L’11 febbraio segna l’uscita di It’s Been a Blessing, l’album d’esordio del talentuoso pianista Cesare Panizzi, vincitore della XXVIII edizione del Premio Internazionale Massimo Urbani, uno dei riconoscimenti più prestigiosi per il jazz italiano. Il disco esce per Emme Record Label, e raccoglie sette composizioni originali e inedite, scritte da Panizzi con la collaborazione di Giovanni Piacentini in alcuni brani. Ad accompagnarlo in questo viaggio musicale troviamo due giovani musicisti che si sposano alla perfezione con il pianismo di Cesare: Giuseppe Cucchiara al contrabbasso e Gianluca Vescovini alla batteria. Con la sua musica, Panizzi ricerca un suono elegante e delicato e allo stesso tempo energico e stimolante, traendo anche ispirazione da grandi pianisti della tradizione del jazz come Hank Jones e McCoy Tyner. Le composizioni sono frutto di un approfondito studio della tradizione del bebop e del jazz, oltre che di una visione personale della musica. Un’estetica che si vuole ispirare a un senso di libertà e di uguaglianza, che si può trovare soltanto con umiltà senza la quale non sarebbe possibile produrre alcun tipo di musica. Per ottenere questo suono, Panizzi ha scelto di registrare la sua musica con Gianluca Vescovini alla batteria e Giuseppe Cucchiara al contrabbasso, entrambi musicisti di grande raffinatezza e sensibilità artistica. Con il primo si sono conosciuti durante i suoi studi a Berklee College of Music di Boston, dove hanno collaborato musicalmente per anni, mentre ha lavorato con il secondo dopo essersi trasferito a New York.
Bio: Cesare Panizzi è un pianista e compositore italiano. Originario di Parma, inizia il suo percorso musicale all’età di 6 anni, dedicandosi con passione allo studio del pianoforte. In seguito, viene ammesso al Conservatorio “Arrigo Boito” di Parma, dove ottiene il diploma in pianoforte classico nel 2019. Prosegue la sua formazione musicale negli Stati Uniti, presso il Berklee College of Music di Boston, grazie a una borsa di studio completa. Qui studia sotto la guida di illustri maestri, tra cui la NEA Jazz Master Joanne Brackeen, Billy Kilson e Danilo Pérez, conseguendo la Laurea in Music Performance nel 2023. Dopo la laurea, si trasferisce a New York City, dove ha l’opportunità di suonare in prestigiosi locali e collaborare con artisti di fama internazionale come Eric Alexander, Rodney Green, Giuseppe Cucchiara e Ben Solomon. Nel giugno 2024, dopo essere tornato in Italia, vince il prestigioso Premio Massimo Urbani per solisti jazz, uno dei riconoscimenti più prestigiosi per il jazz italiano.
Release
https://www.emmerecordlabel.it/release/its-been-blessing/
Tracklist:
Boogie Five
Fair Trade
Druce Street
Take it to the C
It’s Been a Blessing
Theme for Pirate
Ivory Queen
Intervista
Davide
Buongiorno Cesare. “It’s been a blessing” è il tuo primo disco. Puoi raccontarci cosa ci è stato prima, dal primo amore per la musica alla tua formazione di musicista? Come è avvenuto il passaggio da pianista classico al jazz?
Cesare
Buongiorno a te Davide. Sì, “It’s been a blessing”, essendo il primo lavoro a nome mio, rappresenta un punto d’arrivo e allo stesso tempo di partenza importante. Sono arrivato a questo punto dopo tanti anni di passione e di studio. Mi sono innamorato della musica quando ancora ero troppo piccolo per ricordare. Ho voluto imparare a suonare uno strumento quando ero bambino e ho scelto il pianoforte. Ho studiato musica classica per oltre dieci anni, facendo anche il conservatorio. Intorno ai 13 anni ho notato la mia tendenza all’improvvisazione e ho cominciato a nutrire la passione per il jazz. Studiando poi un po’ da solo e un po’ con musicisti locali, sono entrato nel mondo del jazz e velocemente questa musica è diventata ciò che voglio fare nella vita. Da lì sono passato a studiare in America, dove ho imparato la maggior parte delle cose che mi sono servite per lavorare sul disco di cui parliamo ora.
