
Francesco Pierotti pubblica “Strange Slightly Romantic Memories”
Da sabato 4 ottobre 2025, disponibile il nuovo disco Strange Slightly Romantic Memories in copia fisica e in formato digitale
Licenziato dall’etichetta indipendente Wow Records, disponibile in formato fisico e sulle piattaforme digitali da sabato 4 ottobre, Strange Slightly Romantic Memories è la nuova creatura discografica del contrabbassista jazz e compositore Francesco Pierotti, fulgido talento accompagnato in questa avventura da quattro valenti partner: Cosimo Boni (tromba), Giovanni Benvenuti (sax tenore), Francesco Zampini (chitarra) e Bernardo Guerra (batteria).
Nel CD figurano otto brani originali, tutti scaturiti dalla fecondità compositiva di Pierotti, che rappresentano un viaggio immersivo in note da cui, in modo preponderante, emerge un’elogiabile ricerca timbrica, melodica, armonica e ritmica figlia di un’identità stilistica ed espressiva ben definita, ancor più corroborata dalla personalità artistica del leader e, ovviamente, dei suoi quattro formidabili compagni musicali. Concepito in solco contemporary jazz, “Strange Slightly Romantic Memories” è un disco in cui conferiscono anche due arti nobili come la pittura e l’architettura, autentiche passioni di Francesco Pierotti oltre, naturalmente, alla musica in generale e al jazz in particolare, che fungono da vere e proprie fonti d’ispirazione.
L’autore del CD spiega la gestazione e descrive i tratti distintivi del suo nuovo lavoro: «Strange Slightly Romantic Memories è un viaggio musicale raccontato da otto brani, storie piene di suoni ed emozioni, storie che ho sentito il bisogno di raccontare. Una sfida compositiva guidata da melodie che ho legato a ricordi e a cui ho dato una forma partendo da idee compositive legate alle arti visive, come la pittura e l’architettura, ovvero due ambiti che amo molto e a cui sono molto legato per passione e per gli studi che ho intrapreso. Ho costruito i brani e il loro arrangiamento cercando una unità formale e una armonia d’insieme».
Biografia
Contrabbassista jazz e compositore di puro talento, eccellente conoscitore della tradizione jazzistica, ma sempre di larghe vedute e orientato con lo sguardo verso la modernità e l’innovazione, Francesco Pierotti è uno fra i jazzisti italiani più interessanti della sua generazione. Grazie alle sue qualità artistiche, nell’arco della sua carriera ha stretto collaborazioni particolarmente importanti al fianco di numerosi jazzisti blasonati in ambito nazionale e internazionale come Seamus Blake, Enrico Rava, Fabrizio Bosso, Rosario Giuliani, Roberto Gatto, Stefano Cocco Cantini, Lorenzo Tucci, Roberto Tarenzi, Amedeo Ariano. Molto attivo da concertista sia in Italia che all’estero, è inoltre un ottimo didatta. A tal proposito ha pubblicato due metodi, Finger it Different e La Tecnica della Mano Destra nel Contrabbasso (edito da Volontè), particolarmente apprezzati da alcuni fra i più autorevoli contrabbassisti classici, jazz e bassisti jazz del panorama nazionale e mondiale, tra i quali Marco Panascia, Dario Deidda, Rufus Reid, Yuri Goloubev, Catalin Rotaru, Rinat Ibragimov.
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Intervista
Davide
Ciao Francesco. Come “Strange slightly romantic memories” continua e conferma e cosa sviluppa di nuovo nella tua produzione discografica di musicista e compositore e nella tua ricerca (A!, The Italian Songbook, Chamber Pression etc.)?
Francesco
Con questo album ho voluto mettermi alla prova, un nuovo ensemble per cui non avevo scritto prima, un quintetto. Otto brani di cui ho composto tutte le parti per tutti gli strumenti, un disco che sicuramente conferma il mio interesse per ricercare nuove sonorità e nuove sfide.
Davide
Come sono queste otto composizioni, intorno a quale asse ideale o perno centrale e a quali “strani ricordi leggermente romantici”?
Francesco
Questi otto brani nascono da un’idea compositiva molto chiara che è quella di dare una forma a dei ricordi attraverso delle melodie. Queste melodie sono state poi elaborate attraverso concetti compositivi che si ispirano al mondo dell’arte visiva come l’architettura e la pittura. Avendo intrapreso studi di architettura e essendo la pittura una mia grande passione ancora oggi, credo che ci siano molte linee in comune tra la musica e queste arti. Anche nel modo di comporre mi sono lasciato ispirare da questi due mondi, nella loro ricerca dell’armonia, dell’equilibrio, del peso dei colori.
