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Intervista con Cobol Pongide

14 min read

COBOL PONGIDE

KOSMODROM

Album | CD+MC+DG | Dischi Durevoli Records, Goodfellas | Uscita 03/10/2025

Avant-pop che unisce fantascienza e azione politica,

sound rétro-futurista per resistere al capitalismo spaziale

Venerdì 3 ottobre 2025 è uscito Kosmodrom, quarto lavoro sulla lunga distanza della band avant-synth-pop/post-punk romana Cobol Pongide. Anticipato dal singolo/video Lada-Vaz! (1964), viene pubblicato in digitale, CD e cassetta dall’etichetta indipendente capitolina Dischi Durevoli Records e distribuito da Goodfellas.

Kosmodrom, parola traslitterata dal cirillico Космодром, è il simbolo di un’umanità in costante allenamento per la vita tra le stelle. Dai pesci sarcopterigi ai primi tetrapodi fino all’Homo sapiens, la traiettoria dell’evoluzione viene riletta come un lungo viaggio verso il cosmo, *per aspera ad astra*. In questo manifesto visionario si unisce scienza, immaginario cosmista e musica elettronica rétro-futurista: un’opera che si interroga sul destino dell’umanità come specie cosmica e sul pianeta Terra come “cosmonave” lanciata nello spazio profondo a 600 km al secondo. Con un’estetica sonora che il gruppo definisce “pop-cosmico-elettrico utopico” – o, più precisamente, “Cosmutopico (avantpop)” – i Cobol Pongide continuano la loro esplorazione musicale fatta di console vintage, home computer come il Commodore 64, tastierine giocattolo anni Ottanta e antiche macchine elettroniche integrate a synth obsoleti e batterie elettroniche traballanti. Il tutto al servizio di canzoni cantate in italiano che raccontano un’epopea cosmonautica operaia, dal profondo passato biologico dell’umanità al suo futuro extraterrestre. Ma attenzione: non si tratta di un’ode all’espansione neoliberista dello spazio. I Cobol Pongide prendono posizione contro il “capitalismo spaziale predatorio”, denunciandone le brame interplanetarie che negli ultimi vent’anni hanno preso forma nei progetti delle grandi corporation private. La loro è una fantascienza sonora critica, poetica e politica.

Se musicalmente è impossibile non pensare ai DEVO e ad Alberto Camerini come numi tutelari del progetto, è altrettanto vero che nei Cobol Pongide un ruolo di assoluto rilievo lo ha avuto la letteratura fantascientifica a partire da Philip K. Dick e Stanisław Lem, e tutta l’epopea e l’arte sovietica. Lo testimonia anche la copertina dell’album, che ritrae Cobol, leader del progetto, in un vero cosmodromo di Roma Est, mentre sperimenta in assenza di gravità il suono alieno di una chitarra sovietica Formanta.

I Cobol Pongide propongono un pop cosmico-elettrico utopico (“cosmutopico”) cantato in italiano, nato dall’uso creativo di vecchie console, computer d’epoca come il Commodore 64, tastiere giocattolo anni Ottanta e altre bizzarrie elettromeccaniche. Dal primo album del 2009, la band – inizialmente formata dall’umano Cobol e dal robot cantante Emiglino Cicala, legata alla scena toy music – ha evoluto il proprio stile verso un avantpop più strutturato, integrando strumenti elettrici più classici come vecchi synth e batterie elettroniche malconce. Le loro canzoni raccontano l’epopea cosmonautica e cosmista: non astronautica, perché, come dicono loro, “l’astronauta è un libero imprenditore del coraggio, il cosmonauta un operaio del progresso interplanetario”. Un viaggio che parte dalla comparsa dei primi tetrapodi per arrivare all’umanità moderna, ora pronta a lasciare l’acquitrino terrestre per i corpi celesti. Ma l’espansione

nello spazio, avvertono, non dev’essere guidata dal capitalismo predatorio che negli ultimi vent’anni ha iniziato a colonizzare l’immaginario interplanetario. Non a caso, la musica dei Cobol Pongide è intrisa di fantascienza e delle sue visionarie derive. Hanno pubblicato tre album: Musica per anziani cosmonauti (2009), Vita da spaziale (2017) e Estremofilia cosmica e operaia (2021). Ottobre 2025 segna l’uscita di Kosmodrom (Dischi Durevoli Records/Goodfellas). Altri cinque album, tra cui una colonna sonora e un disco tributo curato da Emiglino Cicala, sono disponibili su Bandcamp. Ma il progetto si articola anche su altri fronti: Cobol ha pubblicato tre saggi sullo sfruttamento spaziale, tra cui Marte oltre Marte (DeriveApprodi, 2019), primo testo italiano sul futuro del lavoro interplanetario. Infine, i Cobol Pongide si occupano anche di UfoCiclismo – una pratica di contro-mappatura urbana in bicicletta – e nel 2024 hanno pubblicato Anticaja Canaglia, raccolta di racconti di fantascienza del quotidiano.

