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2018: 10 sfide per la comunità internazionale

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«L’abilità politica è l’abilità di prevedere quello che accadrà domani,
la prossima settimana, il prossimo mese e l’anno prossimo.
E di essere così abili, più tardi, da spiegare perché non è accaduto»
(Winston Churchill)
 
Sul finire dell’anno si sprecano i tentativi di delineare in maniera più o meno scientifica gli scenari per il futuro: non solo astrologi e cartomanti da baraccone, ma anche seri e blasonati think tanks internazionali offrono le proprie previsioni al fine di orientare le condotte personali e collettive, dei singoli come di interi corpi sociali.
Molto stimolante per il taglio e condivisibile nei contenuti è il rapporto presentato il 18 dicembre scorso dal CIDOB, Barcelona Centre for International Affairs, dal titolo «Il mondo nel 2018: dieci temi che segneranno l’agenda internazionale»[1] che ho avuto modo di approfondire e discutere recentemente in un incontro pubblico[2] e che qui esamineremo insieme.
 
La cornice: 3 fattori comuni
Il contesto in cui si trova la comunità internazionale in questo inizio 2018 può essere caratterizzato dalla persistenza della crisi dell’ordine globale che, seppur da molti sottostimato o disconosciuto, si manifesterà con maggior intensità e frequenza.
Possiamo evidenziare almeno tre elementi costanti che caratterizzano tale momento storico: il vuoto di potere mondiale generato dal retorico ritirarsi degli Stati Uniti di Trump verso un “America first” con il contestuale abbandono di tutti gli impegni multilaterali e l’incapacità (o indisponibilità) da parte di altre potenze di subentrarvi; l’avanzata della cosiddetta quarta rivoluzione industriale che si traduce concretamente in una ridistribuzione del potere su scala globale e in una sensibile alterazione dell’ordine economico e sociale delle economie più sviluppate con aumento della generale sensazione di insicurezza e tentazione al ripiegamento solipsista; la consapevolezza della pericolosa vulnerabilità digitale di persone, organizzazioni, imprese e stati, sempre più difficile da governare.
 
I contenuti: 10 sfide per la comunità internazionale
Se i tre precedenti caratteri costituiscono la cornice dell’attuale scenario internazionale, secondo gli analisti di Barcellona sono almeno dieci le sfide con le quali dovremo confrontarci nei prossimi mesi.
 
1.            Controllo della connettività e ordine globale
L’ordine geopolitico ed economico ereditato dalla seconda guerra mondiale e incentrato sui sistemi convenzionali multilaterali (Onu, Omc) ha dimostrato di non reggere alla prova delle sollecitazioni provenienti da modelli eterodossi di player globali: assicurarsi il controllo dei canali di trasferimento di merci e dati è una priorità strategica e la Cina è in prima linea in questo! Le sue reti, fisiche e virtuali, coprono e condizionano l’intero pianeta con buona pace di Washington e Mosca.
 
2.            Fiscalità, classe media e welfare state
Sono trascorsi dieci anni dal fallimento di Lehman Brothers che segnò l’inizio dell’ultima grande crisi finanziaria mondiale: governi, istituzioni e famiglie hanno reagito come hanno potuto. Riduzione del servizio al debito e aumento della pressione fiscale sono state le misure più utilizzate e con conseguenti riduzione del potere d’acquisto e delle garanzie di welfare (almeno là dove esisteva). Ora assisteremo ad una ulteriore avanzata delle classi medie delle economie emergenti (Cina, America del Sud, Africa) rispetto alle “decadenti” (Europa occidentale e Nord America) con problemi nella gestione sociale della frustrazione derivante dall’espulsione dal sistema.
 
3.            Ordine urbano
Povertà, esclusione, violenze, cambio climatico, sono tutti fenomeni con una crescente dimensione urbana: là dove abbiamo assistito a un apparentemente inarrestabile processo di concentrazione che ha portato oggi più della metà della popolazione del pianeta a vivere in città. In tale contesto, sono numerosi i leader politici locali che reclamano maggior protagonismo nelle scelte dei governi e degli organismi multilaterali convinti che le soluzioni ai grandi problemi globali iniziano a livello locale, in una sorta di sussidiarietà rovesciata, grazie al pragmatismo, alla prossimità e alla condivisione dei valori.
 
