il sogno, le scelte, il progetto
È il sogno di un mondo più libero, più giusto e più unito.
È il progetto che vogliamo, giorno dopo giorno, concretamente realizzare.[…]
Per l’Europa, questo è il tempo delle scelte»
(Romano Prodi, Presidente della Commissione europea)
Ha fatto scalpore e sollevato polemiche come ormai tutto nel nostro Paese, ma rappresenta qualcosa di più di una semplice dichiarazione d’amore rivolta all’Europa e a quello che in Europa e per l’Europa si sta realizzando con lo sforzo di tutti coloro che condividono ciò che, cinquant’anni fa, era solo un germoglio nato dai sogni di alcuni grandi uomini usciti dalla II guerra mondiale con la sola ferma idea di non dover più assistere a simili terribili devastazioni: Schuman, Adenauer, De Gasperi. Mi riferisco alla prolusione del Presidente della Commissione europea, Romano Prodi, dal titolo "Europa: il sogno, le scelte", interpretata da molti, in buona o cattiva fede, come il programma elettorale della coalizione unita del centro-sinistra italiano per le prossime elezioni europee del giugno 2004 e, perché no, per la successiva corsa verso le politiche e il premierato alla scadenza del mandato dell’attuale legislatura.
Noi, da europeisti convinti quali siamo, crediamo nella bontà delle intenzioni del Presidente Prodi1 e, proprio in un momento così importante come quello che stiamo vivendo in cui le due più alte cariche dell’UE sono in mano a nostri concittadini (la Presidenza del Consiglio europeo sarà guidata sino a dicembre dal Presidente Berlusconi), vogliamo dare il nostro piccolo contributo alla costruzione della comune casa europea e offrire una rilettura commentata di questo documento2.
Si deve, innanzitutto, riconoscere al documento un chiaro stile comunicativo che però in più passi rievoca il famoso "I have a dream" di Martin Luther King, seppur in chiave filoeuropea: ed ecco allora che, se il sogno di Martin Luther, si riferiva ad una società più giusta per tutti, in particolare per bianchi e neri, il sogno di Prodi sfocia poi in un progetto e, subito, in una concretizzazione già in avanzato stato di realizzazione che è l’attuale sistema politico e istituzionale dell’Unione Europea.
L’apertura è affidata ad una disamina di quelle che vengono chiamate le "sfide del ventunesimo secolo": qui, dopo un invito abbastanza epico al compimento di scelte decisive rivolto al popolo europeo, si passano in rassegna fenomeni che si ritiene stiano cambiando il mondo e il nostro continente quali la globalizzazione, l’innovazione tecnologica, l’evoluzione demografica, il degrado dell’ambiente, le democrazie in affanno, il divario tra Nord e Sud del mondo e, da ultimo, la forza dell’Europa che rappresenta lo strumento di azione/reazione per fronteggiare queste realtà.
Avanzando per luoghi comuni di scontatissima evidenza ("La terra è diventata allo stesso tempo più grande e più piccola" oppure "Di fronte ai perduranti squilibri tra il Nord e il Sud del mondo, di fronte alle terribili condizioni di vita di intere popolazioni, non possiamo restare inerti" o ancora "Reagire di fronte a questi grandi cambiamenti non è facile"), si presenta l’attuale situazione di fatto e si invita a prendere coscienza delle nostre opportunità per rendere il sistema Europa maggiormente performante e imporre a livello globale un certo european style of life in alternativa al più noto american style.
Se la descrizione della realtà pecca di una certa superficialità, l’elencazione che segue degli euro-valori condivisi non è da meno: iniziando dal valore della giustizia intesa come libertà di tutti e di ciascuno, proseguendo poi con la pace (per la quale non manca un riferimento alle bandiere arcobaleno che hanno riempito le nostre città nei mesi scorsi3), la democrazia ("pianta delicata che richiede di essere curata ogni giorno"), l’uguaglianza, il rispetto e la tutela dell’ambiente.
Chiarite le sfide dei tempi, richiamato il comune patrimonio valoriale, si passa dunque ad indicare le politiche concrete che devono essere attuate per "dare corpo e sostanza all’Europa che vogliamo", vale a dire per "operare delle scelte".
