KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Quel passato così vicino racchiuso in un cassetto

2 min read

Quel passato così vicino racchiuso in un cassetto

A volte ce ne dimentichiamo, come se fosse trascorso tempo infinito. Eppure gli anni quaranta non sono poi così lontani e con loro ancora vivi e vividi sono i ricordi della guerra e chi quei momenti li ha vissuti ce lo può ancora narrare.
Attuale e toccante dunque risulterà il romanzo di Vainer Salati, nativo di Castelfranco Emilia, "Un ragazzo di vent’anni". Protagonista è Naigher, allievo ufficiale ventenne che dopo l’armistizio con gli Alleati venne catturato dai tedeschi. Straordinario è il gioco che con le due dimensioni temporali, passato e presente, l’autore è capace di creare. A parlare è infatti il Naigher dei nostri giorni, che ritrova, chiuso in un cassetto, il diario di quei giorni "lontani". Con quei fogli tra le mani affiorano veementi i ricordi e il passato viene ricostruito.
Le pagine del diario sono scritte in corsivo e il lettore veste così i panni del protagonista stesso che, dopo anni, rilegge le pagine da lui scritte, le emozioni intense di attimi tragici ed indimenticabili. Ma nelle fasi più dure non riuscì a scrivere nulla, vi aveva provato talvolta solo a posteriori, e allora ecco che l’uomo non può che fare ricorso alle sole memorie. Certo però l’immediatezza delle emozioni può essere rinvenuta soltanto nelle pagine del diario; la narrazione fatta dopo oltre mezzo secolo è più fredda e distaccata, di quel distacco e sdrammatizzazione figli dell’autodifesa.
Salati ci pone di fronte alla storia di un uomo, con tutto ciò che il suo animo racchiude, ad una delle mille storie simili vissute durante la Seconda Guerra Mondiale, ad alcuni dei milioni di sentimenti, progetti, aspirazioni e passioni dei protagonisti di quegli anni e di quelle esperienze.
E una domanda si innalza sopra le altre: la storia "eroica" di Naigher è finita forse nella mediocrità e nell’anonimato di tutti i giorni? No, perché ora Naigher ne sta scrivendo, dunque non è passato, non è finita; e soprattutto no perché ogni vita è di per sé un fatto unico e straordinario; quando poi nel proprio passato si conservano ricordi come quelli legati all’esperienza di una prigionia in Germania, le dure sofferenze e i patimenti mai potranno diventare anonimi: neppure la polvere del tempo potrebbe riuscire a velarne ed offuscarne l’intensità.

Francesca Orlando

Altri articoli correlati

Commenta