Davide
Quando hai cominciato a sentire il bisogno di comporre la tua musica e perché, per esprimere quale tuo punto di vista sulla musica e per dare vita a quale invisibile?
Cesare
Ho sentito il bisogno di comporre quando, studiando musica in modo approfondito, mi venivano idee musicali che riflettevano alcuni miei stati d’animo o che risuonavano con me. Generalmente non cerco di esprimere qualcosa di concreto e neanche un’emozione definita e particolare. Il jazz è una musica fatta di alcuni elementi fondamentali e le composizioni possono essere frutto di idee semplici ed efficaci. Ciò che poi comunica più di ogni altra cosa è il rapporto che c’è tra i musicisti che interagiscono nell’atto del suonare. Allora l’unica cosa da comunicare veramente è proprio la bellezza dell’ascoltarsi a vicenda per far convivere diversi stati d’animo e sensi estetici contemporaneamente, mantenendo quegli elementi fondamentali quali il tempo, la melodia, la forma e poco altro.
Davide
Come è nato questo trio con Gianluca Vescovini, batteria, e Giuseppe Cucchiara, contrabbasso? Che tipo di intesa è intercorsa tra di voi in questo lavoro?
Cesare
Il trio è nato quando, in occasione del premio Urbani, ho appunto dovuto pensare a un’idea per un disco. Ho immediatamente pensato di farlo in piano trio, perché avrei avuto modo di esprimere un’idea di estetica in modo più diretto e semplice, nel breve tempo che avevo. La scelta dei musicisti è stata facile e fortunata. Gianluca è stato mio compagno di studi a Berklee per quattro anni e quindi condividiamo un’esperienza musicale e personale molto simile, quindi sapevo che capirmi e lavorare con lui sarebbe stato molto facile. Giuseppe l’ho invece conosciuto a New York che era già un musicista che ammiravo tantissimo e dopo aver avuto la possibilità di suonare con lui diverse volte, ho fatto in modo che lui ci potesse essere per il disco. Loro mi hanno dato molta fiducia nella mia musica e mi hanno profondamente ispirato nel modo di interpretarla. Per questo li ringrazio profondamente.
Davide
Come sono nati i brani che compongono “It’s been a blessing” e in che modo ha collaborato Giovanni Piacentini, chitarrista e compositore, nel processo di composizione?
Cesare
Giovanni Piacentini è un talentuosissimo musicista con cui, come con Gianluca, ho condiviso l’esperienza americana. Essendo una persona di cui mi fido ciecamente in ambito musicale, ho voluto confrontare le mie composizioni con lui perché mi aiutasse a trovare idee che a me da solo non sarebbero venute. Questa si è rivelata un’ottima idea perché Giovanni mi ha aiutato molto e infatti gli do credito per molte delle composizioni nel disco.
Davide
C’è tra le sette composizioni del disco un elemento ideale di connessione. Cosa tra le righe, anzi tra i righi (e gli spazi), racconta di te in questo momento e del tuo percorso artistico?
Cesare
Questo disco racconta di un inizio, di una prima volta. È il mio primo lavoro e ne vado fiero, anche se ci sono tante cose per le quali ora sarei capace di prepararmi meglio. Poi racconta anche di un amore profondo per la musica e per le persone che mi hanno aiutato a fare ciò che ho fatto fino ad ora e a crescere fino a questo punto.
Davide
“La musica? Una benedizione divina”, disse McCoy Tyner. “It’s been a blessing”, oltre che di un brano presente in questo disco, è anche il titolo dell’album. Dunque, cosa è stata una benedizione e perché?