Peyote Press.

CREDITI

Strumenti, musica e testi | Cobol

Registrazione, mixaggio e mastering | Cobol

Grafiche | Cobol

Foto | Maria Cassa

CONTATTI & SOCIAL MEDIA

BC | cobolpongide.bandcamp.com

FB | facebook.com/cobol.pongide

IG | instagram.com/cobol_pongide

YT | youtube.com/@cobolpongide

WS | cobolpongide.net

Intervista

Davide

Ciao Cobol. Se ho capito bene il progetto è formato dall’umano Cobol e dal robot Emiglino Cicala. Pertanto le mie domande sono rivolte a entrambi. Può rispondere uno o anche entrambi… Come vi garba.

“Kosmodrom”, quarto disco dall’esordio del 2009, cosa continua e cosa sviluppa di nuovo (e futuribile o retrofuturibile) nel vostro percorso artistico?

Cobol Pongide

Ciao Davide, la nostra produzione musicale è quasi monotematica.

C’interessa l’epopea cosmonautica sovietica (dalle sue origini, il Cosmismo, alla fine del progetto Interkosmos), l’esplorazione non predatoria dello spazio, l’antagonismo al capitalismo spaziale (va da sé), la costruzione di consigli operai e la preistoria terrestre. Di quest’ultima apprezziamo la radicalizzazione dell’espressione “i bei vecchi tempi andati” quando amebe, trilobiti e spugne marine convivevano collegialmente nelle distese acquatiche terrestri. In pace. Ma amiamo anche il parasaurolofo del Cretaceo, un ornitopode proto-punk, vegano che mediante onde musicali infrasoniche (prodotte dal suo intricato setto nasale), e organizzato consiliarmente, si difendeva dai predatori carnivori tanto in voga a quei tempi. Proprio come in quei momenti storici in cui il proletariato si è unito per abbattere l’egemonia dei padroni.

Ecco, sì, proseguiamo questa antica tradizione estendendola oltre i limiti della biosfera.

Davide

Prima di leggere il comunicato stampa, fin dalle prime note, ho subito pensato ai Devo e al Camerini della fase rock’n’roll robotica come “numi tutelari”, e anche alla YMO. Di quel synth-pop satirico, come e perché ne avete riprese poetica ed estetica?

Cobol Pongide

Beh, tutti giganti verso cui proviamo una “costruttiva” invidia professionale. Anzi, grazie per l’accostamento.
L’approccio un po’ grottesco ai fatti salienti della vita quotidiana ci viene sicuramente da Emiglino Cicala (che scrive parte dei testi), che prima di approdare alla band ha vissuto per molto tempo tra le genti nomadi: cacciatori-raccoglitori (rovistatori di cassonetti) degli scarti dell’opulenza occidentale. Quel brusco transitare da reietto-rifiuto-giocattolo a ideologo di un complessino musicale (nonché per i primi tempi anche suo cantante frontbot) gli ha specializzato le doti d’ironia e autoironia di cui la band si fregia. Ma lo ha anche dotato di un certo fatalismo argomentativo che, ad esempio, gli consente di comprendere come la storia evolutiva di un frullatore elettrico e quella delle cosmonavi aliene non siano troppo dissimili. Come, d’altro canto, non lo sono le vicende del vivace parasaurolofo infrasonico. Pensa, ad esempio, alle lavatrici ad ultrasuoni.

Davide

Quali strumenti elettronici più o meno “giocattolo” o varia elettronica obsoleta avete usato in questo disco e perché avete scelto le loro particolari sonorità? Cosa vi piace e vi diverte di quei suoni?

