“…ma perchè vuoi cambiare ora che c’ho il faiter al 16 con la lon suord piutrè che fa laitin bolt…
..eh no, non ora che ho trovato il libro del minister che c’ha anche uisc, ma allora non me lo vuoi fà usare !..
…a me va bene purchè mi dai un ladro uguale a questo, con il bec steeb a più tre e… “
Il master da dietro una montagna di libri sobbalza e con pazienza :
“… è un moltiplicatore, Paolo, si dice per tre…”
Per chi non ha ancora capito di cosa si parla e pensa che io sia impazzito, premetto che sono citazioni tratte da alcune serate di gioco di ruolo, in questo caso AD&D. Questa mia, non sarà l’ennesima recensione, ma un confronto tra due diversi giochi di ruolo, quest’ultimo citato e un’altro (MITHUS), entrambi scritti dalla stessa persona (per chi non conoscesse l’ AD&D rimando ad una delle tante riviste che ne trattano e di cui recensiscono i prodotti).
Preso in esame il più diffuso degli RPG, l’ AD&D appunto, vorrei farvi capire che cos’è e come possa influire sulla concezione di gioco di ruolo, che tanti neofiti si fanno iniziando proprio da quest’ultimo, l’approccio ai giochi di ruolo (RPG).
In effetti, non sempre gli RPG sono elastici e tali da considerare a
360′ le azioni dei personaggi; molti, per qualunque motivo, si limitano a dare linee guida e ad espandere solo piccole parti di regole
(combattimento, equipaggiamento, creazione del personaggio, ecc.). Si capisce subito che tendono ad indirizzare le azioni del personaggio verso uno standard. Questo avviene anche nell’ AD&D, dove lo scontro risulta quasi sempre invitabile, e dove molto spesso le azioni meno comuni richiedono molto spesso l’intervento dell’inventiva del master. Quindi molte volte tutto finisce in discussioni
del tipo “…ma a lui avevi fatto fare un tiro solo a meno 3…”. Ed è per questo, che vorrei invitare tutti coloro, che di giochi di ruolo ci vivono, a passare a sistemi più evoluti, senza però cadere nel tranello del gioco tutte regole e poco ruolo.
Metto a confronto due giochi nati dalla stessa mente, Gygax, in due tempi diversi: D&D e MYTHUS (il primo risale al 1978 mentre il secondo
è del 1993), poichè il secondo, a mio parere personale, rappresenta una evoluzione del primo, evoluzione caratterizzata piu dall’espansione di argomenti non trattati nel primo, quali maggiore realisticità, collocazione sociale del personaggio, ecc., che da una vera e propria rivisitazione del gioco.
A dire il vero il confronto lo farò tra l’AD&D e MITHUS visto che il
D&D è veramente troppo vecchio (un eventuale confronto non avrebbe senso, e la versione avanzata permette comunque chiaramente di portare alla luce difetti e pregi di tale gioco, confronti con il secondo, e arrivare alle stesse conclusioni).
A prima vista il secondo risulta più complicato ma meglio strutturato. Le regole sono tutte contenute in un unico libro che presenta anche qualche informazione riassuntiva relativa a magia, creature, background, ecc.
(55.000 lire che permettono di iniziare subito a giocare contro le 150.000 circa necessarie del secondo) pubblicate poi in modo dettagliato in altri supplementi (vedi sotto per la lista dei prodotti pubblicati). La creazione del personaggio e la comprensione delle caratteristiche richiede in effetti qualche ora di lavoro in più ripetto al primo, sopratutto se si tratta di personaggi molto particolareggiati. Nel primo la creazione del personaggio richiede non più di 1 ora (regole base), poichè dopo aver scelto la razza, la scelta della classe risulta molte volte limitata, le abilità selezionabili dipendono dalla classe, e qualora non abbiate uno spell user, l’equipaggiamento rimane l’unica fatica da fare.
Nell’ AD&D le caratteristiche sono poche (6 di base), ed è evidente il riferimento a quelle reali di una persona; in MITHUS questo non avviene, inoltre le caratteristiche sono ben 27! (3 principali, 6 secondarie, 18 terziarie), che entrano tutte a far parte della creazione del personaggio
(ma non più di 10 entrano nel vivo del gioco). Molti diranno che è inutile un alto numero di caratteristiche se poi non sono usate, ma perchè no dico io, se servono a creare e caratterizzare in una infinità modi un personaggio (la fatica è fatta una volta per tutte all’inizio!).
In entrambi i giochi le razze sono le classiche tolkieniane: elfi, nani, gnomi, hobbit, ecc., ma se nel primo la società (in generale) è al 100% multirazziale, nel secondo le razze non umane sono viste come opzionali, in una società creata più a misura d’uomo che di non-umano. Le classi o ruoli impersonabili sono circa 10 per il primo (libro base), mentre oltre
50 nel secondo (anche se per alcune non esistono grossissime differenze, per livello di abilità e capacità speciali, tipo cavaliere e paladino).
Nel primo le classi sono piuttosto distaccate dalla società reale: avventurieri impavidi che vanno ad affrontare draghi, ma che non sanno cucinare, o vagabondi che vagano per intere lande, portando quantità d’oro e gioielli immense senza ricordarsi di comperare cibo, o aver mai imparato a cacciare. Nel secondo le classi sono fin troppo correlate con la società, tanto da limitare la scelta della classe, dal livello socio_economico del personaggio (per MITHUS un contadino non potrà mai essere eletto cavaliere, ma può benissimo diventare ricco e famoso con le sue gesta, dopodochè ottenere l’investitura). Analogamente le abilità del personaggio (un insieme di conoscenze, capacità fisiche, mentali, spirituali e caratteriali) limitano le possibili azioni, fino a non poter fare azioni meschine se non si ha la mentalità criminale.
