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Il Kolektivne NSEAE movimento militante hijacking contro lo Stato Pontificio artistico italiano
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Lo hijacking è stato definito da Douglas B. Holt – in maniera maggiormente modernista- come «[…]turning expressions of the capitalist system and its media culture against itself[…]» (Douglas B. Holt, Cultural Strategy Using Innovative Ideologies to Build Breakthrough Brands, Oxford University Press, 2010, 252). Il nostro dovere è estremizzare e indirizzare, come una bomba a mano, la seduttività del modernismo, causandone l’implosione/esplosione. La praxeologia dello hijacking, nata dallo dal blague situationniste e, attraverso le azioni punk, arrivata alla culture jamming (accompagnata dalla guerrilla communication) di fine XX, trovano la loro eredità nelle neo-avanguardie millenials, e nel loro hijacking anti-consumistico. Il tardomodernismo slitta la strategia: agisce sulla contro-strategia della struttura consumistica della recuperation (attraverso il labelling approach del disforme) e slitta, con un contrattacco behavioral change, attraverso il “dedoublement de Man” dell’artista e l’остранение Šklovskijana del lettore (fake), dal mero attacco al brand all’intero linguaggio tecnico del marketing estetico, favorendo «shock, shame, fear, and anger» (Erika Summers-Effler, The Micro Potential for Social Change: Emotion, Consciousness, and Social Movement Formation, in Sociological Theory, 20/1, 2002, 41–60). Il boicottaggio/sabotaggio artistico è accompagnato dalle retaliatory actions (legal consequences), su modello dell’anacronistico movimento Monochrom o CrimethInc. Mark Dery fa risalire le origini del culture jamming al carnevale medievale, che Michail Bachtin interpretò, in Rabelais, come una sovversione ufficialmente sancita della strutturazione sociale. Quindi Pozzoni considera centrali nella sua praxia, hijacking, dedoublement, остранение, carnevalizzazione, huomorismo/ironie luciniane. Per esempio non considera centrali, nel détournement la tattica del meme (utilizzata, magistralmente, da Lucio Tosi) e la strategia, apprezzata e non condivisa, della distopicizzazione del trojan semantico nella triade «Ogni enunciato è fine a se stesso», «Ogni enunciato o semi enunciato contraddice l’enunciato seguente o precedente» e «Ogni enunciato o semi enunciato si trova in rapporto di inferenza contraddittoria e controintuitiva o di nessuna inferenza con gli altri enunciati» (Linguaglossa, Leone e Rago). Il rischio è la creazione di una nuova ontologia estetica tardomoderna “sperimentale”, lontanissima dalla politologia e dalla sociologia dell’arte e dal movimentismo militante del KNSEAE.
La volgarizzazione estrema del linguaggio ordinario, con rifiuto dei linguaggi tecnici (estetica) caratterizza il Kolektivne NSEAE. Questa strategia semiotica dovrebbe implicare l’implosione del linguaggio lirico/elegiaco, seduttivo e consumista. Il riot, verso sovversivo, utilizzato ad Atene, a Bucarest, a Baghdad, a Santiago, et alia, rifiuta la figura retorica, nucleo centrale dello Stato Pontificio, e la metafora. La semantica è morta nel XX. L’analisi di un testo comporta: implicazioni, implicature, illocuzioni, deittica, perlocuzioni, text-context. Il tentativo, introspettivo, della semiotica (fake) dell’ontologia estetica moderna conduce a un «significato non-naturale» del testo (Grice) lontanissimo dalla subordinazione alla verificazione/falsificazione (new epistemology). La vagueness è il regno della «poesia» del XX, epigonizzata nel XXI: ognuno, introduce versi ad cazzum, adducendo come fondamento l’ispirazione, senza conoscere i nuovissimi studi della neuroestetica: ispirazione e espirazione, ispirazione e espirazione. Il Kolektivne NSEAE chiede clearity: e, attraverso lo strumentario della teoria del diritto e dell’analisi semiotica, è in grado di demolire ogni forma di «poesia» orfica e elegiaca, dissacrando i brani lirico/elegiaci e dimostrandone il «non-senso» o il «multi-senso» universale (ognuno è in grado di interpretare soggettivamente ciò che desidera), come avvenuto con freudismo, marxismo e altre teorie (θεωρία) non scientifiche e non subordinabili a meccanismi di verificazione/falsificazione. I reperti archeologici come Cucchi, Magrelli, Cavalli, Nove, Lamarque, Piersanti (l’elenco è riduttivissimo e comprende i maggiori esempi di arte seduttiva e consumistica del XX) sono analizzati da una osservazione (non anatomopatologica) partecipante, con riferimenti a Malinowski, a Mead e Garfinkel, con le debite correzioni della Grounded Theory di Glaser e Strauss, dal Kolektivne NSEAE. Nella teoria della critica letteraria (?) italiana si è fermi al reperto archeologico Lacan o si cita a sproposito Baudrillard. Ricordo e segnalo che il XXI ha altri riferimenti: Sloterdijk, Morozov, Saito, Berleant, Leddy, Curi, Lipovetsky, Didi-Huberman, Baumgarten o Onfray. Quando leggiamo citazioni di Freud, Lacan, Marx, chiudiamo il saggio/articolo: unicamente una cultura accademica è in grado di essere attuale. Il resto è noia (F. Califano).