Cobol Pongide

Utilizziamo molti giocattoli provenienti dagli anni Ottanta dello scorso secolo: tastierine della Bontempi, tastierine della Casio, come l’Sk-1, ad esempio, per le vocette campionate, o la iconica calcolatrice-synth Vl-1. Delle volte si tratta di giocattoli deteriorati da un nostro arbitrario intervento sul circuito elettrico, che prendono a suonare in modo del tutto sgarbato. Questa tecnica disruptiva si chiama circuit bending e la si può apprezzare soprattutto nel nostro primo album “Musica per anziani cosmonauti”.

Nei nostri primi live portavamo tutta questa strumentazione che quando veniva apparecchiata, per essere suonata, pareva un banchetto dei mercatini delle pulci dedicato a bambini elettropsicotici.

Col passare del tempo abbiamo preso dimestichezza anche con strumenti musicali più tradizionali (batterie elettroniche e synth) che usiamo soprattutto dal vivo onde evitare che, come ci accadeva all’inizio, tutti gli strumenti impazziscano prendendo a suonare a loro personale gusto.

Ancora oggi, il nostro strumento preferito è il Commodore 64 (l’home computer) che il tastierista (Cobol) utilizza per fare gli assoli virtuosi sullo stile di Mark Knopfler.

Sulla copertina di “Kosmodrom”, Cobol imbraccia invece una chitarra elettrica sovietica Formanta che abbiamo utilizzato in dischi precedenti.

Davide

Il progetto si chiama come il noto linguaggio di programmazione, forse il più longevo della storia dell’informatica ma ancora strategico in alcuni settori e non ancora obsoleto, benché considerato tale, che avete associato a un taxon di primati divenuto ormai obsoleto il quale conteneva varie grandi scimmie (del resto, come cantavano i Devo, “God made Man, but he used a monkey to do it”). Viviamo per altro in un’epoca fatta di veloci obsolescenze programmate (per me deprimenti), ma questa è un’altra storia. Perché dunque l’obsoleto ricorre nella vostra produzione fin dal nome e dalla strumentazione?

Cobol Pongide

Per rispondere con esattezza a questa domanda dovremmo trasmettere una puntata della serie televisiva “Zaffiro e Acciaio”.

La massa critica di oggetti obsoleti e anacronistici che ci circonda, in accordo con la teoria generale della Relatività, produce dei pozzi gravitazionali in cui delle volte s’inciampa e da cui, proprio come nel caso dell’orizzonte degli eventi, è ben difficile riemergere, se non quantizzati come fotoni.

Questo per quanto riguarda l’aspetto esistenzial-sentimentale della faccenda.

Tecnicamente il sistema obsoleto degli oggetti cela tutta una serie di sviluppi possibili (di mondi possibili) che non si sono mai realizzati o che sono stati volutamente narcotizzati o repressi. Puoi aprire una vecchia tastierina giocattolo della Grandstand, una Major Minor ad esempio, e con opportune modifiche scoprire che il circuito è corruttibile e che se solo fosse stata progettata in quel modo, se solo ci avessero creduto, avrebbe dato vita a suoni inusitati capaci, forse, di deformare il futuro, cioè il nostro presente, rendendolo irriconoscibile agli occhi di un contemporaneo.

L’obsoleto, a volte più del futuribile, ci rammenta che un altro mondo è (o è stato) sempre possibile.

Sul cobol hai assolutamente ragione; nonostante l’età resiste e i manuali tecnici di programmazione su questo atavico linguaggio di programmazione ritraggono spesso sulla copertina degli animali preistorici. Purtroppo mai quelli vissuti nel Cambriano.

Sui pongidi convengo solo in parte; le scimmie homininae da cui discendiamo (tranne Emiglino Cicala e suoi simili compresi gli elettrodomestici, nonostante la similitudine con il parasaurolofo che comunque appartiene a un’altra linea evolutiva) si sono staccate dai pongidi che rimangono dei nostri lontani cugini. Però è vero che prima di questo scisma darwiniano entrambi i gruppi possedevano un antenato comune. Quindi sì: prototipi “scartati” di esseri umani. “Scarti”, con rispetto parlando, che hanno intrapreso un proprio riuscitissimo percorso evolutivo.

Possiamo ragionevolmente accordarci sul fatto che sia noi che le scimmie deriviamo dai pesci sarcopterigi adattati a vivere sulla terraferma (dinosauri e grandi rettili compresi).

La ricerca nel passato è quindi il tentativo d’individuare quegli “sliding doors” (ucronie) che sarebbero potute essere e che invece non sono state.