Scelte delicate per rilanciare una vera partecipazione democratica dei cittadini, rinvigorendo la passione per la gestione del bene comune, combattendo le derive di "impronta populista e xenofoba" e gli abusi dei mezzi di comunicazione di massa quali strumenti di condizionamento di massa. Di sicuro effetto demagogico, e non certo paneuropeo, il richiamo espresso a immagini di personaggi quali il Presidente Ciampi e il Papa "che sanno essere portatori di messaggi di pace e solidarietà con i più deboli o del senso dell’unità nazionale ed europea".
"La risposta da dare a quello che ho chiamato l’affaticamento delle nostre democrazie è la più difficile in termini intellettuali e politici, perché si tratta di individuare, se non di inventare, forme di partecipazione e dialogo più diffuse, più continue, più capaci di portare nel circuito del dibattito politico persone che oggi se ne sentono escluse", è questo il dovere di ciascuno secondo il Presidente Prodi accanto alla "difesa ad ogni costo del pluralismo dell’informazione".
Dopo questo richiamo abbastanza marcatamente inserito sulla scia della polemica tutta nazionale nei confronti di chi, impegnandosi in politica, controlla più o meno direttamente i media, si passa ad un breve elogio delle donne che meritano "un’attenzione speciale, specialissima" per poi arrivare a definire "la crescita come priorità economica numero uno". Istruzione, ricerca e innovazione, mercati e libera concorrenza (con la specificazione che, comunque, "non tutto può e deve essere privato"), welfare state e difesa dei più deboli, rete di solidarietà, immigrazione, integrazione e cittadinanza europea, certezza del diritto ("leggi chiare e uguali per tutti") e sicurezza (come poteva mancare il richiamo all’esigenza di protezione "contro le grandi e terribili minacce del terrorismo" e l’affermazione per la quale "governare vuol dire farsi carico anche delle ansie e dei timori dei cittadini" che sembra tanto lo slogan di un candidato sindaco di provincia), ambiente inteso come "investimento che rende" e politiche per la pace, per le quali, "il quadro irrinunciabile di riferimento, allo stesso tempo politico e giuridico, per l’agire internazionale dell’Europa sono le Nazioni Unite" mentre "la linea di coloro che pensano che il mondo sia più stabile se affidato ad un’unica superpotenza non è quella dell’Europa": queste le tappe del Prodi-pensiero per il futuro prossimo dell’Unione, le scelte che siamo chiamati coraggiosamente ed ineluttabilmente a compiere "per dare corpo e sostanza alla visione di un’Europa di giustizia".
Ma, come poi si riconosce, pur parlando di Europa come se oggi già esistesse "un soggetto capace di esprimere e attuare una politica unitaria", bisogna riconoscere che non è ancora così; difatti, "la costruzione di un sistema di governo efficiente e coerente è una meta che non possiamo dire di avere raggiunto, non da ultimo perché l’Europa è una realtà complessa" che necessita di ulteriori passi in avanti per poter competere con i tempi.
Ed ecco allora alcune domande, retoriche ma non troppo, che il Presidente della Commissione pone quale sfida ai cittadini ed alle istituzioni europee: "Siamo pronti ad adottare come regola generale per le decisioni delle istituzioni europee il sistema del voto a maggioranza4? Siamo pronti ad accettare che, in un campo essenziale per il completamente del mercato unico come quello delle imposte indirette, debba cadere il diritto di veto dei singoli stati? Siamo pronti a dar vita ad un’agenzia europea per la protezione civile, mettendo in comune le nostre sparse risorse nazionali contro terremoti, alluvioni ed incendi, magari dipingendo con il blu e le dodici stelle gialle della bandiera europea i nostri Canadair5? Siamo pronti ad istituire una Fondazione Europea per la Scienza per assicurare alla ricerca scientifica europea un livello di qualità e indipendenza comparabile a quello permesso sull’altra sponda dell’Atlantico dalla American Science Foundation? Siamo pronti a rinunciare ai seggi nazionali a favore di un unico seggio europeo al Fondo Monetario Internazionale? Siamo pronti ad adottare strumenti che permettano all’Europa di essere effettivamente rappresentata in modo unitario e coerente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite?". E la risposta, o meglio la strada da percorrere per cercare di fornire una o più risposte, viene indicata così: "Queste sono le scelte che ci stanno davanti e che definiscono, ben più concretamente di tante vuote proclamazioni di fede europeista, il vero atteggiamento che ciascuno di noi, che ciascun governo, che ciascuna forza politica ha nei confronti dell’Europa".
