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Intervista con Riccardo Morandini

8 min read

Riccardo Morandini – Fiamme e Fiori

New Model Label

Atmosfere oniriche e arrangiamenti raffinati caratterizzano “Fiamme e Fiori”, il nuovo singolo di Riccardo Morandini, che ha anticipato l’album “Radice senza fine”, uscito il 3 ottobre 2025.

Riccardo Morandini è un musicista metamorfico, la cui produzione riflette un percorso eclettico, in cui confluiscono rock psichedelico, canzone d’autore, influenze classiche, jazz e world music.

Nel corso degli anni ha collaborato come chitarrista con artisti e progetti quali Sammy Osman, Mr Zombie Orchestra, Kimia Ghorbani, Collettivo Ginsberg, Tower Jazz ComposerS Orchestra, Alessandro Ristori e Superpop.

A suo nome ha pubblicato l’EP “Eden” (2021) e l’LP “Il leone verde” (2022). Il 3 ottobre 2025 è uscito il suo terzo lavoro solista, “Radice senza fine”, per New Model Label.

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Spotify: https://open.spotify.com/intl-it/artist/1ZmxxK6DWk1v2Jp2V0O1zo?si=ogjDZJ3nRJ6K4dqiwHh-3g

Intervista

Davide

Ciao Riccardo. Il tuo terzo lavoro solista si intitola “Radice senza fine”. Cominciamo dunque dal titolo, che ricorda anche un particolare arbusto detto sariva o anantmoola, che in sanscrito significa appunto “radice senza fine”. La copertina rimanda poi all’albero rovesciato, un’immagine simbolica presente in diverse culture. Perché, allora, “Radice senza fine”?

Riccardo

Cercando un titolo per questo album mi sono reso conto che la parola più ricorrente nei testi era

“cielo”. Un’immagine in particolare mi aveva colpito, tratta dal brano “Cadono le statue” : “Tra le nuvole radici / nel cielo hanno pesci per amici “

Consultando l’oracolo di google e consegnandogli questi versi è apparsa l’immagine di Ashvattha, l’albero sacro della mitologia indù.

Nelle Upanishad infatti, ma anche nel Timeo di Platone, l’uomo viene descritto come un albero con le radici in cielo, simbolo dell’Atman, dell’universale.

Spesso invece le radici vengono usate per dividere, per mettere individuo contro individuo, città contro città, stato contro stato, etnia contro etnia. Ma le radici non sono strumenti per delimitare suoli, il loro legno non serve a costruire recinti ottusi. Le radici sono ciò che è comune a tutti gli esseri umani. Le radici sono in cielo, nello spirito, nella ragione, nella coscienza, nel linguaggio,

nelle parole alate. Il vero Sè non è nell’individuo, nel limite, nel confine, è nell’Uno, universale, infinito. È una radice celeste. Radice senza fine.

Davide

Qual è il filo conduttore che lega le canzoni di “Radice senza fine”? Cosa vi hai cercato, cosa vi hai trovato?

Riccardo

Non si tratta di un concept album, ma a posteriori ho trovato nei testi una vasta ricorrenza di immagini celesti. Ho cercato di scrivere in maniera meno razionale e più immaginifica, guidato dal flusso di coscienza e vi ho trovato un anelito metafisico.

Davide

Come “Radici senza fine” segue i tuoi precedenti lavori, cosa ne evolve e cosa introduce di nuovo e diverso?

Riccardo

Le idee che mi hanno guidato sono state fare un disco più chitarristico (onorando il mio strumento principale), più rock, più psichedelico, che cercasse delle alternative alla forma canzone e come ti dicevo nella domanda precedente, con dei testi meno razionali e più immaginifici.

Davide

Ci presenti i musicisti che hanno suonato con te in questo tuo ultimo lavoro?

Riccardo

I principali, che mi accompagnano anche dal vivo, sono Lorenzo Maltoni e Leonardo Ricci, rispettivamente alle tastiere e alla batteria, due giovani musicisti attivi nella scena romagnola. Poi c’è Roberto Villa, bassista, nonché proprietario dello studio di registrazione “L’amor mio non muore”, dove ho registrato i dischi precedenti. Ha arricchito ed elevato le registrazioni il quartetto d’archi composto da Pietro David Caramia, Elena Maury, Alessandro Savio e Mattia Cipolli, spesso a lavoro al Vacuum studio, ad esempio nel disco Spiralis Aurea di Stefano Pilia. Infine suonano il sitar e le tabla rispettivamente Andrea Faidutti e Ayub Noor Muhammad, che militano in varie formazioni bolognesi tra cui il gruppo surf rock Unkle Kook.

Davide

Nella musica di “Radici senza fine” si colgono molte influenze, a cominciare da una certa psichedelia beatlesiana e raga rock, tipo Kula Shaker, ma anche molto altro. Quali sono stati i tuoi artisti e dischi più importanti, quelli a cui senti di dovere qualcosa ancora oggi come musicista, cantante e autore?

Riccardo

È una domanda che mi mette sempre in difficoltà perché sento di non avere dei numi tutelari permanenti. Posso risponderti in merito a questo disco. Durante la composizione ascoltavo molto Blues Funeral di Mark Lanegan, To Bring You My Love di PJ Harvey e When di Vincent Gallo. Poi sicuramente trapelano altre influenze, la parte psichedelica della discografia beatlesiana che menzionavi senza dubbio. La componente indiana in realtà non passa dai Kula Shaker che conosco e apprezzo ma non ho mai approfondito, ma da un ascolto non mediato della musica classica indiana.

