(Grizzly Man – Werner Herzog)
Proprio mentre nelle sale, poche, è passato il più recente “L’ignoto spazio profondo”, all’ultima edizione del Torino Film Festival ho avuto il piacere di assistere alla proiezione di “Grizzly Man”, un documentario, ma la parola non faccia pensare a polverose immagini d’archivio e narrazione monotona, sulla vita di Timothy Treadwell, un’eccentrica persona che fa dello studio degli orsi la sua ragione di vita.
Usando l’eccezionale materiale video girato dallo stesso Treadwell durante i parecchi mesi trascorsi tra gli orsi dell’Alaska, Herzog ricostruisce in maniera avvincente ed impeccabile sotto ogni punto di vista, l’apparentemente bizzarria di Timothy Treadwell, un giovane improvvisamente consapevole dell’emarginazione in cui vive, causa l’abuso di alcool e risse. Treadwell decide pertanto di trascorrere divresi mesi all’anno nel parco nazionale della penisola di Katmai, violando anche le leggi federali che vietano l’accampamento nel tentaivo di preservare l’habitat e le specie che ci vivono. Treadwell ha una personalità incline all’estremo, è un esibizionista e gira i suoi video come se fosse ora un famoso giornalista, ora un famoso naturalista. Treadwell cerca il proprio equilibrio in maniera sincera e scomposta allo stesso tempo, rintanandosi come un eremita nella propria tenda ma apparendo anche al Letterman Show, come una star, come una di quelle celebrità che ha sempre sognato di diventare. Certo è che nessuno si è mai spinto così avanti, raccogliendo video e informazioni sulla comunità dei pericolosi orsi Grizzly, una specie che nessuno ha mai avvicinato così tanto e per così tanto tempo. L’attività di Treadwell divide: da una parte c’è chi ne ha fatto prima un mito e poi un martire, come recita il sottotitolo originale del film, vedendo in lui l’esempio vivente dell’animale uomo, dell’animale che avvicina altri animali, dall’altra parte, soprattutto dalla scienza “ufficiale”, c’è chi sorride sulla sua “originalità” facendo notare come Treadwell mai si sia integrato coi Grizzly come vuol far credere ma li ha solo avvicinati senza criterio, e presto ne rimarrà vittima.
Il presagio diventa realtà nell’Ottobre del 2003, quando un orso aggredisce Treadwell e la sua compagna, uccidendoli entrambi. Herzog, prolifico autore di svariati generi cinematografici tra i quali è impossibile dimenticare i meravigliosi lungometraggi “Aguirre furore di Dio” o “Fitzcarraldo”, focalizza ancora una volta la sua attenzione sulle persone che sfidano la consuetudine e l’ovvietà, sugli eroi, loro malgrado. Treadwell è un disadattato, come Aguirre, come Fitzcarraldo. Egli “gioca” con gli orsi, gioca col destino facendosi beffa della gente normale che lo considera pazzo o geniale, ma mai banale. L’argomento scelto, il montaggio sapiente e delicato, rendono questo documentario un’eccezionale biografia di una persona, senza posizione, senza commenti. Grazie ad repertorio di immagini comunque straordinarie, quelle autogirate da Treadwell, veniamo a conoscere i pensieri di Treadwell, a volte esaltati, a volte scollegati, ma comunque veri, religiosamente sinceri, drammaticamente gridati ad una telecamera immobile che rappresenta tutti gli altri. “Grizzly man” è avvincente come un film senza essere un film, è interessante come un bellissimo documentario sa essere, e soprattutto ci permette di avvicinarci ad un genere che in questi anni recenti sta riguadagnando giustamente terreno.