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Legami di morte – Angelo Marenzana

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Siamo ad Alessandria, in pieno ventennio fascista, ed una telefonata squarcia la notte svegliando il commissario Augusto Bendicò, un uomo ancora profondamente segnato dalla scomparsa della moglie Betti avvenuta sei mesi prima. Dall’altro capo del telefono un brigadiere lo informa che Dora Laniero, cantante poco più che ventenne che si esibisce nello scintillante Politeama, è stata trovata senza vita: il collo spezzato di netto ed in grembo un bimbo che non nascerà mai.
E’ la seconda morte avvenuta in circostanze misteriose nel giro di due settimane. Qualche tempo prima, infatti, un’altra giovane donna aveva perso la vita: era Matilde Carbone, sorella di Tullio, un noto finanziere coinvolto in uno scandalo bancario e scomparso già da parecchi giorni.
L’emergere di questo caso spinoso, prontamente scaricato dal collega Di Lauro, offre a Bendicò la possibilità di smettere i panni del burocrate, le proverbiali “mezze maniche”, e di tornare ad essere un poliziotto che dimostra il proprio valore sul campo.
A complicare le cose, su questa torbida vicenda in cui si mescolano politica, passione e denaro, si agita inoltre l’ombra lunga degli obblighi dovuti al regime. Cardillo, ispettore dell’ufficio politico, è sempre alle costole di Bendicò e cerca di carpire i frutti delle sue indagini; persino il questore Santucci smonta sistematicamente le supposizioni del commissario ed è convinto che il caso sia pronto per l’archivio: tutto deve passare in secondo piano rispetto ai successi coloniali del regime e alla sua roboante retorica, e nessun assassino, o presunto tale, deve turbare la serenità delle famiglie.
Il commissario delineato dalla penna di Marenzana è un uomo semplice e semplicemente umano, con le sue paure e le sue preoccupazioni (non certo dissimulate), con un carattere che lo rende chiuso e scontroso, un uomo anestetizzato da un dolore perenne e dominato da un’insonnia che pare invincibile: un “eroe normale” lontano anni luce dagli stereotipi, soprattutto televisivi e made in USA, cui siamo abituati e che fanno della spettacolarità il loro punto di forza. Un elemento in particolare connota il personaggio, rivestendolo di una luce immaginifica e surreale: il perdurante dialogo immaginario intessuto con la moglie scomparsa, o almeno con la voce che egli immagina sgorgargli dal di dentro. La parole di lei rappresentano quasi una didascalia, un commento alle azioni del marito; alternativamente la donna lo sprona, lo rincuora, lo sostiene, gli fornisce consigli e, se necessario, lo redarguisce, ne smussa gli eccessi caratteriali.
Diremo di più. La voce di Betti, pagina dopo pagina, si configura come vero e proprio “personaggio immateriale”, investito di un ruolo strutturale preciso all’interno della storia, una sorta di dott. Watson immaginario che guida le azioni del collega / marito.
Quello che Bendicò ci descrive, in fondo, altro non è che il suo personalissimo modo di affrontare una perdita così decisiva, il tentativo disperato (e a tratti forse un po’ patetico) di tenere in vita la consorte, il suo sorriso e la sua voce, nella mente e nel cuore.
Spronato dalla “moglie” e coadiuvato dal medico legale Silvera, Bendicò deve così oltrepassare “la barriera dell’ignoto” e ricomporre i frammenti di una verità sfuggente. E proprio quando le indagini sembrano impantanarsi, la sua caparbietà imprime agli eventi una forte accelerata, portandoli a sfociare verso un finale concitato, avvolgente, mozzafiato che avviluppa la curiosità del lettore fino all’ultima pagina.
Lo stile è piano e votato alla semplicità ma tutt’altro che scontato; decisamente toccanti le pagine inscritte in un orizzonte più riflessivo, soprattutto quelle in cui il protagonista rievoca il calvario della moglie e ci descrive in modo vivido, pulsante lo strazio della perdita, la scomparsa della donna amata: l’immedesimazione del lettore ne rappresenta il risultato più naturale e spontaneo.
Legami di morte è dunque un poliziesco ben congeniato, strutturato su due piani che l’autore amalgama in una miscela coerente, evitando una gerarchia d’importanza: ad una detective story aderente ai modelli tradizionali viene infatti affiancata una vicenda personale di grande spessore e umanità. Il cammino verso la verità è dunque legato a doppio filo ad un percorso di elaborazione del lutto, alla ricerca del colpevole si aggiunge un tentativo di affrancamento dalla tirannia dei ricordi, la necessità di marcare un confine, questa volta netto, tra il mondo dei vivi e quello dei morti.

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