, di ogni momento storico, ma la metafora del numero
305 richiama alla mente immagini di un passato non troppo
lontano: si può forse vedere la Bosnia tra le righe? Forse
l’Africa o l’agonia ebrea della seconda guerra mondiale. Forse.
Ma forse il numero 305 è il nostro vicino di casa, e la sua
“uscita di scena” è qualcosa di meno teatrale ma di altrettando
doloroso. C’è chi vive ai margini, c’è chi non vorrebbe
piegarsi, c’è chi è disposto a lottare, ma basta un soffio
perchè tutto sia vano e si finisca in mezzo agli altri…
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* Inferno è la seconda poesia che Caterina Sonzogni presenta a
SUSSURRI. Chi di voi si ricorda FEBBRE dello scorso mese, noterà
non poche somiglianze: simile è sicuramente l’ambiente
letterario in cui la breve sequenza si snoda, simile è l’uso del
lessico e l’atmosfera. Incisivo, feroce, brutale, questo testo
sembra la descrizione di un incubo, di un disegno adatto ad
illustrare l’opera di Dante; e infatti tutti gli elementi sono
presenti: le grida, i dannati, le roccie e la grotta. Anche il
concetto di inferno come ambiente sotto di noi, in basso, è
fedelmente riportato. Ma da cosa tutto questo filmato viene
generato? Perchè questo sussulto ha luogo? Non ci è dato
saperlo, ma l’interrompersi dell’azione, della discesa, in un
contratto “e io sola.” forse qualche idea la dà, anche se, come
frequente capita nei sogni, non è impossibile che neppure
l’autrice abbia ben chiaro altro che le propria paure, le
proprie visioni.
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* Come “Inferno”, anche A simple Arundel night è la seconda opera
proposta da un collaboratore. Untold evening tale, infatti, dopo
Streets are empty del mese scorso, ci presenta un altro pezzo di
Inghilterra: Arundel. Similarmente alla poesia di Matteo Ranzi,
sempre di settembre, anche in questo caso questa cittadina
dell’Est Sussex non è che il teatro esterno in cui la narrazione
si snoda, e rimane soltanto poco più di un nome tra il fumo di
un pub, qualche amico appena conosciuto, ed il pensiero che
domani tutto sarà diverso, una volta ancora. Ritmo lento, senza
eccessi, che vuole ricreare la pace e il senso di benessere
diffuso di chi, lontano da casa, ritrova il piacere di passare
del tempo ad ascoltare e ad ammirare senza apprensione. Forse
migliore di “Streets are empty” è quasi un’ode dedicata dal
viaggiatore a chi ha avuto occasione di incontrare, fosse anche
per una notte sola.
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* Se dicessi che anche questo caso il clou poetico ha la sua
espressione in Tre poemi di Matteo Ranzi, non è improbabile che
qualcuno cominci a sospettare un qualche intrallazzo tra me e
questo ragazzo di 29 anni residente ad Imola. Ma anche non
volendo assegnare a questo trittico la “palma” per il migliore
componimento del mese mi è difficile non tributargli un certo
valore. Buenos Aires, Praga e Vienna sono i tre luoghi in cui
l’autore si compiace di esercitare il suo gusto artistico,
creando motti e frasi dal sapore arcaico ed elevato, richiamando
altra poesia, storia e letteratura in un unico breve ruscello di
parole, fresco e rapido, pronto per fare apparire, come per
incanto, una rosa rossa, una strada battuta, un fiume. Il più
caotico dei tre passaggi è probabilmente il primo: una Buenos
Aires intravista tra le righe del poeta (Borges) sfogliata
petalo dopo petalo quasi con frenesia, quando, nel Danubio che
muore in Galati il mondo stesso pare restare immoto.
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* Inverno (II) di Marco Giorgini chiude la parte dedicata alle poesie
di questo ottobre. Componimento suddiviso in quattro parti (un
prologo, una doppia parte centrale e un veloce epilogo) e
scritto con due timbri tonici: la prima e l’ultima parte hanno
il passo lento e cerebrale dell’inverno, mentre molto più vitali
sono le due centrali, solari e appassionate. Una donna, o meglio
il pensiero di lei, è il filo conduttore di tutta l’opera, che
inizia e finisce tra le strade di Praga.