Cesare
Questo titolo è arrivato in un momento inaspettato e credo rappresenti bene la mia visione della musica se preso come lo intendo io. Alla fine del viaggio a Fara in Sabina per registrare il disco, non sapevo ancora come chiamarlo. Riportato a casa Gianluca, lui mi ha salutato con la frase che poi è diventata titolo dell’album e di uno dei brani: “It’s been a blessing”. Questa frase mi ha fatto apprezzare immediatamente quanto sia bello passare qualche giorno tra persone a cui vuoi bene a fare quello che ami. Mi ha fatto apprezzare quanto siamo fortunati a vivere tutti i giorni nella musica. Questo senso di amore, amicizia e gratitudine ho voluto che si ritrovasse nel disco, e ho usato quella stessa frase a tal scopo.
Davide
Quali sono stati i tuoi più importanti riferimenti musicali, come pianista e come autore?
Cesare
I miei riferimenti sono tanti. Tra questi, nel pianoforte ci sono Mccoy Tyner, Hank Jones, Wynton Kelly, Thelonious Monk e tanti altri. Poi ci sono i miei mentori, una tra tutti Joanne Brackeen, ex Jazz Messenger con la quale ho studiato quattro anni a Boston e alla quale devo tantissimo. Invece per quanto riguarda i compositori alcuni di quelli che mi ispirano di più sono Thad Jones, Joe Henderson, Horace Silver e T.S. Monk tra gli altri.
Davide
Nel giugno 2024 hai vinto il prestigioso Premio Massimo Urbani. E, a proposito di questo grande sassofonista, secondo Danilo Blaiotta, in un suo articolo su Massimo Urbani, “il jazz sarebbe lo strumento più straordinariamente simile alla parola, poiché essa stessa, in qualsiasi idioma, è frutto di miscellanea improvvisazione su di un bagaglio contenente gli strumenti necessari al linguaggio stesso”. Per te esiste un “parlare jazz” e cos’è?
Cesare
Nel jazz si parla spesso di “linguaggio” o “vocabolario”, riferendosi al repertorio di brani, frasi melodiche o ritmiche, o armonie che si possono usare avere un terreno comune quando si suona insieme. In questo senso il jazz è come una lingua, perché per imparare a suonarlo veramente, è necessario impararne la grammatica, il vocabolario e la letteratura. Però è difficile per me avvicinare più di tanto le due cose e semmai considererei il jazz più simile a un “idioma” che non alla “parola”. In ogni caso ciò di cui sono certo è che la musica come le altre arti è un mezzo di comunicazione molto potente, e l’aspetto dell’improvvisazione, che non è necessariamente esclusivo al jazz, la rende ancora più spontanea e umana.
Davide
New York è probabilmente il luogo più importante per il jazz fin da quando nel 1909 è stata definita da Edward Martin la “Grande Mela”, paragonandolo all’albero di mela le cui radici affondano nella valle del Mississippi e il cui frutto edenico più prospero è appunto New York City; e ciò per indicare il prestigio di poter suonare a New York nei locali di Harlem e Manhattan, i più ambiti credo ancora oggi per ogni musicista Jazz. Cosa è stata per te innanzi tutto l’esperienza newyorchese?
Cesare
L’anno che ho passato a New York è stato un anno che mi ha insegnato molto della vita e della musica. NYC è una città incredibile, eccitante, che ti spinge a fare cose che non pensavi di essere in grado di fare. È anche una città difficile, e infatti ho avuto periodi di buio così come periodi di speranza. Credo di non esserci stato abbastanza per ricavarne tutto quello che avrei potuto, ma spero di tornarci presto. Le cose più belle sono comunque state arrivare a suonare con certi musicisti che mi hanno fatto capire come si suona veramente e che mi hanno fatto mettere anche solo l’unghia di un dito nella storia del jazz.
Davide
Cosa seguirà?
Cesare
A questo disco segue una serie di date per presentarlo che sono già cominciate e stanno andando benissimo. Nel frattempo si pensa a nuovi progetti e a nuove idee per far arrivare il jazz a più persone possibile anche nella mia città di Parma. Le prossime date di presentazione saranno il 25 maggio a Monza per Pianocity, poi a giugno suoneremo all’Ambria Jazz in Val Tellina e a Camerino per la nuova edizione del pemio internazionale Massimo Urbani.
Davide
Grazie e à suivre…