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I carnefici del Duce – Eric Gobetti

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Laterza Editori

Storia

Pagg. 192

ISBN 9788858151396

Prezzo Euro 18,00

Anche noi fummo dei carnefici

E’ ancora in uso la vulgata degli “italiani brava gente”, riferita al comportamento dei nostri soldati nel corso della seconda guerra mondiale, ma si tratta di una formula auto assolutoria, benché ci siano stati effettivamente italiani dal comportamento umano. Purtroppo non sono stati pochi quelli che avrebbero meritato di finire davanti a un tribunale per essere giudicati per i gravi fatti compiuti, fatti raccapriccianti che nelle nostre colonie e nei Balcani hanno assunto le caratteristiche del genocidio. Quindi, come i famigerati tedeschi, ci sono stati anche i criminali italiani, che pur tuttavia non hanno pagato per le loro gravi colpe.

A parte il famoso processo di Norimberga, nel dopo guerra in Germania vi furono altri numerosi procedimenti giudiziari, conclusi con diverse condanne, ivi comprese le pene capitali, in buona parte eseguite (i tribunali della Repubblica Federale giudicarono 16.740 cittadini tedeschi, con 16 condanne a morte e 116 all’ergastolo). Lo stesso dicasi per il Giappone, dove sentenze con l’irrogazione della pena capitale sono state frequenti (i processi furono all’incirca diecimila con centinaia di condanne a morte).

Da noi invece, a parte i pochi processi che potremmo definire una farsa, poco è mancato che agli incriminati fosse concessa una decorazione.

Le motivazioni risiedono soprattutto nel fatto che chi ebbe a giudicare era ancora legato all’ideologia fascista, o parte attiva della casta militare, insomma per farla breve tutti i nostri criminali di guerra scamparono alla giusta condanna, con il risultato che quando un popolo non fa i conti con il suo passato è irrimediabilmente condannato a ripetersi negli errori.

Per fortuna che gli storici hanno preso atto della menzogna insita in “Italiani brava gente” e hanno portato alla luce i tanti casi di criminalità bellica, come per esempio Filippo Focardi con “Il cattivo tedesco e il bravo italiano. La rimozione delle colpe della seconda guerra mondiale”, edito da “Laterza”, Gianni Oliva con “Si ammazza troppo poco. I crimini di guerra italiani 1940 – 43”, pubblicato da Mondadori e Angelo Del Boca con “Italiani brava gente? Un culto duro a morire”, edito da Neri Pozza.

Eric Gobetti con questo “I carnefici del Duce” vuole anche lui portare alla luce fatti e misfatti dei nostri militari, sia nelle colonie (Etiopia e Libia), sia nei Balcani, zona geografica dove la nostra presenza avrebbe dovuto essere pacificatrice e dove invece provocammo, ad arte, tensioni e scontri fra i vari gruppi etnici, armando gli uni contro gli altri, sloveni, croati, serbi, e montenegrini, senza ritrarre vantaggi da questo nostro comportamento.

Il saggio di Gobetti va oltre la segnalazione di singoli eccidi, perché ricerca il livello di responsabilità, soprattutto, oltre alle colpe dei comandanti, quelle dei soldati, quasi sempre militari non di carriera. Che cosa spinse questi esecutori materiali a mettere in pratica l’ordine criminale, che motivazioni avevano? Le risposte sono diverse: il contesto di violenza in cui operarono e commisero gli eccidi, un’idea del tutto ignobile, per quanto inculcata, di una patria che cercava uno spazio vitale con l’aggressione sistematica, il razzismo verso i coloni arabi e gli slavi, visti come esseri inferiori, e anche altri, tutti peraltro riconducibili al martellante indottrinamento di un ventennio di fascismo. Del resto, non ci si può esimere dall’evidenziare che qualora un regime stimoli la parte peggiore di noi questa finisce con il mostrarsi, con una violenza quasi sempre ingiustificabile, se non nel desiderio dell’individuo di diventare carnefice per sentirsi quello che non è, e cioè forte e coraggioso.

Non si tratta purtroppo di casi isolati, ma di centinaia, se non addirittura di migliaia di questi carnefici che spesso provavano ebrezza nell’uccidere e che così si credevano eroi (basti pensare ai quasi ventimila abitanti di Addis Abeba, trucidati dopo l’attentato a Graziani, in quello che a tutti gli effetti fu un progrom, con una caccia indiscriminata agli etiopici, non solo dei soldati, ma anche dei privati cittadini italiani). Poi ci fu invece chi riuscì a conservare la propria umanità, ma ciò non toglie che i nostri comportamenti furono generalmente ben poco apprezzabili, come per le sistematiche razzie di cibarie e altro, che immiserì gli occupati, quando non accadde di peggio, come nel caso dei circa trecentomila greci morti di fame.

Di certo non possiamo assolvere tutto con un “Italiani brava gente”, se non vogliamo un giorno funesto ricadere nelle stesse colpe; gli anni sono passati, chi doveva essere giudicato è ormai scomparso, ma ciò non toglie che è giusto parlare di certi nostri comportamenti, affinché soprattutto i giovani sappiano che durante la guerra e le nostre occupazioni coloniali fummo tutt’altro che bravi.

Eric Gobetti (6 marzo 1973, Torino) è uno studioso di fascismo, Seconda guerra mondiale, Resistenza e storia della Jugoslavia nel Novecento. Autore di due documentari (Partizani e Sarajevo Rewind), esperto in divulgazione storica e politiche della memoria, ha collaborato più volte con il canale televisivo Rai Storia. Tra i suoi libri: Alleati del nemico. L’occupazione italiana in Jugoslavia (1941-1943) (Laterza, 2013); La Resistenza dimenticata. Partigiani italiani in Montenegro (1943-1945) (Salerno, 2018); E allora le foibe? (Laterza, 2021).

 

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