4.            Dalla fortezza al fossato migratorio
L’Europa si è sempre presentata come una fortezza, ma mai come nel prossimo futuro il profondo fossato scavato intorno nel tentativo di controllare i flussi migratori si dimostrerà tanto illusorio quanto provocatorio. Nel 2018, in ambito Nazioni Unite, si dovrebbe giungere all’approvazione del Global Compact on Safe, Regular and Orderly Migration, un congiunto di norme comuni che andrà a ordinare e completare il vigente sistema di Ginevra ma che avrà bisogno dell’impegno concreto e della fattiva volontà di tutti i membri della comunità internazionale.
 
5.            Terrorismo senza territorio ma con un progetto
Il mondo ha festeggiato la conclamata sconfitta di Isis senza riflettere a sufficienza sul fatto che ciò che rappresenta purtroppo continuerà a seminare morte e paura ispirando seguaci ed emuli. È probabile che gli attentati terroristici continueranno a essere realizzati da agenti individuali non collegati a vere e proprie reti sovranazionali con modalità di forte impatto e basso costo, facilmente attuabili in qualsiasi location.
Da monitorare sarà l’atteggiamento di alcuni governi mediorientali che cercheranno di approfittare della situazione per conquistare maggior popolarità.
 
6.            (Dis)informazione come arma politica
Produrre notizie false è economico e rapido mentre contrastarle è dispendioso e richiede molto tempo; inoltre, ci si è finalmente resi conto che i sistemi democratici sono i più vulnerabili e in periodo elettorale tale debolezza si aggrava.
Quest’anno il rischio politico avrà un sapore “italiano” per le imminenti elezioni e la possibilità che forze populiste sfruttino la crisi migratoria per cavalcare il malcontento diffuso.
 
7.            Leadership e transizione nell’ordine europeo
Per l’Unione Europea il 2018 sarà un anno di transizione: la Commissione Europea perfezionerà le condizioni della Brexit e Bruxelles potrà verificare la tenuta dell’UE a 27; l’Italia si confronterà con il rinnovo delle Camere e la formazione di un nuovo governo; Macron e Merkel, a titolo personale e come capi di stato, saranno impegnati per consolidare le rispettive leadership.
L’Europa potrà uscirne rafforzata o scivolare verso la sua dissoluzione.
 
8.            Golfo Persico, escalation regionale, rischio globale
Nella misura in cui la lotta contro l’Isis passa in secondo piano, le monarchie saudite aumenteranno i loro sforzi per presentare l’Iran come una minaccia globale. Posizione geografica e ruolo nel mercato energetico fanno sì che qualunque tensione si sviluppi nell’area produca effetti dirompenti su scala globale.
 
9.            Sahel militarizzato
Il Sahel è da anni sinonimo di instabilità, terrorismo, criminalità organizzata e interventismo da parte di attori internazionali.
La consapevolezza della prossimità pone i paesi europei in prima linea nell’impegno al contrasto del terrorismo jihadista anche se lo sforzo in campo militare dovrà essere accompagnato da investimenti per lo sviluppo economico e l’empowerment istituzionale.
 
10.         Appuntamenti elettorali nelle Americhe
L’80% dei cittadini del continente americano avrà un appuntamento con le urne nei prossimi mesi: Messico e Brasile, come Colombia e Cuba, nonché le elezioni di medio termine negli Stati Uniti. Contesti molto diversi ma che potranno generare tensioni o modificare lo scenario regionale in seguito a quanto accorso con l’ascesa di Donald Trump alla Casa Bianca.
 
2018: tra rottura e resilienza
In conclusione, possiamo dire che se molte saranno le sfide all’attuale stato delle cose tuttavia è ancora prematuro parlare di un nuovo ordine globale: coloro che fondarono il sistema liberale, pur se meno convinti nella sua difesa, non sono ancora disposti a passar la mano a chi inizialmente lo percepì come un’imposizione e ora ne vuole godere i vantaggi.
Ma se l’ordine globale sta risentendo della sua crisi più dura, i distinti ordini regionali non godono di miglior salute: da più parti si stanno mettendo in discussione le stesse fondamenta del contratto sociale alla base della civile convivenza e pochi sono in grado a elaborare proposte per smussare i punti di frizione ed evitare pericolose lacerazioni.
Sarà fondamentale disegnare soluzioni originali per ridurre i costi delle transizioni epocali che il mondo sta vivendo e potenziare la resilienza delle nostre società.
Nel 2018, non assisteremo a un cambio radicale dell’attuale ordine globale, però non possiamo prorogare il confronto sulla sua obsolescenza.
 
 

[1] Cfr. sito istituzionale del CIDOB, Barcelona Centre for International Affairs.

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