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Diritto Processuale amministrativo – Aldo Sandulli

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Edizioni Giuffrè, Milano, 2013;
volume 7 della collana “Corso di Diritto amministrativo”
diretta da Sabino Cassese
 
 
 
Un’opera a più voci, dal sapore manualistico classico, ma anche dal tenore innovativo; nella quale il processo amministrativo diviene informazione anche sulla Pubblica Amministrazione, in un sistema a diritto amministrativo e dall’autonomia processuale sempre più incisiva, a riti speciali e giurisdizione esclusiva pian piano più netta.
 
Il passato di intese da un “vecchio” ad un “più nuovo” sistema, con l’entrata del quinto codice fondamentale interno – quello del processo amministrativo – posiziona il diritto processuale all’interno della PA, seppure col necessario rispetto della separazione tra potere giudiziario ed esecutivo.
 
La legge, l’amministrazione attiva, s’innestano quali concetti e penetrano con i propri principi, informando il processo. Qui l’anamorfosi è seriamente combattuta da un giudicato che è tenuto in conto da un’istituzionalizzazione antichissima dei Tribunali Amministrativi Regionali e da una concorrenza giudice ordinario-giudice amministrativo, sempre più paritaria dopo l’entrata, nel quadro giurisprudenziale, della risarcibilità degli interessi legittimi.
 
Mai come, e più che in questa materia, si può e deve – persino oggi e dopo l’emanazione del nuovissimo codice citato – parlare di diritto giurisprudenziale amministrativo, ed è da questo che nasce rafforzata la c.d. giurisdizione esclusiva; via di transito su diritti ed interessi.
 
È l’emissione di una norma-catalogo, a darci la dimensione conoscitiva del puro passaggio epocale della consegna alla nostrana storia attuale d’istituti completamente rinnovati, e la “nozione” di giurisdizione esclusiva segna l’esempio supremo, il cardine senza il quale la porta del vecchio processo cominciò a stridere e, più in là, seriamente tarlarsi.
Prima della decadenza, il salvataggio supremo: il Consiglio di Stato che diventa tecnico legislativo.
 
Queste, le basi dalle quali il testo muove a più voci, per segnare le tappe dei vecchi istituti e di vecchio, così, nulla permane, se anche il giudizio d’ottemperanza scopre finalmente la dinamicità dialogante del giudicato.
 
Il ruolo dei principi notifica la tipologia delle azioni e le incertezze terminologiche si arrestano su una logicità iuris-prudente nuova per norme codificate, a riprova del buon utilizzo dell’ottimo tecnicismo, non alieno dalla profonda cultura di base e conoscenza della macchina pensante che ha il dovere di essere la Pubblica Amministrazione, tutrice dell’interesse pubblico in primis.
 
È naturalmente il giudicato, il padrone della scena, ma anche quei lievi richiami al diritto comunitario, così fievoli per necessità di sintesi, ma senza dubbio recuperabili in volumistica sistematica, dato che questo lavoro di equipe è contenuto, con altri, in una collana che fa ben sperare, e che cominciamo a studiare dal volume processualistico, consci della necessità che da lì, dopo gli studi accademici sulle propedeuticità, sempre l’operatore debba muovere.
 
Senza capire la giustizia (sua esistenza, azione, funzione e poteri), non si può comprendere nessun’altra istituzione e/o servizio.
 
Quest’opera pone appunto l’operatore nelle concrete possibilità d’accedere al processo in piena parità con l’accesso ai processi conoscitivi esterni, al quanto conduce allo stesso, sia da parte del privato che dalla resistenza delle PP. AA.
 
Un consiglio di lettura a più livelli, dal narratologico all’oratorio, sino al più profondamente tecnico-operativo, è sentito come doveroso, per un’opera scritta, oltre che in pregnanza contenutistica, anche con linguaggi lineari, chiari e sintatticamente commoventi, in ragione di fluidità e fruibilità assolute.

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