Davide
Per parafrasare una frase di Voltaire, la condivisione è qualcosa di meraviglioso, perché fa sì che ciò che è eccellente negli altri appartenga anche a noi. Come si è formato l’ensemble che ha preso parte a questo lavoro, ossia il quartetto formato da Cosimo Boni (tromba), Giovanni Benvenuti (sax tenore), Francesco Zampini (chitarra) e Bernardo Guerra (batteria). In che modo avete lavorato insieme a questo materiale?
Francesco
Questo gruppo è prima di tutto un gruppo di amici, con alcuni di loro suono insieme da molti anni. Ho scelto questi musicisti per la loro personalità e musicalità e fin da subito c’è stato un grande feeling, hanno saputo interpretare sia tutto quello che gli ho scritto, ma anche dare un grandissimo contributo alla mia musica. Sono molto contento di questo insieme, perché siamo riusciti a creare un suono molto personale. Nella musica jazz c’è molto spazio per la personalità di ogni individuo e ogni individuo rende con la sua firma unico il gruppo. Bernardo, Giovanni, Francesco e Cosimo sono stati una scelta pensata e una scelta che ha portato la musica dove io volevo e per alcuni aspetti anche più in là di quello che immaginavo. Sono molto grato a questi ragazzi per quello che hanno fatto. Abbiamo fatto qualche prova per leggere le partiture scritte per capire quale fosse l’idea musicale che volevo trasmettere, una volta in studio poi abbiamo suonato, ci siamo molto liberati e è uscita molta musica. Quello che è successo è nel disco.
Davide
Quale strumento musicale usi per comporre e come vi pensi il contrabbasso in funzione della composizione e dell’ensemble, distribuendo quindi le varie parti tra i vari strumenti per ottenerne il meglio di una reciproca valorizzazione?
Francesco
Per comporre utilizzo molto il pianoforte e il Contrabbasso, soprattutto quando decido di costruire un groove o di trovare una linea di accompagnamento. Cerco di immaginarmi quale siano le frequenze giuste da utilizzare per avere la sonorità che desidero. Utilizzo molto il pianoforte, soprattutto quando scrivo delle linee contrappuntistiche e dunque lavoro con più voci. Alla fine scrivo l’intera parte e la faccio suonare con strumenti midi per una verifica. Ma sicuramente l’ultima parola la ha la prova con gli strumenti veri, lì vengono ritoccate un po’ tutte le parti e perfezionate. In questo disco ho voluto dare priorità alla musica e al suono d’insieme del gruppo, il Contrabbasso è parte di questo insieme e ho cercato di farlo lavorare per la musica alla ricerca del giusto equilibrio e del giusto amalgama.
Davide
Quanto c’è di composto da te in questi lavori, quanto di improvvisato insieme e come queste due modalità apparentemente opposte si sono incontrate idealmente nell’arrangiamento della tua/vostra musica in questo disco?
Francesco
Tutti i brani sono mie composizioni. Ho dato spazio all’improvvisazione sia singola ma anche di gruppo, cercando di mettere in luce la personalità di ogni musicista. In ogni brano ho ricercato un giusto equilibrio tra l’aspetto melodico e l’aspetto improvvisato ed ho voluto anche rompere questa abitudine di tema-improvvisazione-tema, distribuendo gli assoli degli strumenti nel percorso melodico, gli ambienti improvvisati non sono perciò sempre uguali e diventano parte compositiva del brano.
Davide
Qual è il tuo approccio solistico sia col tuo strumento, sia con gli altri strumenti e strumentisti?
Francesco
Per me l’improvvisazione è un momento di libertà e di confronto, perché l’improvvisazione è dialogo, dialogo con ciò che sta accadendo con gli input che vengono dagli altri musicisti e come gli altri rispondono a quello che viene proposto. Da contrabbassista questa attenzione verso gli altri e verso quello che succede nella musica è costante per tutto il brano. Basso e Batteria sono in qualche modo il motore che sostiene e sorregge, aiuta i musicisti sia durante il tema che durante i soli. È un ruolo molto delicato, bisogna accompagnare senza invadere lo spazio dell’altro, ma attraverso il contrappunto si stimola la musica.
Davide
I tuoi disegni in copertina mi hanno rievocate alcune xilografie di Emilio Vedova o di Antoni Tàpies. Puoi parlarci anche della tua passione per la pittura e l’architettura e di come queste ulteriori forme d’arte, come già la musica, aiutano a esprimere ciò che non può essere detto a parole?
