KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Il filosofo in camicia nera – Mimmo Franzinelli

4 min read

Giovanni Gentile e gli intellettuali di Mussolini

Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.

Storia

Pagg. 384

ISBN 9788804738268

Prezzo Euro 24,00

Il principale intellettuale del fascismo

Al fascismo, per avere una consacrazione che andasse al di là del semplice spirito di un movimento, mancava una personalità, di chiara fama, che lo teorizzasse, una patente di nobiltà a cui un Mussolini, già al potere, non poteva che bramare. Del resto in Giovanni Gentile il duce trovò l’elemento adatto: di destra, ma liberale, e quindi non ancora fascista – ma lo diventerà in breve tempo – l’uomo, insegnante di filosofia, titolare di prestigiose cattedre universitarie, è il fondatore di una sua teoria filosofica, da lui denominata attualismo, che si può sintetizzare nel concetto che solo quello che si realizza attraverso il pensiero costituisce la realtà in cui il filosofo si riconosce. Non vado oltre, riguardo a questa teoria, per i miei limiti nella materia e anche perché non è lo scopo del bel saggio storico di Mimmo Franzinelli. Evidentemente parlare di questa filosofia ricollegandola al fascismo non rientrava negli scopi di Mussolini, a differenza di ciò che in effetti coniò Gentile come finalità del fascismo stesso, e cioè quello di creare un uomo nuovo, spirituale, per niente materialista e destinato a grandi imprese. E’ un bel fumo negli occhi che opportunamente inculcato nelle masse avrebbe fatto sì che le stesse intendessero come uomo nuovo Mussolini, esempio a cui tendere per dare un senso elevato alla propria vita. Come è ben noto, Giovanni Gentile venne assassinato dai Gap di Firenze il 15 aprile 1944, omicidio che fece, e fa ancora, molto discutere perché si ritiene non sia giusto punire un ideologo.

Al filosofo italiano si può imputare la notevole vanità, la ricerca di onori, di cariche di rilievo, di cui fu sempre gratificato da Mussolini, e lui lo ricambiò con una fedeltà a tutta prova, lui l’autore della grande riforma scolastica che si estrinseca nell’innalzamento dell’obbligo scolastico fino ai 14 anni, con un percorso che, dopo i cinque anni delle elementari, impone all’alunno di scegliere fra istituti di avviamento al lavoro, liceo scientifico, ginnasio, con quest’ultimo destinato a forgiare i nuovi amministratori dello stato. Come è possibile notare, tranne che per le elementari, uguali per tutti, è una scelta classista, benché la meritocrazia in sé non rappresenti un elemento confinante, a patto che tutti, economicamente, siano in grado di fare la scelta che ritengono più idonea.

Appare logico chiedersi perché Gentile sia stato ucciso. Non si ammazza in genere un filosofo, a meno che il suo comportamento e le sue idee abbiano avuto, e continuino ad avere, conseguenze nefaste. Tante sono le ipotesi e una delle più accreditate era la netta opposizione di Palmiro Togliatti al patto di pacificazione a cui Gentile stava lavorando. Nella primavera del 1944 il clima è da tempo quello della guerra civile, di cui indubbiamente si accorge Gentile, che continua a sostenere Mussolini, sottovalutando l’impatto dei suoi scritti dei suoi discorsi pubblici, come quello tenuto il 22 marzo all’inaugurazione dell’Accademia d’Italia, davanti a una platea ridottissima, in cui, oltre a inneggiare a Mussolini, profonde parole di stima del tutto esagerate nei confronti di Adolf Hitler, forse sperando così di riuscire a ottenere la liberazione del figlio, detenuto in un lager tedesco. Dopo tre giorni a Firenze si fucilano cinque giovani renitenti alla leva, un vero e proprio eccidio che amplifica il discorso del 22 marzo, e in questo clima si decide di rispondere al terrore con il terrore, cercando un capro espiatorio di notevole fama, e Gentile è il soggetto ideale, sia per la sua presenza costante nel fascismo, prima e dopo l’8 settembre 1943, sia perché non è difficile da raggiungere, in quanto, nonostante le incognite pericolose di un conflitto fra italiani, vive un po’ trasognato, immerso nei suoi pensieri e poco presente alla realtà.

Ecco, credo che in breve, dati i limiti di spazio, non si possa dire molto di più, e del resto per gli approfondimenti basta leggere questo riuscito saggio storico di Mimmo Franzinelli.

Mimmo Franzinelli (Cedegolo, 1954) studioso del fascismo e dell´Italia repubblicana, componente del comitato scientifico dell’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione “Ferruccio Pari”, è autore di numerosi libri, fra cui: per Bollati Boringhieri, I tentacoli dell´Ovra (1999, premio Viareggio 2000), Rock & servizi segreti (2010) e Autopsia di un falso. I Diari di Mussolini e la manipolazione della storia (2011); per Mondadori, L´amnistia Togliatti (2006), Il delitto Rosselli (2007), Beneduce. Il finanziere di Mussolini, con Marco Magnani (2009), Il Piano Solo (2010), Il prigioniero di Salò (2012), Tortura (2018); per Rizzoli, La sottile linea nera (2008). Con Feltrinelli ha pubblicato: La Provincia e l´Impero. Il giudizio americano sull´Italia di Berlusconi, con Alessandro Giacone (2011), Delatori. Spie e confidenti anonimi: l´arma segreta del regime fascista (UE 2012), Il Giro d’Italia. Dai pionieri agli anni d’oro (Feltrinelli, 2013), – per gli Annali della Fondazione Feltrinelli – Il riformismo alla prova. Il primo governo Moro nei documenti e nelle parole dei protagonisti (ottobre 1963-agosto 1964), con Alessandro Giacone (2013) e Fascismo anno zero (Mondadori 2019).

 

Commenta

Nel caso ti siano sfuggiti