Davide

Qual è il filo conduttore di “Kosmodrom” e dei suoi testi visionari e ironicamente critici? Lanciando idealmente dal cosmodromo questo disco nello spazio, ma da un altro pianeta verso la Terra, quale sarebbe il suo messaggio in sintesi alla società umana?

Cobol Pongide

Partendo dall’evidenza che gli esseri viventi sul pianeta Terra sono a tutti gli effetti l’equipaggio della cosmonave-Terra (che sfreccia nello spazio a 600 chilometri al secondo assieme a tutto il sistema solare), l’obbiettivo dell’album “Kosmodrom” è quello di spronarci a questa consapevolezza. Di pari passo, essa deve accompagnarsi all’emozione del superamento della nostra contingente condizione d’astronauti (data dal prolungato momento unipolare dell’egemonia statunitense e dalla sua concezione del posto che gli esseri umani occupano nello spazio) in favore di una scelta pluripolare insita nella storia della cosmonautica (a partire dal Patto di Varsavia). Da immanenti astronauti a consapevoli cosmonauti, quindi, capaci di manutenere questa cosmonave-Terra, o eteronef, secondo prospettive e visioni nuove, che noi definiamo cosmutopiche.

Per fare ciò, sarà necessario trasformare la Terra in un cosmodromo (o Kosmodrom in lingua sovietica) utile per allenarci a raggiungere questi “traguardi”.

Possiamo quindi ragionevolmente accordarci sul fatto che non siamo altro che pesci sarcopterigi che si stanno adattando a vivere fuori dalla Terra.

Dovremmo però essere capaci di decidere come farlo invece di lasciarci trasportare dal tapis roulant della tradizione predatoria, che è tutt’altro che un destino manifesto.

Davide

Hai citata la nave interplanetaria Eteronef, capace di spostarsi grazie alla scoperta della “negamateria” che vince la gravità, invenzione letteraria di Aleksandr Bodganov, pseudonimo del filosofo bolscevico Aleksandr Malinovskij (La Stella Rossa, 1908)… Dagli esordi del ‘800 fino agli anni ’60 del ‘900 la fantascienza, a parte qualche eccezione precedente, cominciò a mutare sistematicamente dalle ambientazioni ottimistiche in società utopiche a quelle post-nucleari e cyber-punk, quindi pessimistiche, distopiche e de-evolute. Così oggi il futurismo utopico del passato è stato “declassato” a retrofuturismo, ovvero il futuro visto dal passato e il passato non realizzato nel futuro. Cos’è invece la Cosmutopia e cosa proponete di alternativo in qualità di cosmutopisti sentimentali?

Cobol Pongide

Assolutamente in accordo con la tua analisi circa la letteratura d’anticipazione. Le distopie oggi tanto in voga sono un grande problema giacché se un tempo hanno rappresentato la presa di distanza dall’acritico ottimismo circa un generico futuro, oggi si sono trasformate, anche nelle narrazioni più spietatamente critiche, in mappature, certificazioni dello status quo; proiettandolo addirittura nel futuro; garantendone l’esistenza fino alla fine dei tempi. O giù di lì. Il cosmutopismo vuole fare piazza pulita di questa tendenza masochistica (e inconsapevolmente collaborazionista) sottolineando l’urgenza di “progettare” la realtà invece di limitarsi ad accertarla e certificarla.

Possiamo quindi ragionevolmente accordarci sul fatto che in fondo siamo pesci sarcopterigi che hanno imparato a scrivere e a leggere e che in questi racconti si sono adattati a vivere: sarcopterigi semiotici ed extraatmosferici (si veda ad esempio la puntata “Chicago anni 20” della prima serie di “Star Trek”). Volere una realtà diversa significa, prima di tutto, saperla descrivere come tale.

A ben vedere si tratta dell’annosa polemica tra Lenin e Bogdanov: materialismo contro empiriocriticismo. Oggi ci sentiremo di dare ragione al compagno Bogdanov, pur apprezzando ancora alcune prassi della viva dottrina del marxismo-leninismo, rivisitato in chiave cosmica: i famosi consigli operai interplanetari.

In altre parole: è necessario impegnarsi a scrivere dei racconti accoglienti, equi, utopici e belli, e prepararsi ad andarci ad abitare.

Davide

E l’UfoCiclismo, cos’è?

Cobol Pongide

Parlavo quindi di riscrivere il mondo prima che questo sovrascriva noi. Ci vuole quindi una grammatica generativa.