Francesco
Mi sono laureato in architettura, è una materia che amo molto e che continuo in qualche modo a seguire anche se non ho mai svolto l’attività in maniera professionale. Il disegno, l’amore per le arti visive e figurative sono qualcosa che mi è rimasto e che coltivo. Credo che nel modo di comporre sia nella pittura che nell’architettura ci siano delle linee simili alla scrittura musicale, perché tutte queste forme di arte hanno alla base la ricerca dell’equilibrio, del dialogo, della tensione, del respiro, delle pause e del ritmo. Mi sono lasciato guidare da questi esercizi compositivi che uso nei miei disegni e nelle mie pitture. Un parallelismo tra quella che è la composizione dei colori e delle linee, con quella che è la composizione dei suoni e del ritmo. Per la copertina ho utilizzato un lavoro che avevo fatto un po’ di tempo fa sullo Scarabocchio. Credo che scarabocchiare sia un gesto molto importante, a volte molto utile in quei momenti di noia, di attesa, un lungo viaggio, una spiegazione insopportabile a scuola o all’università. Il gesto di scarabocchiare è un modo per evadere, per viaggiare con la mente. Ci salva da quel momento che non vorremmo vivere. Dunque, lavorare sullo scarabocchio, lavorare su qualcosa che sembra banale si è rivelato molto entusiasmante. L’essenzialità di un segno mi ha fatto pensare all’importanza che hanno le piccole cose e come anche un tratto di penna all’apparenza casuale e senza armonia, in realtà contenga un equilibrio ed un significato molto più profondo… la verità è anche in uno scarabocchio.
Davide
C’è una frase di Piero Angela, per altro anche pianista jazz a suo tempo, che mi ha sempre fatto pensare molto ed è che ogni volta che si insegna qualcosa a un bambino gli si impedisce di scoprirla da solo. Naturalmente ciò non vuol dire che non si debba insegnare a un bambino, ma forse che si deve trovare un giusto equilibrio fra l’insegnamento e lo stimolo a una autonomia della scoperta fin dalla infanzia. Come didatta, per altro autore di due apprezzati metodi per il contrabbasso, qual è il tuo obiettivo primario?
Francesco
Amo studiare il Contrabbasso, amo la fisicità di questo strumento. Per me è molto importante approfondire questo mondo. Nei miei metodi e nel mio modo di insegnare, do molto spazio alla libertà e all’individualità del musicista. Questo perché ognuno di noi ha delle caratteristiche fisiche e dei limiti che sono diversi. In questi metodi, perciò non ho mai raccontato una verità didattica ma propongo diverse strade e diversi approcci tecnici che, fatti con costanza, aiutano ad andare oltre i nostri limiti e a diventare più padroni di questo strumento. Bisogna guardare indietro, studiare il passato, ma lasciare aperte le strade a nuove possibilità tecniche e musicali. Perciò anche nella didattica bisogna lasciare spazio allo studente, alla sua musicalità, potenzialità e personalità.
Davide
Per Matisse, autore tra l’altro di “Jazz”, un libro d’artista creato negli ultimi anni della sua vita con la tecnica dei papiers découpés, un “dipingere con le forbici”, il jazz fu qualcosa che lo allontanò dalle regole razionali per abbracciare l’istinto e l’emozione. attraverso la spontaneità dell’improvvisazione, la vivacità dei colori e la libertà delle forme. Cos’è invece per te il jazz?
Francesco
Oggi descrivere il jazz è qualcosa di molto complicato perché siamo abituati ad associare questa parola allo swing, al Bebop, al blues e all’improvvisazione. Tutte queste cose ci sono ancora oggi e hanno dato vita a nuovi linguaggi, dove rimangono più o meno riconoscibili. Si sono esse stesse evolute dando alla musica la possibilità di raccontare qualcosa di nuovo e andare oltre. L’arte in ogni sua forma credo sia qualcosa di estremamente vitale e che fortunatamente si evolve in continuazione. L’improvvisazione, che è un aspetto fondamentale del jazz, è sicuramente uno dei motori trainanti di questa evoluzione. I gruppi jazz hanno la particolarità più di ogni altra musica di dare grandissimo spazio alla personalità di ogni musicista. Ogni musicista in maniera attiva contribuisce a creare un suono e ha la forza di cambiare il modo di suonare degli altri componenti. Il jazz e l’Improvvisazione sono un modo di comunicare, un modo di parlare, un modo di imparare a interagire con gli altri, un modo di rompere gli schemi. Per me il Jazz è come si sceglie di vivere e di guardare il mondo.
Davide
Cosa seguirà?
Francesco
In questo periodo sto per organizzare i concerti per la promozione di questo album. Nello stesso tempo sto lavorando ad altri progetti. Un disco in trio con i Reunion trio, insieme a Giovanni Benvenuti al sassofono e Fabio D’Isanto alla Batteria. Sto ultimando un disco Contrabbasso e Voce, ho coinvolto diverse amiche cantanti, e mi sono masso alla prova nell’arrangiare alcune composizioni per questo strano organico. Inoltre, ad anno nuovo, voglio tornare in studio con un progetto in Piano trio, sempre a mio nome. Dopo più di 10 anni torno a questa formazione, formazione che mi ha visto per la prima volta leader con il disco “A!” Pubblicato per Abeat nel 2013.
Davide
Grazie e à suivre…