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Bel-Ami – Guy De Mautpassant

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Letto oggi, 4/04/2006 in Ceglie Messapica (BR)

 

Una scrittura progressiva, finemente analitica – almeno per quanto la traduzione possa rappresentare uno stile – accompagna i pensieri, le mosse, le determinazioni di un protagonista particolareggiatamente descritto nelle fasi della sua esperienza di vita, tesa al raggiungimento del riscatto sociale e del successo.

Egli veste due facce, che sono due punti di vista. È lì, nei punti di vista, forza suprema dell’intera narrazione, che l’intero svolgersi degli eventi risiede.

 

Tutto il costrutto è retto da quest’assoluta armonia di parti storiche soggettive, che l’autore magistralmente maneggia tenendole in equilibrio, come fossero piatti equilibrati di una bilancia.

Il peso e il contrappeso sono infatti paritari, e rendono la totalità dell’attenzione stilistica alla quale Guy De Maupassant si è dedicato, con assoluto distacco persino dal mondo che andava descrivendo, creando un quadro perfetto di armonie ruotanti intorno ad un’apparente fatuità umana. Perfino ingenuità, che rende l’idea di quanto l’effetto-trascinamento dato al tema soggettivo possa protrarsi nell’arco temporale del testo, fino alla floresenza finale. Chiarificatrice, quest’ultima, e disvelatrice della reale misura di un essere umano. Misura più volte richiamata nel testo, a mo’ di precetto universale che non intacchi il risultato unico dell’opera; da scoprirsi, però, soltanto alla fine.

 

L’autore sa infatti benissimo che, per descrivere un arrivista, non può farlo percepire subito come tale, ma deve farlo vedere così come lo sentono i suoi coprotagonisti; in un testo che soltanto alla fine ci darà la visione della sua supremazia intellettuale.

È allora che tutta la commozione e il dispiacere, e persino lo sconforto e l’odiosità che in noi codesto prsonaggio ha suscitato, scompariranno sotto il peso del disvelamento. Persino il plauso del mediocre arrivato.

Non è difficile essere considerato istruito, credi a me; tutto sta nel non farsi mai pizzicare in flagrante delitto d’ignoranza. (pag. 11)

Certo, Duroy prima, Du Roy dopo, – Bel-Ami per le signore di lui invaghitesi – cerca di non farsi mai scoprire, gioca la sua parte di bravo ragazzo fino al suo ultimo matrimonio, che ultimo sarà nel racconto ciclico proposto: egli rimarrà per sempre un infedele, e sulla sua infedeltà, sulla sua mancanza di scupoli e sulle sue alchimie seduttive, si costruirà un futuro principesco; ma anche, sempre un po’ da fortunato. Principalmente da contadinello frustrato.

 

Tutta la narrazione, sino all’ultimo atto di riscatto, si gioca su un indefinito tempo, che sarà scalfito quando scopriremo la capacità di essere senza scrupoli, etica, credo, dell’Io-principe della storia.

Quest’ultimo tema è centellinato, come se al lettore si volesse far bere un veleno a piccole dosi: dal minimo dell’insignificanza al massimo della sfrontatezza, in un orgasmo d’onnipotenza che ci svelerà tutto intero il nuovo potente.

Il vescovo declamava: «Voi appartenete ai privilegiati della terra, siete i più ricchi e i più rispettati. Voi, signore, innalzato dai vostri meriti al di sopra degli altri, voi che scrivete, che insegnate, che consigliate, che dirigete il popolo, avete una bella missione da compiere, un bell’esempio da dare …» (pag. 251)

 

 

Il suo tavolo era là, complice, logoro e macchiato, degli innumerevoli errori di scrittura, con il suo spazio angusto per le braccia […] e una confusione di brogliacci scribacchiati che ormai erano diventati reliquie letterarie.[1]

 

 

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE.

Guy De Maupassant (Château de Miromesnil, Normandia, 1850/ Parigi, 1893),  prolifico romanziere francese.

La sua infanzia fu rattristata da frequentissime liti familiari tra un padre violento e dissoluto ed una madre nevrotica.

Allievo di Flaubert, trascorse la sua breve vita tra un’intensissima attività letteraria ed un’altrettanto inesausta attività amatoria.

La malattia venerea ereditata dal padre lo condurrà alla follia ed alla morte a soli 43 anni.

 

Guy De Maupassant “Bel-Ami”, Fratelli Melita Editori, La Spezia, 1992.

 

Un’interessante quarta di copertina, che cerca di attualizzare l’opera, e fornisce la misura di come essa venne percepita all’epoca, in ragione della descrizione incentrata sull’ambiente giornalistico.

Un’altresì interessante bio-bibliografia dell’autore, che cita anche opinioni illustri, coeve e non. Il tutto, purtroppo, non firmato.

Anche il nome del traduttore non ci è fornito, e sospetto persino che l’edizione non sia integrale, laddove è interrotta da lunghe righe puntinate.


[1] Da: Henry James “Greville Fame”, Editoriale la Repubblica, Roma, 1975; traduzione di Gaetano La Pira; pag. 8

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