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Volley

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Conoscere la pallavolo

Prima di scrivere qualsiasi parola è giusto che mi presenti, siccome questa è la mia prima (e speriamo non ultima) apparizione su KULT.
Il mio nome è Enrico, e sono stato coinvolto in questa attività di pseudo-giornalista informatico da un certo Marco Giorg…, il quale, circa tre mesi fa, mi chiese se avevo qualcosa da scrivere per la rivista.
Dopo cinque o sei secondi di riflessione sono arrivato alla conclusione che l’unico argomento che conosco abbastanza bene da poter scrivere qualcosa d’interessante (ma lo sarà poi veramente?) è la pallavolo.
Io pratico questo sport da una dozzina d’anni a livelli provinciali, e solo in rare occasioni sono riuscito a giocare in campionati più importanti.
Considerando gli scarsi risultati ottenuti con lo sport attivo, alcuni anni fa ho pensato di cercare gloria nella carriera d’allenatore.
La carriera d’allenatore è durata cinque anni, in cui devo dire che mi sono tolto qualche bella soddisfazione; in questo periodo la mia unica attività pallavolistica è quella di giocare in un campionato di seconda divisione.
Spero che dopo questa presentazione ci sia ancora qualcuno che stia leggendo il mio articolo; ho pensato di dedicare la mia prima apparizione su KULT ad una descrizione del fenomeno pallavolo nei suoi aspetti più generici e curiosi.
Bene, possiamo iniziare…
Se ci fosse un’indagine in Italia che chiedesse qual è lo sport maggiormente praticato nella penisola, il risultato sarebbe facilmente prevedibile: tutti risponderebbero il CALCIO.
Il calcio è sì lo sport più diffuso, ma non è quello più praticato a livelli agonistici; infatti, il primato dei tesserati in Italia spetta proprio alla pallavolo.
Probabilmente il successo di questo sport, soprattutto nelle fasce di età più giovani, è dovuto al fatto che il volley rappresenta lo sport tipico da praticare a scuola.
Anche a questo proposito mi piacerebbe sfatare un mito; quando un ragazzo è nella fase della crescita gli unici due sport “vivamente” consigliati dai dottori sono il nuoto e la pallavolo.
In merito al nuoto non posso dire nulla, ma in merito alla pallavolo penso di avere gli argomenti per andare contro ai pareri dei medici.
Il volley solitamente è consigliato perchè è ritenuto uno sport completo in virtù del semplice fatto che “ci si muove tutti”.
E’ vero che questo gioco consente di mettere in moto gran parte dei muscoli, ma è altrettanto vero che non tutti i muscoli sono soggetti allo stesso carico.
In un ragazzo molto giovane, infatti, gli arti inferiori lavorano in percentuale più bassa rispetto a quelli superiori che sono sottoposti a sforzi non indifferenti per riuscire a colpire la palla con una potenza sufficiente.
La forza delle gambe di un pallavolista giovane viene in parte trascurata poichè il potenziamento, è conseguito quasi esclusivamente con l’utilizzo di pesi particolarmente dannosi per un fisico che deve ancora completare lo sviluppo.
I medici, inoltre, consigliano la pallavolo ritenendola uno sport simmetrico; un’attività si definisce simmetrica se il lavoro fisico sviluppa in modo uniforme il corpo.
La pallavolo non è uno sport simmetrico: nessun colpo è eseguito caricando in modo uniforme il corpo; anche quei colpi, come il palleggio, che possono apparire equilibrati, in realtà non lo sono.
Infatti, nel movimento tecnico del palleggio gli arti inferiori lavorano in modo diverso, poichè, una gamba è quasi completamente scaricata, mentre sull’altra grava il peso del corpo.
Se i gesti che possono apparire simmetrici non lo sono, quelli palesemente asimmetrici generano forze da segnare in modo inconfondibile il fisico del ragazzo non completamente sviluppato.
Il movimento della schiacciata ad esempio, oltre a far lavorare in modo asimmetrico i muscoli della schiena, può provocare anche malformazioni a livello delle scapole.
Se aggiungiamo che il continuo saltare della pallavolo, è particolarmente traumatico per la schiena, ditemi voi quale differenza c’è fra questo sport e il tanto odiato tennis (da parte dei medici ovviamente).
Ora però è giunto il momento di accantonare i medici e le loro convinzioni, per passare a qualche altro argomento in tema di pallavolo.
Penso che attualmente il volley sia il terzo sport nazionale, come importanza, ma a differenza di tante altre attività, la popolarità l’ha guadagnata attraverso i risultati ottenuti in campo internazionale dalla rappresentativa del nostro paese.
In nessuno sport di squadra si è mai verificata una costanza di rendimento ad altissimi livelli simile a quella della nostra nazionale maschile.
In sostanza dal 1989 la nazionale ha perso solamente tre delle innumerevoli manifestazioni cui ha partecipato.
In questi anni sono stati conquistati tre campionati europei, due campionati mondiali e cinque Word League (una specie di torneo che coinvolge ogni anno le più forti squadre mondiali).
Io ritengo fondamentale fare notare che prima del 1989 l’unico risultato di rilievo della nazionale azzurra sia stato una medaglia d’argento ai mondiali del 1978.
Ancora più significativo è il fatto che nel 1990 l’Italia ha vinto il suo primo mondiale quando due anni prima era arrivata dodicesima ai mondiali.
Questa svolta, io la attribuisco ad una sola persona, che, caso più unico che raro in uno sport di squadra, è riuscita in breve tempo a capovolgere le sorti della nostra nazionale.
La persona in questione è Julio Velasco: non è un mago, ma è un allenatore che è riuscito ad allenare aspetti trascurati dai suoi colleghi.
Oggigiorno dal punto di vista fisico tutti gli atleti hanno un grado di preparazione ottimale, difficilmente migliorabile; la squadra che vince pertanto non è la più forte dal punto di vista fisico, in quanto in questo campo c’è un livellamento globale.
La squadra che vince spesso è quella più forte psicologicamente, la più convinta dei propri mezzi. Secondo me la bravura di Velasco, oltre a quella prettamente tecnica, consiste nel riuscir a convincere gli atleti delle proprie possibilità.
Per fare questo non servono sedute dallo psicologo, ma esercizi tali da sviluppare oltre le capacità tecniche anche quelle mentali.
L’utilità dell’allenamento psicologico dell’atleta, in uno sport di situazione come la pallavolo, secondo me è un argomento interessante che merita di essere ampiamente sviluppato; siccome lo spazio che mi è rimasto è poco, penso di trattare questa tematica sul mio prossimo articolo.
Per questa prima volta basta così (probabilmente nessuno è arrivato a leggere sino a questo punto): sperando di poter continuare a raccontare qualcosa sulla pallavolo vi ringrazio per la sopportazione e vi saluto tutti!

Enrico

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