Davide

Qual è stata la tua formazione musicale? Cosa al principio ti ha motivato alla musica e cosa ti motiva ancora oggi?

Riccardo

Ho iniziato da adolescente, prendendo lezioni private di chitarra e suonando rock e metal come molti. All’università ho deciso di frequentare il conservatorio, diplomandomi in chitarra jazz. Per un po’ ho portato avanti quella strada, ma sono stato sempre musicalmente onnivoro e frequentatore di vari generi. Il progetto a mio nome mi permette di raccogliere le mie influenze varie, riunendole sotto il comune denominatore dei testi. La “scusa” del testo e della canzone ha il vantaggio di lasciare spazio al mio camaleontismo musicale.

Davide

Foreste madri, Come zattere, L’Eremo, Cercare la vertigine, Cupe faglie, In orbita, Cadono le statue, Endimione, Fiamme e fiori… Questi i titoli delle tue nove nuove canzoni. Come nasce oggi una tua canzone, intorno a quale tuo bisogno di creatività e verso quali obiettivi ideali?

Riccardo

Di solito nella fase di registrazione e fino all’uscita di un disco faccio difficoltà a scrivere cose nuove. Poi sopraggiunge una certa inquietudine che mi spinge a tornare alla scrittura come un pungolo. Non è un processo solo piacevole, bisogna lottare contro una bizzarra paura di dedicarsi a ciò che piace, forse la paura di non riuscire a realizzare ciò che hai in mente. Poi si alternano varie fasi, delle quali chiaramente quelle di stato di flusso compositivo, in cui vedi i brani iniziare a prendere forma sono le più esaltanti.

L’obiettivo è sempre approfondire mondi e concetti musicali che mi interessano. Col tempo ho notato che nelle composizioni ritornano degli archetipi che vengono espressi in maniera sempre più libera, come se la materia sonora si facesse man mano più plasmabile e somigliante allo spirito, che si trova sempre meno ostacolato nell’espressione. Come se una statua che inizialmente assume forme rigide e stilizzate diventasse ogni volta più sinuosa e levigata.

Davide

Nel disco si apprezza un raffinato lavoro di arrangiamento. Come hai lavorato con gli altri musicisti intorno alle tue composizioni? Quanto spazio o carta bianca lasci agli altri musicisti o meno?

Riccardo

Gli arrangiamenti finali sono piuttosto fedeli a quelli delle pre-produzioni, diciamo che sono una fioritura e un raffinamento di quello che è un lavoro già concluso e in linea di massima i musicisti si attengono all’esecuzione delle parti scritte da me, arricchendole e cesellandole.

Nei prossimi lavori vorrei lasciare più spazio all’indeterminazione, all’improvvisazione e alle registrazioni in presa diretta.

Davide

“Radici senza fine” è uscita solo in versione digitale. Pubblicare dischi su supporto fisico è secondo me importante per creare un legame tangibile e duraturo con l’ascoltatore, offrendo un prodotto di alta qualità e un valore aggiunto, come libretti con i testi, altre immagini e informazioni. I dischi fisici offrono secondo me un’esperienza d’ascolto più affidabile, con una sequenza precisamente voluta e completa dei brani, e sono una forma di collezionismo, che permette di possedere un pezzo della storia di un artista destinato a durare nel tempo senza disperdersi nell’oceano liquido del web. Perché, dunque, questa scelta, benché in linea coi tempi?

Riccardo

Assolutamente, al momento la scelta è dettata da limiti di budget, ma in futuro mi piacerebbe stampare qualcosa.

Davide

Syd Barrett disse: “Penso che sia una cosa bella se una canzone ha più di un solo significato. Forse quella canzone può raggiungere molte più persone”. In che modo tu pensi sia importante raggiungere gli altri attraverso le tue canzoni e perché?

Riccardo

Me lo chiedo spesso, perché a volte mi sembra di condurre una ricerca necessaria ma solipsistica. Voglio semplicemente donare piacere all’ascolto? (criterio edonistico) Voglio trasmettere un messaggio? (criterio morale) La chiave forse è pensare a ciò che provo io ascoltando alcuni brani: dal piacere fisico del groove, al godimento acu-sentimentale per certi passaggi melodici e armonici uniti a certe scelte timbriche, all’apprezzamento intellettuale per simmetrie e rimandi strutturali.. e poi c’è il testo nel suo aspetto fonico, le immagini, le arguzie e i giochi di parole, la presenza di riflessioni e punti di vista stimolanti.. L’idea di poter regalare queste stesse cose ad altre persone mi onora e mi sembra quasi pretenzioso. Pensare di poter procurare una forma di arricchimento spirituale come altri musicisti fanno per me! Viceversa un certo riconoscimento da parte degli altri è necessario a chi scrive: gratifica e dà energia il fatto che qualcuno veda il valore della tua ricerca!

Davide

Cosa segurà?

Riccardo

Ho molte idee ancora piuttosto astratte per il prossimo disco… chitarre acustiche e arpeggi, meno tracce, più indeterminazione, un suono al tempo stesso rarefatto e materico, strutture più evanescenti, esplorazioni timbriche tra elettronica e musica concreta, folk… poi all’atto compositivo spesso si prendono direzioni impreviste!

Davide

Grazie e à suivre…

 

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