Si giunge, così, alla conclusione e, proprio nell’ultimo capitolo, "Le forme della politica", si raggiunge il punto più discutibile di questo lavoro. Ciò perché, se fino a questo punto tra luoghi comuni e superficialità comunque erano inserite delle corrette analisi e degli idealistici inviti all’impegno per la realizzazione di un ideale comune, qui si cade nella più bassa partigianeria possibile e si vede il Prodi organo istituzionale che depone la bandiera a dodici stelle per imbracciare quella dell’Ulivo: sì, avete capito bene, proprio l’Ulivo con la lettera maiuscola, non il rametto di biblica memoria, bensì la formazione politica che raccoglie lo schieramento italiano del centro-sinistra. E questo, da chi siede sul più alto scranno di Bruxelles, non lo si può accettare.
E non lo si può accettare nemmeno se questo avviene all’interno di un invito al rinnovamento rivolto alle forze politiche esistenti nel panorama europeo dicendo "è in questa prospettiva che, guardando all’Italia e alle elezioni della primavera prossima per il rinnovo del Parlamento Europeo, ho proposto a tutti i riformatori che si riconoscano in una comune visione dell’Europa, e che siano pronti a condividere un programma comune, di unirsi in una singola lista. […] L’ispirazione, tuttavia, resta quella che fu all’origine dell’Ulivo. Un disegno che rappresentava e rappresenta un tempo nuovo, un modo nuovo, una forma nuova della politica".
Questa è un’aperta scelta di campo che pone chi la pronuncia non più al di sopra delle parti, titolare dell’istituzione che i trattati prevedono sia "guardiana" e garante dei superiori interessi dell’Unione e non rappresentante di interessi specifici. E a nulla vale il riconoscere che "anche su scala europea, il sistema che meglio garantisce il buon governo è l’aperto confronto tra due schieramenti, l’uno alternativo all’altro" e, quindi, invitare a formare tali schieramenti.
La chiusa del documento torna ad utilizzare lo stile da romanzo dell’apertura: "Ogni cammino, anche quello lungo mille miglia, deve cominciare con un primo passo. E più lungo è il cammino che si deve percorrere, più è importante che quel primo passo sia fatto con rapidità". Ponendo la parola fine dopo l’ennesimo invito all’unità6: "Uniti, possiamo dare una risposta nuova alla crisi della politica e della democrazia".
Che Prodi voglia tornare in Italia lo possiamo capire, che voglia tornare ad impegnarsi attivamente nella politica nazionale pure, che voglia ridare fiducia a chi gliela tolse in maniera abbastanza subdola anche, ma che si serva della sua attuale posizione per lanciare proclami, questo non possiamo e non dobbiamo permetterlo.
E allora, a costo di passare per faziosi, alziamo la nostra voce per dire: signor Presidente, questa volta ci ha proprio deluso!
E questa delusione proviene dal profondo di un giovane cuore che nell’Europa ha creduto, crede e continuerà a credere nonostante tutto e nonostante tutti, e continuerà ad operare per costruire questa Unione Europea che abbia veramente un volto umano, che sia vicino ai cittadini, che operi per la vita e lo sviluppo sostenibile.
Davide Caocci
abbiamo chiari i valori ai quali vogliamo ispirarci,
ora dobbiamo indicare le politiche concrete
che debbono dare corpo e sostanza all’Europa che vogliamo»
(Romano Prodi, Presidente della Commissione europea)
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Il futuro dell’Europa:
«L’Europa è un sogno e un progetto.
«Conosciamo le sfide,
Purtroppo, non nella bontà dei risultati ottenuti (N.d.A.)
Cfr. http://europa.eu.int/comm/commissioners/prodi/pdf/europedream_it.pdf, per il testo integrale in italiano.
Cfr. dello stesso Autore, Pace sulla bandiera della pace! – in KultUnderground, n.94 – 2003.
È questo uno dei punti di maggior disaccordo in ambito di redazione del redigendo Trattato costituzionale (N.d.A.)
Sicuramente l’aspetto più rilevante della questione sarà la tonalità dello smalto da dare alle carlinghe degli aerei: blu oltremare o indaco? (N.d.A.)
Senza, da parte dell’Autore, alcuna allusione politica di parte.
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