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L’orsacchiotto – Georges Simenon

3 min read

Edizioni Adelphi

Narrativa

Pagg. 160

ISBN 9788845937507

Prezzo Euro 18,00

Una vita insoddisfacente

Il professor Jean Chabot, medico ginecologo, è un professionista affermato, con una clinica di proprietà e un incarico all’università. Dovrebbe, pertanto, essere un uomo appagato, ma non lo è, perché conduce un’esistenza di assoluta monotonia, fatta di clinica, casa e amante. E’ un individuo incapace di relazionarsi con passione con gli altri, compresi i suoi familiari e anche la segretaria, ultima delle amanti in ordine di tempo. Ciò nonostante tutto sembra procedere regolarmente in questo percorso esistenziale in cui l’abitudine regna sovrana. Come chiuso in un bozzolo vive senza particolari entusiasmi e patemi d’animo, in un un crescendo di monotonia di cui pare non accorgersi fino a quando apprende di una giovane suicida ripescata nella Senna, una ex inserviente della clinica con cui aveva avuto un amplesso fugace una notte e che gli era sembrata, semi addormentata come lo fu in quell’occasione, un orsacchiotto nel letto di un bimbo. Se i motivi del tragico gesto non erano noti, certa era la sua gravidanza, giunta al quarto mese, di cui con ogni probabilità era da ritenersi responsabile Chabot. In un’altra persona sarebbe subentrato un senso di rimorso, nel nostro professore invece si incrina qualcosa, comincia a fessurarsi quel bozzolo di certezze in cui è rinchiuso. Inizia così una progressiva discesa all’inferno, contraddistinta da tanti piccoli episodi, come un’incertezza nel corso del travaglio di una partoriente, di cui il medico non trova ragione senza darsi pace, fino a quando si rende conto di quanto la sua vita sia insoddisfacente. Incapace di un effettivo trasporto verso i suoi familiari e addirittura anche verso la sua sua segretaria e amante comprende l’inutilità della sua esistenza, consapevole che quella posizione di prestigio raggiunta con la sua professione non può assolutamente garantirgli il piacere di vivere. Non vado oltre, per non togliere al lettore il piacere di una lettura che lo porterà, assai interessato, a un finale logico, anche se in un certo senso imprevisto.

Con un personaggio come Chabot e con una trama così Simenon, abilissimo nella fine analisi psicologica, è andato sicuramente a nozze e in effetti non si possono che apprezzare i vari approfondimenti. C’è però anche un altro piano di lettura, non infrequente nelle opere di Simenon, e cioè la condanna di una borghesia falsa e vacua, una classe sociale che lo scrittore belga, nonostante ne sia parte, francamente detesta.

Per il resto ritroviamo le consuete note positive relative alle descrizioni dei luoghi e alla capacità di ricreare, senza sbavature, la giusta atmosfera.

Quindi, la lettura, sebbene non facile, è indubbiamente consigliata.

Georges Simenon, nato a Liegi nel 1903, morto a Losanna nel 1989, ha lasciato centonovantatre romanzi pubblicati sotto il suo nome e un numero imprecisato di romanzi e racconti pubblicati sotto pseudonimi, oltre a volumi di «dettature» e memorie. Il commissario Maigret è protagonista di 75 romanzi e 28 racconti, tutti pubblicati fra il 1931 e il 1972. Celebre in tutto il mondo, innanzitutto per le storie di Maigret, Simenon è anche, paradossalmente, un caso di «scrittore per scrittori». Da Henry Miller a Jean Pauhlan, da Faulkner a Cocteau, molti e disparati sono infatti gli autori che hanno riconosciuto in lui un maestro. Tra questi, André Gide: «Considero Simenon un grande romanziere, forse il più grande e il più autentico che la letteratura francese abbia oggi»; Walter Benjamin: «… leggo ogni nuovo romanzo di Simenon»; Louis-Ferdinand Céline: «Ci sono scrittori che ammiro moltissimo: il Simenon dei Pitard, per esempio, bisognerebbe parlarne tutti i giorni».

 

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