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* Il titolo del primo racconto, 366(-), forse non vi dirà molto del
suo contenuto. Forse, addirittura, a causa di questo, lo
collegherete erroneamente alla poesia di Asia 68, e resterete
pensierosi sull’opportunità di leggerlo o meno. L’autore,
Raffaele Gambigliani Zoccoli, però non ha sbagliato nella scelta
di questo nome. Dedicato a “Philip Morris”, e siglato “un anno
dopo”, questo scritto, che l’autore definisce un “non racconto”
dipinge una mattina che accomuna moltissimi giovani italiani: la
partenza per la leva militare. Il viaggio, che inizia con una
sigaretta leggera, segno distintivo, come del resto i capelli a
zero, del nuovo “stato sociale”, termina come un sogno con il
chiudersi dei cancelli della caserma di destinazione. Ponderato
e riflessivo, con quel colore di viaggio in treno tra la notte
ed il giorno che è difficile descrivere a chi mai l’abbia
provato, senza dialoghi diretti, senza rancori, rabbia, paura o
altro, a parte una espressione di “eccitazione-disgusto”
stampata perennemente in faccia dei tanti personaggi, il
racconto cattura e coinvolge alla prima lettura. Gli amici sono
altrove, i genitori sono altrove, chi parte invece è “solo
insieme agli altri”… ma il dubbio che in ciò che si sta per
fare ci sia qualcosa di, se non positivo, almeno eccitante,
muore bruscamente il giorno dopo: questa è la morale del testo.
E la frase che chiude il racconto ve la lascio leggere dove è
stata scritta…
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* Secondo, splendido, racconto di ottobre è Diario di un visionario di
Francesco Venturi. Testo di discrete dimensioni, ben sviluppato,
pieno di spunti di riflessione e di una malinconia strana, quasi
felice, che non esita a turbare il lettore domandandogli se la
sua vita sia vera o falsa, giusta o sbagliata. Definire lo
scritto come “le esternazioni di un barbone” sarebbe quanto di
più sbagliato si possa fare, pure nella correttezza dei singoli
termini. Il “visionario”, l’uomo senza casa, nè lavoro, che vaga
da un posto all’altro per chiedere la carità e per osservare
persone e cose è un “poeta”. Un animo superiore che vede il
mondo da “un’altra angolazione”, e percepisce ciò che lo
circonda senza quei filtri imposti dalla società, che vede le
cose accadere e se le racconta. Il suo passato sopraggiunge a
tratti, non chiaro, ma giustificante: il protagonista non è un
poveraccio, la sua vita è l’incarnazione stessa di una scelta
precisa, di un desiderio di non fare, ma di pensare, e di
meditare, senza scopo, ma con costanza. L’uomo che ci racconta
della mano trovata nei rifiuti, del prete e del piccolo
calciatore, è un uomo che mette alcuni principi come superiori
rispetto ad altri, e per questo, in un qualche modo “si lascia
vivere”, senza pudore, nè vergogna, contrapponendosi nettamente
all’uso comune. Delicato e toccante racconto che manifesta la
grande abilità di Francesco Venturi nel descrivere situazioni e
persone, e nel gestire anche personaggi dalla personalità
complessa e singolare come il protagonista dimostra di essere.
Anche questo mese siete giunti al momento del fatidico F5… ma prima vi ricordo che potete collaborare con noi mandando racconti o poesie ai nostri indirizzi, visibili in uscita, e che i due concorsi attualmente promossi (la rete del giovane Holden e il concorso di SUSSURRI) non aspettano che artisti dotati di talento come sicuramente alcuni di voi sanno di essere…
Ah, mi raccomando, quando inviate materiale per i concorsi di specificare chiaramente a quale intendete partecipare…
Marco Giorgini, nato a Modena nel 1971, lavora da quasi trent’anni nel campo della linguistica computazionale e, nello stesso periodo, coordina la rivista culturale online KULT Underground. Autore di racconti e videogiochi d’avventura narrativi, ha pubblicato anche diversi romanzi, tra cui spicca il giallo per ragazzi Il Mistero della Statuetta Egizia (2019). Negli ultimi anni, gran parte della sua produzione è stata inclusa in antologie collettive, spesso ambientate nella sua città natale, come nel caso del racconto weird Moden-e (2024), inserito nell’antologia Modenesi per Sempre.
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