Karen Jones, Barry Copper e Harry Ferguson
C’è bisogno per il lavoro sociale spesso di un orientamento “pratico”, che aiuti a riflettere sulle tante situazioni complesse che si affrontano e fornisca criteri di azione efficace.
Coloro che lavorano nell’ambito generale dei servizi sociali, come gli assistenti sociali, gli educatori territoriali, gli operatori che si occupano della tutela dei minori e nei settori di igiene mentale, ma anche quanti spesso hanno a che fare con “casi sociali” indirettamente lavorando per esempio nel mondo della scuola, si trovano spesso ad affrontare dei veri e propri dilemmi etici, in cui non sempre è chiaro come condurre una prassi che da una parte rispetti gli utenti, dall’altra sia in grado di risolvere situazioni di emergenza, dove occorrono scelte dense di responsabilità.
Quando una donna è vittima di violenza famigliare, oppure una famiglia deve gestire la presenza di un figlio con seri disturbi mentali, non basta erogare dei servizi di supporto, ma bisogna spesso prendere decisioni che gli utenti spesso non sono in grado di prendere da soli, per ridurre le situazioni di pericolo e per ristabilire un benessere compromesso.
Il libro “Lavoro per bene” curato da Karen Jones, Barry Cooper e Harry Ferguson, tutti docenti universitari dell’area del Università del West of the England, con una buona esperienza di lavoro sul campo, ha proprio l’obiettivo di aiutare a riflettere sulle prassi nel servizio sociale, presentando casi concreti nei più diversi ambiti (dai minori agli adulti, dai casi di violenza a quelli che riguardano situazioni di disturbo mentale).
Come lascia intendere anche il sottotitolo del volume, buone pratiche nel servizio sociale, la riflessione sulla prassi parte dall’analisi su situazioni concrete in cui gli operatori e gli utenti hanno costruito insieme strategie efficaci per risolvere situazioni complesse di malessere.
A differenza di quella che i curatori dell’opera chiamano nella prefazione del testo, una “cultura del deficit”, che imposta i libri sui servizi sociali a partire da quello che non va e non si deve fare, senza però quasi mai proporre soluzioni, il punto di vista di questa opera, che ne costituisce sicuramente l’aspetto più interessante e l’originalità, è quello di essere propositiva: si propongono, infatti, alcune prassi di lavoro che sono risultati efficaci, capaci cioè di raggiungere gli obiettivi prefissati o quanto meno di coinvolgere in modo positivo gli utenti nell’elaborare possibili soluzioni, e si riflette su quali strumenti e criteri sono utili, quindi, per impostare il lavoro sociale.
Il metodo proposto dal volume è quindi induttivo: non si parte da principi astratti per indicare come dovrebbe essere la realtà, ma si comincia da situazioni concrete per estrapolare valori, principi e norme che possano guidare una buona prassi.
Il testo propone quindici contributi, che spaziano nei diversi aspetti che il lavoro sociale comporta: gli autori dei contributi provengono o dal mondo accademico o da quello professionale; alcuni contributi sono scritti congiuntamente da docenti e operatori sul campo e, in ogni caso, questo continuo rimando fra aspetti teorici e aspetti pratici è sicuramente un filo conduttore di tutto il libro.
I quindici capitoli sono raggruppati in tre parti: la prima parte serve per contestualizzare a livello teorico la prospettiva di analisi “critico-riflessiva” che gli autori propongono nel lavoro sociale; la seconda parte presenta diversi percorsi di aiuto che si offrono come esempi di buone pratiche nel lavoro sociale e che spaziano, come dicevamo, su diversi ambiti: dalla tutela dei minori al colloquio con gli adulti, dalla disabilità alla violenza famigliare.
La terza e ultima parte si presenta anche questa come originale, riflettendo su un tema interessante ovvero il rapporto fra chi lavora nel sociale e le organizzazioni con cui collabora o da cui dipende; anche questo aspetto, spesso inesplorato, risulta invece essere determinante per il lavoro sociale moderno, che spesso è molto influenzato dalla sua capacità di “fare rete” con altri sistemi e dipende dai rapporti di potere e dalla struttura burocratica degli enti che gestiscono il servizio sociale. Gli aspetti manageriali e burocratici, infatti, costituiscono elementi determinanti per molte prassi di lavoro nei servizi sociali, pur non essendo questo un argomento sempre vissuto consapevolmente dagli operatori.
Come fa notare la curatrice dell’edizione italiana, Maria Luisa Raineri, certamente l’ambito anglosassone, da cui la riflessione dei diversi autori dipende, si presenta come diversa rispetto all’impostazione e alle figure professionali del mondo dei servizi sociali italiani; anche alcune figure come quelle dell’assistente sociale o dell’educatore, in un certo senso, non collimano precisamente con figure simili di colleghi di oltre Manica. In ogni caso gli spunti di riflessione circa la gestione dei casi sociali sono straordinariamente attuali e sicuramente utili anche per il lavoro nel nostro paese.
Ho trovato il libro molto interessante sia per la prospettiva di fondo sulla presentazione delle buone prassi, molto utile per fare uscire la riflessione sui servizi sociali da quella prospettiva spesso catastrofista e attenta solo al negativo, tipica forse di un modo di lavorare non solo anglosassone, ma anche italiano, sia per la capacità di affrontare in maniera realistica e precisa molti aspetti complessi e, in un certo senso, “drammatici” del lavoro sociale: come operare in situazioni di violenza, quando la stessa donna non ha la forza di denunciare il marito? Come aiutare un anziano, con un bisogno di non perdere il contatto con il proprio mondo, ma che allo stesso tempo sta perdendo la sua autonomia, ad accettare un percorso di aiuto che comporti anche la possibilità di essere ricoverato in una struttura?
Questi interrogativi, molto vicini all’esperienza di chi lavora nel settore, a cui i diversi contributi cercano di dare una risposta in modo positivo ed efficace, rendono il volume interessante non solo per gli “addetti ai lavori”, ma anche per quanti si trovano ad avere a che fare con i tanti “casi sociali” che caratterizzano la nostra società, e che troveranno in questo testo parecchi elementi di riflessione.