L’equipaggiamento non è particolarmenete curato in entrambi (anche se il primo però vanta un bellissimo supplemento, Aurora’s Whole Realms
Catalogue, che contiene tutto per il corredo completo del perfetto avventuriero).
Se nel primo le regole fondamentali sono scritte con l’intenzione di introdurre i novizi al gioco di ruolo, ancor prima di introdurli
‘AD&D, nel secondo sono schematizzate come in una enciclopedia; non vi è un suddivisione sequenziale delle regole (cioè una struttura che fa da guida ai novizi per permettegli di imparare più rapidamente le regole di base); nel primo sono circa un centinaio pagine (per il giocatore), mentre nel secondo si supera le 300 (ma per fortuna la struttura enciclopedica del manuale permette di accedere rapidamente alle regole, e di richiamare quindi solo quelle necessarie per quella avventura o serata, evitando di dover leggersi di tutto un fiato il mattone ). Per il primo, la maggior parte delle regole è centrata sulla creazione del personaggio, su come giocarlo, e sul combattimento. Nel secondo viene messa più in evidenza la collocazione sociale del personaggio (SEC), dedicando comunque una parte piuttosto vasta al comabttimento, sia fisico, spirituale, o mentale
(una suddivisione importante e ben fatta che permette di dare a mostri capacità speciali senza doverle rapportare ad effetti magici gia definiti
(incantesimi), come accade nel primo). Io reputo entrambe queste caratteristiche positive; sicuramente non voglio criticare nessuno dei due giochi, bensì la linea di azione tenuta dalla casa editrice TSR, che negli ultimi anni (dall’85 fino ad circa 2 anni fa), ha preferito sfornare una infinità di supplementi, a scapito della qualità dei tali, piuttosto che revisionare le parti fallaci del gioco.
In effetti la seconda edizione dell’ AD&D non è sicuramente un aggiornamento fatto da uno staff qualificato, ma più un riordino di articoli apparsi su una sua rivista di nome Dragon, oltre ad un ribilanciamento di vecchie regole uscite su supplementi quali Unearthed
Arcana, ecc. Questo gioco è sicuramente un buon trampolino di lancio, offre grosse opportunità di gioco per l’elevato numero di accessori pubblicati e la semplicità delle regole. Ma se si vuole giocare ad un livello superiore al solito stile EUMATE non vi sono grosse scappatoie, perchè la struttura del gioco spinge molto spesso verso avventure stereotipate, con una struttura ormai consolidata (lo stile TSR); questo poichè l’avanzamento dei personaggi avviene attraverso l’acquisizione dei Punti Esperienza, dati principalmente dai mostri uccisi e da quelli di fine avventura (dati dal modulo o dall’arbitrio del master.
Se all’inizio l’allineamento è molto utile per figurarsi la personalità del personaggio, a lungo andare limita la volontà del giocatore di creare nuove personalità, finendo per non riuscire più a sfuggire a quei concetti come buono o malvagio (che mi sono andati sempre poco a genio e sanno un po’ troppo di perbenista americano). Una creatura incontrata è, a priori della situazione, amica o nemica, più semplicemente neutrale, senza dare i motivi o le cause di tale atteggiamento, poichè ogni creatura ha un allineamento prestabilito dalla sua razza. Questo non spinge sicuramente un master a caratterizzare gli incontri. Inoltre i personaggi non hanno una collocazione sociale o economica, raramente si lavano e si nutrono, ma passano tutto il tempo a sconfiggere orrende creature, che molte volte hanno come unica colpa di essere troppo brutte per essere lasciate in pace.
La casa editrice ha fatto una scelta ben precisa: mantenere il gioco entro questi limiti, perchè è proprio per questi, per la sua semplicità e per la capacità di coinvolgere, che resta il più diffuso nel mondo. I vantaggi economici sono ben chiari e vanno considerati, ma si deve tener conto dei propri vantaggi, e che un gioco tende a divenire obsoleto con il tempo, e ed è per ritardare il più possibile tale momento che la casa editrice ha sfornato una quantità senza pari di supplementi, più o meno interessanti o utili.
Il confronto è presto fatto; sono due diversi giochi per due diversi stili di gioco, con una cosa in comune: sono entrambi piuttosto facili e non richiedono in seduta di gioco calcoli macchinosi per riuscire a lanciare un sasso.
Cosa concludere? Sicuramente se mi chiedessero di fare una scelta ci penserei molto, molto tempo e non so se darei una risposta sincera; sono prodotti dedicati a diversi target, diversi stili di gioco, che possono benissimo coesistere assieme. Non ho scritto questo articolo per pubblicizzare un prodotto ma per far capire alla gente che non esiste solo l’ AD&D, che vi sono tanti altri giochi di ruolo che valgono le ore perse ad impararsi le regole, perchè permettono di cambiare il propio modo di giocare, di confrontarsi sempre con nuove situazioni e dare sempre quella folata di novità che non fa mai male. Allora su, non siate pigri, fate come il vostro Walter, comperate, fatevi prestare o anche fotocopiate (di nascosto perchè è illegale!) il maggior numero di giochi di ruolo, per poi accorgersi che quelli validi sono ben pochi, e ritrovarsi fra tanti anni a giocare all’ Isola del Terrore tutti assieme appassionatamente (scherzavo!).
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