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Ultimo atto

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Ultimo atto

Questa volta devo aver proprio colpito nel segno, mi son meritato ben due articoli di risposta.
Mi si rimprovera di dire cose inaccettabili -“per me un bosniaco ucciso è un offesa alla pace, un serbo ucciso è un gradino seppur doloroso verso il componimento del conflitto”-, è vero è inaccettabile, ma è tutta la situazione che è inaccettabile e la considerazione da me fatta ne era una diretta conseguenza.
A distanza di 50 anni la frase “per me un’Inglese ucciso è un offesa alla pace, un tedesco ucciso è un gradino seppur doloroso verso il componimento del conflitto” è così provocatoriamente inaccettabile?
Così come 50 anni fa il mondo non poteva permettersi una vittoria tedesca così adesso è divenuta inaccetabile la folle politica d’agressione Serbo-bosniaca.
Partendo da questo punto vorrei fare alcune considerazioni, le ultime su questi avvenimenti nella speranza che anche quest’ultimo mio articolo sia motivo di discussione e foriero di ulteriori interventi su questa rubrica intitolata a uno dei piu’ caratteristici emblemi della democrazia Britannica.

Pace, sempre e comunque pace, ma non una qualunque pace. Deve essere una pace giusta non una soluzione umiliante per chi guerra ha subito.
La tanto invocata soluzione diplomatica può essere perseguita solo in seguito ad una massiccia operazione militare.
Mi disgusta nel più profondo del cuore pensare di potermi sedere allo stesso tavolo e mercanteggiare, trattare con chi ha perseguito lo sterminio scientifico di un popolo, mi indigna poter pensare che a persone come i macellai Serbo-Bosniaci possa essere concessa la dignità di interlocutori di pace.
Non si poteva, ne si doveva trattare con Hitler, non si può, non si deve trattare con il signor Karadzic.
Il Signor Karadzic si deve arrendere.
Si deve perseguire la pace, ma prima devi ottenere la resa assoluta e incondizionato di chi guerra ha seminato; per poter ottenere la resa devi combattere e uccidere e quando avrai ottenuto una schiacciante ed inequivocabile vittoria potrai imporre le tue condizioni. La pace la devi imporre non mercanteggiarla con chi pace non vuole.

Esiste una responabilità oggettiva in capo ad ognuno di noi per il semplice fatto di appartenere ad una nazione.
Io individuo singolo insieme ad altri singoli individui formiamo all’interno di un territorio delimitato da confini una nazione.
Una nazione appare, esiste per mezzo di rappresentanti eletti in via diretta o in via indiretta oppure nominati da altri soggetti preposti fra le altre cose alla loro nomina. Questi rappresentanti (politici, militari, diplomatici ecc.) prendono decisioni, queste decisioni sono le decisioni dell’intera nazione; e noi tutti appartenenti a quella nazione siamo oggettivamente responsabili di quelle decisioni.
Nessuno, dico nessuno, può pensare per una propria superiorità morale, intellettuale o culturale (intellettuali, pacifisti,obbiettori) di non essere corresponsabile delle decisioni dei propri rappresentantie di non doverne subire le conseguenze, nel bene come nel male.
In questo contesto va inserita la mia così “cinica ed insopportabilmente provocatoria” frase di cui sopra. Per ripristinare la pace bisogna combattere e piegare l’esercito Serbo-Bosniaco diretta espressione della supposta Nazione dei Serbo-Bosniaci. Non esistono
Serbo-Bosniaci cattivi e Serbo-Bosniaci buoni, esistono i
Serbo-Bosniaci, esiste la Bosnia di etnia Serba che si è posta al di fuori della legalità internazionale e che non vuole rientrarvi attraverso soluzioni diplomatiche e allora la devi costringere attraverso soluzioni militari cruente che saranno cagione di dolori e sofferenze per tutti i Serbo-Bosniaci.
50 anni fa il “nemico” era la Germania, ma la germania non era solo i gerarchi Nazisti o il suo esercito bensì anche la sua gente, le sue città.

La battaglia di Berlino costò centinaia e centinaia di vite umane la capitale del Reich fu rasa quasi completamente al suolo, non si potè fare altrimenti; le vie verso la pace e la salvezza del mondo passavano dalla caduta della Germania di Hitler, dalla distruzione delle sue città, dalla sofferenza della sua gente e così fu.
I destini delle nazioni, i nostri destini, sono nelle mani di pochi che si trovano nella ventura o sventura di dover prendere decisioni che andranno a sconvolgere i destini di migliaia di persone.
E’ bastata una telefonata dal Wyoming perchè le vite di migliaia di
Serbo-Bosniaci fossero sconvolte, è bastato un uomo perchè gli abitanti di Sarajevo volgessero uno sguardo carico di speranza al cielo verso i cacciabombardieri e pensare di non essere più soli al mondo.

Resurrezione

Con questa poesia concludo la mia collaborazione con KULT per quanto riguarda l’argomento Bosnia.
Spero solamente che i miei articoli e le mie poesie possano essere serviti quantomeno a tenere desta l’attenzione degli amici di KULT su quanto avveniva nelle tormentate terre di quella che una volta era la
Jugoslavia. “La Jugoslavia non è mai esistita” dice il regista
Kusturica perchè non è mai esistito un popolo Jugoslavo e forse in questo caso non posso dargli assolutamente torto.
Sloveni, Croati, Ungheresi, Serbi, Montenegrini, Macedoni,
Bosniaci-Musulmani e Albanesi.
Questa era la Jugoslavia, il grande sogno che solo il carisma di un
Maresciallo Croato dagli occhi di ghiaccio è riuscito a tenere in vita per così lungo tempo.
Tito era morto già da alcuni anni quando in uno dei miei tanti soggiorni nel golfo del Quarnaro il vecchio Tonci mi disse: “Questa è la più grande polveriera che possa esistere al mondo, verrà il giorno che esploderà e con essa andremo tutti a fondo”.
Era l’estate del 1988, tre anni dopo i primi missili cadevano nella
Slavonia occidentale.
Tonci era già morto quando questo successe, “zio” Tonci ricorda solo le passeggiate sul lungo mare, le mangiate di pesce, le partite a carte con gli amici, ricorda l’Istria e la Dalmazia. La guerra per
Tonci non è mai incominciata.

Matteo Ranzi

Chiedo scusa dal più profondo del cuore se con alcune mie affermazioni ho offeso la sensibilità di alcuni di voi, purtroppo il mio coinvolgimento personale nei fatti d’oltreadriatico ha fatto si che la passione e l’emozione prendessero talvolta il sopravvento.
Non rinnego nulla di quello che ho scritto, mi assumo tutte le responsabilità del caso, sono intimamente convinto di essere dalla parte della ragione e i fatti mi stanno dando conforto in tal senso.
Non sono un guerrafondaio, credo fermamente nei valori di giustizia, uguaglianza e pace ed è proprio in nome di questi ideali seppelliti sotto le macerie delle città di Bosnia che ho gridato la mia disperazione e la mia frustrazione.
Non è per sete di sangue o di vendetta se da quando i cacciabombardieri si sono levati in volo dalle basi Italiane un po’ più di pace alberga nel mio cuore, è solo perchè ritengo che oggi nel mondo qualcosa di appena un po’ più giusto sia stato fatto.

“L’unica cosa che ci lascia la guerra

sono i cimiteri, e nei cimiteri

non ci sono nemici”

Da “Fra cielo e terra” di O. Stone

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