L’UfoCiclismo è questa prassi (e teoria) di riscrittura del mondo a partire dai contesti urbani o fortemente antropizzati. Un insieme di strumenti cartografici che permettono di ridefinire i contesti, di ridescriverli in modo coerente, come primo passo per resettare concettualmente la realtà sedimentata: la grigia consuetudine. L’abitudine.

Costruire mappe nuove, disintegrando le vecchie. A partire da contesti reali, cittadini, attraversabili, percepibili, esperibili e, soprattutto, sempre riscrivibili-modificabili.

L’UfoCiclismo ha eletto la bicicletta a suo strumento privilegiato d’esplorazione dei territori, calibrando i suoi strumenti cartografici sulla percorrenza media delle due ruote a pedali.

Al termine di una pedalata ufociclistica, praticata collettivamente, si genera un racconto alternativo circa lo spazio attraversato: una vera e propria mappa. Solo dopo esserci sbarazzati delle muffose convenzioni territoriali, saremo pronti a riconfigurare la realtà: proprio come si fa su di un foglio, dopo aver cancellato le tracce di un precedente disegno.

Qui, l’acronimo UFO sta a significare l’irriducibilità, la non-identificabilità, delle nostre pratiche con i voleri e i valori del mercato e della valorizzazione capitalista.

Davide

Nel 2024 è stato pubblicato “Anticaja Canaglia”, una raccolta di racconti di fantascienza del quotidiano a nome di Cobol Pongide – Emiglino Cicala. John Thomas Sladek disse che per lui la fantascienza era un modo per dare un senso a un mondo senza senso. Qual invece è il tuo/vostro punto di vista sulla fantascienza e sulla sua funzione culturale oggi?

Cobol Pongide

Partiamo quindi dal senso della fantascienza, almeno per noi.

Consideriamo la fantascienza un modo per riscrivere il mondo. In una condizione ideale, la fantascienza dovrebbe essere il “manuale d’istruzioni” per costruire il futuro. Per informarlo sul futuro che vogliamo. Una buona fantascienza dovrebbe essere tutto ciò senza però trasformarsi in un editto bulgaro. Il libro di fantascienza più riuscito al mondo è, secondo noi, “Il manifesto del partito comunista” di Marx ed Engels che è stato capace di costruire un futuro possibile mettendoci dentro un sacco di gente ad abitare.

Tuttavia, “Anticaja Canaglia”, più sommessamente, non fa questo. Prosegue invece la nostra ricerca sugli oggetti obsoleti e anacronistici esplorando le conseguenze più estreme del rapporto umani-oggetti/robot-umani/oggetti-robot/robot-robot/umani-parasaurolofo/parasaurolofo-alieni/alieni-umani. Se vogliamo, la sua “funzione politica” sta nel generare questi racconti a partire dal quotidiano, da oggetti d’uso quotidiano, che si trasformano, accidentalmente, in grimaldelli per accedere a mondi possibili. Nei racconti, le deformazioni dello spaziotempo prodotte dalla massa critica degli oggetti obsoleti corregge le distorsioni di quella anomalia (che come tu suggerivi, anche noi detestiamo) “aliena” (al buon senso) che è l’obsolescenza programmata. In almeno un racconto di “Anticaja Canaglia” questo agghiacciante fenomeno si capovolge in un confronto tattico tra alieni e genti Rom.

Quando chiedemmo al noto cervellone elettronico Hal9000 (amico di Emiglino) di scriverci l’introduzione al libro, questi definì i racconti come una fantascienza del quotidiano. La definizione ci calza a pennello.

Davide

Cosa seguirà?

Cobol Pongide

Morte e devastazione. Genocidi in atto e possibili confronti atomici per la costruzione di un nuovo ordine mondiale ci spronano al pessimismo della ragione condito dall’ottimismo della volontà.

Viviamo un po’ alla giornata guardando con insensato ottimismo a edificanti progetti post-terrestri.

Nel 1977 a bordo della sonda spaziale Voyager fu inserito un disco contenente informazioni, per eventuali recuperatori alieni, sul genere umano tra cui della musica, trasformando le due astronavi nei più costosi e remoti jukebox mai realizzati. Stiamo lavorando al progetto d’invio di una nuova sonda, stavolta non statunitense, per aggiornare gli alieni sui disastri che stiamo combinando e per aggiornargli la playlist.

Davide

Grazie e à suivre…

Cobol Pongide

A te. A voi.

 

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